La figura dell’archeologo ha subìto negli ultimi vent’anni un profondo mutamento, evidenziato in tempi recenti dalle procedure di valutazione di impatto archeologico nella progettazione di opere pubbliche. Il quadro normativo è in fase di definizione, ma emerge un rapporto sempre più stretto tra la professione dell’archeologo e l’attività di pianificazione territoriale

Le norme sulle procedure di valutazione dell’impatto archeologico delle opere pubbliche, introdotte dalla legge 109 del 2005 e poi recepite nello stesso Codice dei contratti, sono una delle novità legislative più importanti di questi ultimi anni nel campo della tutela. Gli organi che si occupano del patrimonio archeologico, ovvero le Soprintendenze, possono chiedere che, a spese della stazione appaltante, vengano condotte indagini preventive alla realizzazione di opere pubbliche. Il procedimento di valutazione preventiva prevede che i progetti sottoposti all’esame siano accompagnati da una relazione archeologica, che deve riassumere il risultato di ricerche d’archivio, dell’esame di foto aeree, dei dati delle ricognizioni sul campo fino all’esecuzione di saggi stratigrafici più o meno estesi.
L’archeologia preventiva ha portato l’archeologia italiana al livello degli altri Paesi europei. La tutela del patrimonio sepolto esce così dalla “casualità” della scoperta inattesa.
Prima dell’entrata in vigore della legge 109, infatti, la messa in luce di resti archeologici nel corso delle grandi opere pubbliche era causa di aumenti di costi imprevisti e di ritardi nell’esecuzione delle stesse, fino ad arrivare anche all’impossibilità di completarle. Questa prassi, che deve ancora entrare completamente a regime, ha già ripagato ampiamente gli sforzi, avendo impedito la distruzione di importanti realtà archeologiche e la scoperta di altre, dando tempi certi all’esecuzione delle grandi opere.
Il rischio archeologico
La sua definizione ruota attorno a due elementi: depauperamento del patrimonio storico-archeologico da una parte, aumento dei costi di realizzazione delle opere dall’altra. Le indagini non incidono sensibilmente sulla realizzazione delle grandi opere e i costi dell’archeologia sono comunque irrisori. Quello che gli enti pubblici e le stesse ditte chiedono oggi alla tutela è la certezza dei tempi di esecuzione degli scavi archeologici e, di conseguenza, di completamento delle stesse opere pubbliche.
L’archeologia preventiva è un aiuto. Un esempio è in Abruzzo, nel caso degli impianti fotovoltaici, che nell’ultimo anno hanno registrato un notevole incremento grazie al contributo dei finanziamenti statali. In Abruzzo, ma anche in altre regioni, l’applicazione di forme di controllo preventivo ha portato in molti casi, ad esempio nell’area del Fucino, alla scoperta di importanti evidenze archeologiche.
Ricerca in Abruzzo e nuove prospettive di studio e valorizzazione
L’archeologia preventiva ha portato spesso alla scoperta di evidenze considerevoli. Nella Marsica, per esempio, sono emerse presenze di età preistorica nella zona di Pescina, mentre ad Ortucchio è in corso di scavo, sotto la direzione di Emanuela Ceccaroni, un’importante necropoli di età romana che sta restituendo tombe a camera con corredi straordinari.
Altrettanto notevoli sono i materiali che Rosanna Tuteri sta recuperando nella zona di possibile espansione dell’area industriale di Pizzoli nei pressi dell’Aquila, grazie al lavoro di sorveglianza e tutela.
Necropoli italiche sono state trovate da Amalia Faustoferri nell’Abruzzo meridionale, mentre in tempi molto recenti è stata individuata, grazie all’analisi di foto aeree, una grande villa romana nella zona di Pescina ed un possibile tempio è stato riconosciuto a Castelvecchio Subequo.
Questa regione presenta un patrimonio archeologico ricchissimo e non mancano grandi progetti come l’operazione di restauro e recupero del teatro romano di Teramo.
Un’altra operazione che porterà risultati ragguardevoli per Teramo è rappresentata dal progetto sull’area archeologica della Cona. Grazie ad un accordo raggiunto fra la Soprintendenza e l’Anas si riuscirà a restaurare un grandissimo tempio di età romana e a creare un parco archeologico che comprenderà anche la Via Sacra messa in luce dagli scavi di qualche anno fa.
Un sito sul quale ci sono grandi aspettative di valorizzazione è Alba Fucens, che ha ricevuto diversi finanziamenti per la ripresa degli scavi e dei restauri, nonché il completamento del Museo che accoglierà i reperti messi in luce dagli scavi.
Ad Amiternum presso L’Aquila l’attività di ricerca delle Università di Colonia e di Berna, in collaborazione con la Soprintendenza, ha consentito di tracciare dettagliatamente la pianta della città antica. I nuovi finanziamenti permetteranno ora di mettere in luce altri monumenti e di realizzare strutture che consentano di migliorare la fruizione del sito da parte del pubblico e di esporre parte dei materiali rinvenuti. Sono proseguiti anche i lavori per il recupero e la valorizzazione del sito romano di Cività di Bagno e della necropoli protostorica di Fossa, sempre nel territorio aquilano.
Quanto è importante dare identità alle azioni di tutela
È necessario investire risorse nella redazione delle carte archeologiche del territorio e nel loro costante aggiornamento, operazioni dalle quali deriverebbe un utile non solo per la cultura, ma per la stessa gestione e programmazione del territorio, nonché per rispondere alle richieste di identità culturale che le comunità locali sempre più spesso chiedono.
Carte archeologiche e archeologia preventiva sono efficaci strumenti di tutela, ma all’azione di salvaguardia del patrimonio bisogna far seguire l’informazione al pubblico, far capire il senso e l’importanza dell’operato delle soprintendenze. È in quest’ottica che sono nati i “Quaderni di Archeologia d’Abruzzo”, rivista ufficiale della Soprintendenza per i beni Archeologici.
Thomas Ashby in Abruzzo, immagini e memoria di un passato recente che parla anche di archeologia
La valenza dell’opera pionieristica di Ashby va oltre la bellezza assoluta della sua fotografia. Nelle sue immagini – soprattutto in quelle relative all’Abruzzo – il dato antropologico è costante. L’attenzione di questo archeologo inglese si rivolse infatti anche alle usanze, alle feste e ai riti dell’Abruzzo di inizio secolo. La lezione di Ashby è in questo senso importante, perché patrimonio archeologico e patrimonio etno-folclorico si fondono qui magistralmente.
Gli scatti di Ashby testimoniano inoltre l’importanza del contesto nel quale il monumento archeologico è inserito.
L’opera fotografica di Ashby, a oltre un secolo di distanza, è ancora fruibile nella bellezza e nel fascino che solo gli scatti in bianco e nero possiedono.