Persino Giovanni Paolo II vi si recò pellegrino e rimase profondamente colpito da quel che vide dentro una minuscola teca di vetro. Nessuno scienziato è in grado di svelare l’origine di quell’oggetto; può certo dire in termini tecnici e medici cos’è materialmente, ma non può spiegare la natura e il senso profondo di quel frammento di carne umana. La verità del Miracolo Eucaristico si svela infatti solo per fede all’uomo che crede
di Nicoletta Travaglini
L’Ostia divenne carne e il vino mutò in sangue: questo è in sostanza il Miracolo Eucaristico di Lanciano. Nella celebrazione della messa il pane dell’Ostia consacrata simboleggia il corpo di Cristo e il vino rosso ne rammenta il sangue uscito dalle ferite. Ma nella cittadina abruzzese un evento miracoloso trasformò davvero questi due prodotti “della terra e del lavoro dell’uomo”. E quella sottile sezione di cuore umano e quel grumo antico di sangue sono ancora lì, dentro un sontuoso reliquiario, a ricordare il senso di immenso e imponderabile che ci avvolge sempre e dovunque, anche se spesso facciamo finta di non accorgercene. Lo straordinario evento ci viene documentato in particolare da una lapide di pietra che si trova ancora oggi nella chiesa di San Francesco, sorta sul luogo del miracolo e nella quale si custodisce da sempre il reliquario. L’epigrafe reca la data del 1636 e recita: “Circa gli anni del Signore 700 in questa chiesa allora sotto il titolo di san Leguntiano dei monaci di san Basilio dubitò un monaco sacerdote se nell’Hostia consacrata fosse veramente il Corpo di nostro Signore e nel vino il Sangue. Celebrò messa e, dette le parole della consacrazione, vidde fatta Carne l’Hostia e Sangue il vino. Fu mostrata ogni cosa ai circostanti et indi a tutto il popolo. La Carne è ancora intiera et il Sangue diviso in cinque parti disuguali che tanto pesano tutte unite quanto ciascuna separata. Si vede hoggidì nello istesso modo in questa Cappella fatta da Giovanni Francesco Valsecca a sue proprie spese l’anno del Signore MDCXXXVI”. Ma le notizie sulla tradizione del Miracolo Eucaristico di Lanciano risalgono ben più indietro nel tempo, tant’è che esiste un’altra testimonianza, più dettagliata, scritta nel 1631. Anch’essa narra del monaco ma lo descrive come una persona scettica e dubbiosa sui fatti della fede, “non ben ferma nella fede, letterato nelle scienze del mondo ma ignorante in quelle di Dio”. Nel documento si legge: “Da tanto e così stupendo miracolo atterrito e confuso, stette gran pezzo come in una divina estasi trasportato; ma finalmente, cedendo il timore allo spirituale contento, che gli riempiva l’anima, con viso giocondo ancorché di lacrime asperso, voltatosi alle circostanti, così disse – O felici assistenti ai quali il benedetto Dio per confondere l’incredulità mia ha voluto svelarsi in questo santissimo Sacramento e rendersi visibile agli occhi nostri… Ecco la carne e il sangue del nostro dilettissimo Cristo –”.
È chiaro che queste fonti storiche, per quanto affascinanti, da sole non sarebbero affatto sufficienti per convalidare il miracolo, ma a loro supporto sono giunti gli inoppugnabili dati scientifici delle analisi fatte sulle reliquie. Il loro verdetto offre una sorprendente e solida conferma a quel che la tradizione narra. Per i credenti quel che si conserva nella chiesa di San Francesco a Lanciano è il frutto di un evento miracoloso, avvenuto per giunta in un preciso momento storico e del quale resta una chiara documentazione. Gli agnostici rifiutano naturalmente il senso del miracoloso intervento di Dio, ma davanti ad essi rimane la traccia tangibile di un fatto inspiegabile scientificamente, acclarato però da analisi tecniche e dati storici. Certamente qualcosa che invita a riflettere.
