Molto più che semplici orecchini, le sciacquajje sono un vero e proprio contrassegno etnico. I preziosi e vistosi pendenti incorniciavano i volti femminili di una volta: giovani, anziane, madri e amanti. Ne rimasero incantati i pittori del verismo abruzzese che sostituirono ai santi, la gente comune, e quindi le donne dell’Abruzzo antico e rurale
Sintesi evocativa della femminilità più arcaica, le sciacquajje luccicano nei dipinti di Basilio Cascella e di Francesco Paolo Michetti. Questi orecchini a forma di cerchio semilunato, realizzati in lamina decorata ed oro a basso titolo, erano indossati quotidianamente anche dalle contadine, perché necessari a scongiurare il malocchio. Ma in realtà, i pendenti in questione, emanavano un potere seduttivo oltre che magico-simbolico.
Lo aveva intuito Francesco Paolo Michetti, che adornò il volto della “sua” Figlia di Jorio proprio con le sciaquajje. Seppur avvolta in un drappo rosso, la sensualità sembra sprigionarsi da quella donna che incede silenziosa, in fuga da bramosi sguardi indiscreti. Il volto semiscoperto lascia intravedere l’accessorio dorato come per scongiurare melefici, in un’atmosfera pregna di tensione, esercitata dai pastori che guardano con insistenza quella donna altera.
Così come per gli altri gioielli abruzzesi, anche le sciacquajje si tramandavano da una generazione all’altra, da suocera a nuora in occasione delle nozze. Orsogna (Ch), paese agricolo ubicato tra Lanciano e Guardiagrele, è stato il centro di maggior diffusione di questi orecchini. Non a caso Michetti ambientò in questa località la tela prima citata.
Dal termine dialettale “scioccaglie”, che si riscontra nelle fonti archivistiche fin dal XVI secolo, si origina il nome sciacquajje, diffuso nell’area frentana a partire dalla seconda metà dell’ottocento, ad opera di un orafo creativo ed innovatore: Francesco Bartoletti. L’etimologia non è chiara, si ritiene possa derivare dall’atto di agitare la biancheria durante il lavaggio, appunto “sciacquare”. Attività tipicamente femminile, che richiama un movimento agitatorio come quello del gioiello alle orecchie. Di orecchini con pendenti multipli ve ne erano in gran quantità in tutto il regno, ma nell’aerea chietina, questi si differenziarono per il determinato modello a navicella o cerchio semilunato con pendagli e catenelle oscillanti.
La forma strutturale delle sciacquajje racchiude in sé la storia millenaria della civiltà del mediterraneo. Infatti, sono stati proprio gli scambi con altri paesi ad alimentarne la cultura simbolico-religiosa. La mezzaluna delle sciacquajje d’Abruzzo è di grande valore estetico, realizzata in lamina stampata e accoppiata, possiede margini poligonali irregolari. L’elemento decorativo è costituito da una catenella di pendagli in lamina traforata, sospesa nella circonferenza interna. L’orecchino era indossato da ceti abbienti e non, diversificandosi in qualità e preziosità del materiale usato. Rappresentava l’appartenenza al rango sociale e all’etnia. La forma della mezzaluna poi, richiamava i mutamenti della luna e quindi conferiva al gioiello la capacità di influenzare, nell’immaginario collettivo, le azioni umane, la salute e la fertilità.
Sono numerosissime la varianti di sciacquajje, per forma e decorazioni. È possibile ammirarle ancora oggi, ad esempio, in occasione della Mostra dell’Artigianato Artistico di Guardiagrele, che custodisce rari esemplari in copia originale come ultima memoria tangibile del passato etno-antropologico abruzzese. Solo alcune sciacquajje sono sopravvissute al saccheggio del secondo conflitto mondiale. Nel dopoguerra, inoltre, per scongiurare la fame, le proprietarie ricavavano beni di prima necessità proprio dalla vendita dei loro preziosi. Al contempo, si iniziava a perdere la consueta vita tradizionale con i suoi valori intrinsechi da tramandare e così, anche il potere simbolico dei gioielli di famiglia venne meno. Ha ancora più senso, dunque, riscoprire le antiche sciacquajje, proprio perchè emanano il fascino di un Abruzzo antico, dove la struttura estetica di un oggetto suggeriva simboli mistici. Non si tratta quindi di semplici ornamenti ma di misteriosi tesori, concepiti da grandi maestri orafi. (J.P.)