La riapertura integrale della strada in cui confluiscono la via Mausonia e la ss 615, verso L’Aquila, darà una boccata di ossigeno ai residenti dell’area ricadente in entrambi i versanti di Monteluco di Roio. Le impalcature di legno che sostengono le antiche mura della città restringono la carreggiata di via Tancredi da Pentima, costringendo, da due anni e mezzo, centinaia di automobilisti provenienti dall’altra sponda del fiume, e gli abitanti della zona, a un tortuoso tragitto per tornare a casa
testo e foto di Fulgenzio Ciccozzi
Quel tratto di strada separa il corso d’acqua dell’Aterno da Borgo Rivera e la sua Fonte, meglio nota come le “99 Cannelle”. Tancredi da Pentima, il personaggio che dà il nome alla via, fu il maestro valvense che progettò la costruzione di questo monumento cittadino: gloria e vanto del nostro capoluogo. Dalle facciate (che cingono parte dello spazio adiacente), costituite da conci bianchi e rosa sistemati a scacchiera, spuntano le fontane, dalle quali sgorgano le fredde acque e il cui mormorio è elegantemente descritto nei seguenti versi: “Da queste cannelle l’acqua sgorga ininterrottamente già da secoli; è questo uno dei misteri mai risolti: qual è la sorgente che le alimenta? A doppio gradino è la vasca: l’acqua zampilla, riempie fragorosamente la prima e poi ricade nella sottostante in una sincronica sincronia di suoni tintinnanti!” (Maria, Grazia Frutti). Le cannelle, allineate intorno alle pareti, sono ornate da fantastiche figure di pietra dalle sembianze caricaturali di umani e animali (fraticelli, satiri, dame, signorotti, cani, leoni), alcune delle quali, quelle poste sul prospetto addossato alle mura urbiche, sono visibilmente corrose. Questa meravigliosa architettura faceva da sfondo a scene di vita trascorsa. Le “lavannare”, che affollavano e animavano la Fonte della “Riera”, sono figure che ricorrono costantemente nelle scenografie impresse nelle foto e nelle pitture d’epoca, mentre conversano calorosamente, “tuffano, sbattono e torcono i panni”. Frammenti di vita, alcuni dei quali, sono vivacemente rappresentati nei dipinti del Masulli e nelle colorite cartoline del Furlanetto, oggi oggetto da collezione.
La via attigua alle mura medievali, che comprende anche via Madonna del Ponte, fiancheggia la ferrovia. Questa strada un tempo era attraversata dagli ortolani che portavano al mercato la verdura riposta nei cesti, a loro volta legati ai basti sistemati sulla groppa dei somari. I carri, guidati da solerti contadini, s’intrufolavano nella stradina che portava al mulino “de Cardigliu” per la macinatura del grano; altri, invece, con i loro ronzini, imboccavano l’ingresso di Porta Rivera e, dirigendosi verso la piazza del mercato, si fermavano all’ufficio del Dazio (a ridosso dell’ingresso) per la pesa della merce, quindi riprendevano il cammino attraversando il tratto di strada che separa la fontana dalla chiesa tre-quattrocentesca di San Vito, il cui candido selciato diventava particolarmente viscido, per via della pioggia, e provocava occasionali incidenti (che si sono ripetuti anche negli ultimi anni con altri tipi di mezzi). I contadini, soprattutto dei paesi limitrofi, di ritorno dal mercato, si fermavano per una breve sosta nella taverna di Aromatario, mentre, tra il chiacchiericcio e il tintinnare dei bicchieri di vino, udivano lo sbuffare del treno che annunciava l’arrivo delle locomotive nella vicina stazione (inaugurata nel maggio del 1875), per poi far ritorno alle loro case sotto lo sguardo incuriosito dei seminaristi che passeggiavano, nei momenti di svago, lungo i bordi del fiume. La barbuta figura di “Peppone”, fino a qualche anno fa, si stagliava seduta sul parapetto della strada, di fronte all’imbocco di Porta Rivera, davanti alla quale si ergeva una costruzione perennemente incompleta che sciupava uno dei punti più caratteristici della città.
Oggi le fronde di un albero si affacciano accanto al medesimo ingresso incastonato nella cinta muraria, verso l’esterno. Il borgo è disabitato; solo qualche famiglia abita nelle case sul declivio, in prossimità di via XX settembre, non distanti dalla chiesa più antica della città: Santa Chiara ai Cappuccini. I sanpietrini, nel tratto che porta a salire verso l’arco sito in via Jacopo della Rivera, sono intervallati da ciuffi d’erba. Via Santo Spirito e via del Tannino sono ricolme di macerie, ormai avvinte dalle erbe. Tuttavia qualcosa si muove: grazie alla mirabile sinergia emersa tra i cittadini della contrada, il comune e l’ASM (Azienda Servizi Municipali), sono da poco stati rimossi i detriti e selezionati i reperti lapidei riversi sulla scalinata della parrocchia.
Nelle ore di punta del giorno, l’andirivieni delle macchine, il rombo dei motori e le lunghe code delle autovetture, agevolate da estenuanti attese al passaggio al livello posto a ridosso della chiesa di Santa Maria del Ponte, scandiscono oggi altri ritmi di vita. Ritmi che ci inducono a guardare con distrazione questi luoghi. Indubbiamente, il recupero della viabilità, in entrambi i sensi di marcia, di via Tancredi da Pentima e l’apertura del museo nell’ex mattatoio, contribuiranno a rinvigorire questo suggestivo angolo della città, lembo periferico del quarto amiternino che, insieme al lento fluire delle acque del fiume Aterno, ha segnato la storia della nostra terra.
La pace che regna a borgo Rivera sembra aver fermato il tempo a quella notte di aprile, in attesa che le meridiane della chiesa di San Vito tornino nuovamente a scandirlo.