Cosa dice la scienza
Anche se può sembrare quasi paradossale accostare scienza e miracoli, la ricerca si è occupata più volte delle reliquie di Lanciano, proprio in virtù della grande devozione che esse suscitano. Più che cercare la verità sulla loro origine divina – ai miracoli si crede per fede e non per verifica scientifica –, le analisi miravano a svelare la natura dei materiali, verificarne lo stato di conservazione e capire quali fossero le loro caratteristiche chimico-fisiche. Il primo approccio della scienza con il Miracolo avvenne nel 1574, ma forse è più corretto dire che si trattava di una scienza ante litteram. Le indagini più accurate e affidabili sono state fatte tra il 1970 e il 1971, e riprese poi di nuovo nel 1981. Furono due cattedratici dell’Università di Siena, il professor Odoardo Linoli (docente di Anatomia e Istologia Patologica, nonché di Chimica e Microscopia Clinica), coadiuvato dal professor Ruggero Bertelli, a condurre analisi dettagliate dei reperti con assoluto rigore scientifico, documentandole con numerose fotografie al microscopio. Il loro referto tecnico fissa alcuni punti cardine sulla natura delle reliquie di Lanciano:
1) Si tratta davvero di carne e sangue.
2) Entrambi appartengono a un essere umano.
3) La carne è una sezione di un cuore completo nella sua struttura essenziale.
4) Nella sezione di carne sono stati rilevate le strutture del miocardio, dell’endocardio, del nervo vago e, per il rilevante spessore del miocardio, del ventricolo cardiaco sinistro.
5) Tanto la carne quanto il sangue hanno lo stesso gruppo sanguigno AB.
6) Nel sangue sono state trovate le proteine normalmente frazionate con i rapporti percentuali quali si hanno nel quadro sieroproteico del sangue fresco normale.
7) Nel sangue sono stati anche ritrovati elementi minerali come cloruri, fosforo, magnesio, potassio, sodio e calcio. Non sono state rilevate tracce di alcun metodo di trattamento o conservazione, chimica o fisica che sia. E come tutti sanno, in loro assenza, dopo alcuni giorni i materiali organici vanno in putrefazione.
Data e luogo del miracolo
Non ci sono dati per definire con certezza la data di questo evento, ma si ritiene con una discreta approssimazione che esso ebbe luogo nel VIII secolo dopo Cristo. A questo proposito Nicola Nasuti scrive: “Un qualche aiuto ci viene dalla storia del secolo in questione. Sappiamo per certo che in Oriente, sotto l’imperatore Leone III, detto l’Isaurico, si scatenò virulenta la lotta iconoclasta contro il culto delle immagini sacre, culto ritenuto legittimo e teologicamente ineccepibile dalla Chiesa. Una dolorosa vicenda che viene datata all’anno 725 e che determinò un incremento del flusso migratorio dei monaci greci in Italia, tra cui la piccola comunità approdata a Lanciano. Alla luce di questo generale quadro di riferimento, possiamo ritenere fondatamente e ragionevolmente che il miracolo si sia verificato tra gli anni 730-750 dell’era cristiana, con buona approssimazione”. Sulla base di questi dati il miracolo di Lanciano sarebbe ben più antico di quello similare avvenuto a Bolsena nel 1264 e dal quale ha avuto origine la solennità religiosa della celebrazione del Corpus Domini. Il luogo del miracolo di Lanciano fu una chiesetta paleocristiana dedicata al martire San Legonziano e gestita dai monaci dell’ordine di San Basilio. Fu proprio uno di loro lo scettico officiante che vide l’ostia mutare in carne tra le sua mani. Il prodigioso evento ebbe larga eco, presso i fedeli e non solo, e in breve ragione la chiesa passò sotto la gestione dei benedettini dell’abbazia di San Giovanni in Venere. Nel 1252 il vescovo di Chieti ne fece dono ai Frati Conventuali Minori dell’ordine di San Francesco e nel 1258 essi lo demolirono per iniziare la costruzione di un nuovo complesso sacro dedicato al loro Santo patriarca.
Una lunga storia
L’ostia del miracolo venne posta in una cofanetto di avorio rivestito in argento, conservato in un tabernacolo sulla destra dell’altare maggiore. Poi nel XVI secolo il terrore generato nelle popolazioni abruzzesi dalle continue scorrerie dei pirati mussulmani di origine turca, e soprattutto la paura di un loro possibile gesto sacrilego in caso di conquista della città e della chiesa, spinse i monaci a murare il reliquario in una piccola e buia cappella, oggi ormai demolita. Riportato alla luce solo nel 1636, il Miracolo fu collocato in una sorta di gabbia a forma di cubo, chiusa da due piccole porte di legno con quattro serrature a chiavi diverse, e posto nella cappella della famiglia Valsecca. Attorno al 1700 il sangue raggrumato venne trasferito in un’ampolla di cristallo e nel 1713 l’Ostia fu collocata al centro della raggiera di un ostensorio in argento di scuola napoletana. Nel 1902 fu costruita la monumentale struttura in marmi pregiati che ospita ancora oggi il reliquiario, protetto da spessi e sicuri vetri blindati, al centro dell’abside della chiesa.