testo di Ivan Masciovecchio.
Trent’anni a luglio, nativa di Guardiagrele, studi classici a Lanciano, prime esperienze di lavoro ad Ortona, luogo dell’anima tra i marosi e i trabocchi di San Vito Chietino – senza disdegnare però anche la montagna, da amante degli sport invernali qual è – Sarah Cicolini è la giovane e volitiva chef abruzzese che, appesi gli studi universitari in medicina ad un gancio di cucina, da un anno a questa parte sta rivoluzionando la scena gastronomica capitolina puntando sulla riscoperta dei piatti classici della tradizione romana.
Dopo una lunga gavetta formativa che l’ha portata anche in quotate realtà stellate come il Metamorfosi di Roy Caceres, ha deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo dando vita insieme ad altri compagni di viaggio all’osteria moderna SantoPalato, scritto così, tutto attaccato, come un’esclamazione o un urlo godurioso e liberatorio, in omaggio al primo ed unico locale futurista d’Italia concepito a Torino nel 1931 da Filippo Tommaso Marinetti.
Un’adesione, però, quella di Sarah, esclusivamente estetica, limitata alla forma ma non alla sostanza, ché qui amatriciane, carbonare e cacio e pepe sono tutt’altro che messe al bando, anzi, avendo come obiettivo programmatico quello di far masticare sapori di casa ai propri ospiti, spaziando dai rigatoni con la pajata alla trippa, dai cannelloni alla frittatina con rigaje di pollo. gNaM cicoliniano allo stato puro, proposto con pugno di ferro in guanto di velluto.
«Nel 2016, quando lavoravo come chef di Sbanco, la pizzeria con cucina di Stefano Callegari, ho capito che dovevo fare una scelta definitiva per caratterizzare il mio stile – ci racconta Sarah –. Così, seguendo semplicemente il mio flusso interiore, sono finita ad aprire una trattoria che rappresenta una cucina pop come ponte tra la mia identità e il pubblico, senza mai dimenticare quello che ho appreso nel percorso stellato».
Cresciuta in una famiglia di origini contadine, con i nonni da sempre coltivatori diretti che le hanno insegnato «il valore e l’importanza delle radici», Sarah fin da piccola ha maturato una certa predisposizione verso l’agricoltura ed il mondo animale, sviluppando una vera e propria passione per il cosiddetto quinto quarto. «La mia famiglia mi ha sempre educato a rispettare il cibo e, prima ancora, tutti i prodotti della terra. Questo è uno dei motivi per cui non ci sono mai stati degli scarti nella nostra cucina, facendomi apprezzare anche i tagli meno nobili della carne. Inoltre, credo che riuscire a gradire ogni parte dell’animale, conferisca un maggiore senso al sacrificio della sua stessa vita».
Oltre al vincolo familiare, il legame con l’Abruzzo Sarah se lo porta fin dentro la propria cucina, nella scelta di alcune materie prime, tipo «la carne di pecora e molti formaggi – che nello specifico arrivano da Scanno – e nell’utilizzo di alcuni oli d’oliva»; così come nella scelta dei piatti in menù, dove «è già successo di proporre pizz’e’fuje, le ferratelle, le mazzarelle, le scrippelle ‘mbusse e la pecora alla callara». Anche con i colleghi chef i contatti e gli scambi sono continui. «Certo, ci sono molte persone del settore che stimo profondamente e che osservo con interesse tenendo saldo il rapporto con la mia terra. Un nome su tutti: Niko Romito, che ho avuto il piacere di ospitare nel mio locale».
Quando non lavora ama correre, leggere molto ed ascoltare musica hip hop. Seguendo il suo racconto ci viene da chiederle se l’Abruzzo appaia sfocato e periferico visto al di là degli Appennini. «Assolutamente no. Il motivo per il quale non è più considerato lontano e/o sconosciuto è sia legato a personalità come lo chef Romito o la famiglia Tinari del ristorante Villa Maiella, sia alle eccellenze del mondo del vino. Tra queste, mi sento di fare il nome della famiglia Masciarelli a cui sono profondamente legata da un solido ed autentico rapporto di amicizia».
Ad un anno esatto dall’apertura, considerati gli apprezzamenti pressoché unanimi di pubblico e critica – è già presente sulle principali guide di settore, oltre ad essere stata intervistata dal prestigioso The New York Times – Sarah si dice molto soddisfatta dei risultati raggiunti, «anche se vorrei comunque implementare il progetto conferendogli un respiro internazionale». A tal proposito, è in partenza per la Danimarca ospite di un evento culinario previsto per il prossimo fine settimana. «Sono molto eccitata per questa due giorni di cucina italiana nel cuore di Copenaghen! Si tratta di una collaborazione con il ristorante Barabba, nato dal progetto del wine guru Riccardo Marcon e dello chef Marco Cappelletti. Sabato 9 giugno cucinerò un menù speciale ideato insieme allo chef Cappelletti, mentre domenica 10 giugno io, il mio sous chef Mattia Bazzurri e Marco avremo il piacere e l’onore di realizzarne uno 100% SantoPalato».
Prima di salutarci, Sarah dedica l’ultimo pensiero a tutti coloro che l’hanno accompagnata in questi primi non facili passi verso un auspicabile successo. «Vorrei ringraziare la mia famiglia per aver creduto in me e per il supporto iniziale nell’intraprendere un percorso così diverso da ciò che avevo iniziato. Allo stesso modo ringrazio tutto il team di SantoPalato – Mattia Bazzurri, Isabella De Cesare, Francesco Lampis, Giulia Mongelli, Emiliano Prosperi, Saikat Hossein – che mi consente di vivere serenamente ogni impegno privato e professionale anche lontano dal mio locale; fino all’agenzia Cultivar Studio di Alberto Bloise che è riuscita e riesce, ogni giorno, ad esprimere la mia identità e visione».