testo di Ivan Masciovecchio.
Coltivata nel tratto più spettacolare della costa abruzzese, la Cozza dei Trabocchi lega il suo nome alle caratteristiche e suggestive macchine pescatorie di dannunziana memoria che si stagliano come ragni colossali nelle acque blu dell’Adriatico tra Ortona e Vasto, sorvegliati benignamente dalle dolci rotondità della Maiella madre.

Con la costituzione nel 2017 dell’Organizzazione dei Produttori Acquacoltori della Costa dei Trabocchi, riconosciuta con decreto ministeriale nell’agosto 2019, si è dato avvio ad un progetto di promozione e tutela che vede coinvolti il Flag Costa dei Trabocchi, la Regione Abruzzo ed il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, tutti impegnati a vario titolo nella definizione del percorso che nei prossimi anni dovrebbe portare al riconoscimento del marchio DOP per il gustoso mitilo locale.
Ospitato nell’elegante scenario di Villa Mayer a Fossacesia, davanti all’incanto del Golfo di Venere finalmente illuminato dal primo sole di maggio, nei giorni scorsi si è svolto un incontro pubblico durante il quale gli attori coinvolti nella filiera hanno tracciato il quadro delle prossime attività da portare avanti. Dopo i saluti istituzionali del sindaco Enrico Di Giuseppantonio per il quale siamo davanti ad un «percorso intelligente di promozione del territorio», il presidente del Flag Costa dei Trabocchi Franco Ricci ha delineato i diversi passaggi intrapresi per arrivare a lanciare la candidatura della DOP, dalla costituzione della OP alla definizione del marchio commerciale. «La DOP servirà per vendere al dettaglio un prodotto riconoscibile e tracciabile – ha concluso – ma anche e soprattutto per allungare la sua shell life consentendone la lavorazione e la trasformazione ad esempio in sughi e semilavorati da immettere poi nella catena della grande distribuzione».

Ribadendo l’importanza che altri operatori dell’acquacoltura aderiscano presto alla OP in modo da far crescere il progetto anche in termini quantitativi di prodotto disponibile – concetto ripreso da Carlo Pavone, presente insieme a Maurizio Di Pietro in rappresentanza dei tre soci attualmente operativi (il terzo è Antonio Spinelli), che ha anticipato il prossimo ingresso di operatori di Ortona e Pescara – la parola poi è passata al prof. Pietro Giorgio Tiscar dell’Università di Teramo il quale ha provveduto a ribadire ai presenti l’importanza dei marchi nella promozione del territorio piuttosto che del prodotto in sé.
La vicinanza formale e sostanziale della Regione Abruzzo all’azione di sistema è stata testimoniata infine da Francesco Di Filippo, dirigente del Servizio Sviluppo locale ed economia ittica, soprattutto alla luce del nuovo indirizzo programmatico sintetizzato nella denominazione Abruzzo Blue Deal. «Archiviata la costituzione della OP e del marchio collettivo già depositato, ed in attesa del riconoscimento che tra qualche anno comunque arriverà, ora bisogna far conoscere quanto di buono già realizzato. La Regione c’è a condizione che tutto avvenga in una logica di programmazione degli interventi, con una visione strategica degli obiettivi che vogliamo raggiungere, agendo sinergicamente e decidendo insieme dove indirizzare gli investimenti, dalle attrezzature al prodotto stesso, fino alla comunicazione. Ancora più importante sarà puntare sull’organizzazione dei produttori in modo che si possa aggregare il maggior numero di operatori abruzzesi dell’acquacoltura, sempre in una logica di azione strategica. Bisognerà quindi articolare l’OP in maniera più strutturata sia da un punto di vista amministrativo, sia commerciale. Sarà quindi fondamentale anche il coinvolgimento di tutto il territorio, dalla filiera ittica al mondo della ristorazione, perché è vero che il marchio serve soprattutto per commercializzare il prodotto verso l’esterno, ma la consapevolezza sulla qualità delle Cozze dei Trabocchi deve partire dagli attori locali».

Ed a proposito di coinvolgimento della filiera della ristorazione, dopo le conclusioni affidate al direttore del Flag Costa dei Trabocchi Valerio Cavallucci, al termine dei lavori lo chef Nicola Fossaceca del ristorante Al Metrò di San Salvo, fan delle cozze fin da bambino e curatore del ricettario in via di realizzazione insieme ad altri ristoratori del territorio, ha proposto in assaggio alla platea due antipasti ed un risotto, esaltando le caratteristiche organolettiche della Cozza dei Trabocchi prima abbinandola con un ragù di fagiolini e polvere di peperone dolce di Altino ed a seguire con una spuma di ceci di Navelli, per chiudere con un risotto crema di bietola e cozze arricchito da prezzemolo cotto e raffreddato in modo da sembrare un’alga.
Dotato di elevata palatabilità, il delizioso mitilo locale (Mytilus Galloprovincialis) presenta carni succose e dolci che occupano quasi completamente le valve, insieme ad un profumo particolarmente delicato. Attualmente la Cozza dei Trabocchi viene allevata in tre impianti, due dei quali posizionati al largo di Casalbordino, uno di proprietà della ditta individuale Antonio Spinelli (superficie mq 1.000.000) e l’altro della società Silmar di Carlo Pavone (superficie mq 700.000), quest’ultima da circa tre anni impegnata anche in un progetto pilota per l’allevamento di ostriche piatte (Ostrea edulis) in collaborazione con l’Università di Teramo. Il terzo appartenente alla società Acquachiara di Maurizio Di Pietro, presidente della OP Acquacoltori della Costa dei Trabocchi, si trova al largo di Vasto, a sud del porto, e si estende per mq 2.400.000. Dai tre impianti che in totale occupano una 50na di addetti annualmente si producono circa 20.000 quintali, destinati per la maggior parte a grossisti sparsi tra l’Emilia Romagna e la Puglia.

Partendo dall’incalzo del seme che avviene all’inizio dell’estate, l’intero ciclo produttivo ha una durata variabile tra gli 8 e i 14 mesi. Si compie in un habitat naturale particolarmente favorevole, in acque di classe A arricchite di plancton dalle correnti marine e dai flussi continui di acqua dolce provenienti dall’entroterra che apportano nutrimento e ossigenazione. Gli impianti di tipo long line sorgono ad una distanza che va da un miglio e mezzo a 3 miglia dalla costa, ad una profondità variabile tra 12 e 22 metri. Grazie ad un dispositivo meccanico, le reste (reti tubolari dette calze nelle quali sono inseriti i mitili) vengono estratte dall’acqua ed issate a bordo dell’imbarcazione per mezzo di un nastro elettrico. Qui le Cozze dei Trabocchi vengono successivamente selezionate attraverso un’apposita macchina sgranatrice e smistate in base alla taglia. I mitili dalle giuste dimensioni sono così pronti per essere commercializzati, mentre quelli inferiori alla misura minima legale (5-6 cm), verranno utilizzati per il reincalzo di nuove reste.