Da villaggio medievale ad “albergo diffuso“. Il caso di Santo Stefano di Sessanio, tra i borghi più belli d’Italia, fa da modello per una rinascita economico-turistica più forte della crisi e del terremoto
testo di Marianna Gianforte, foto di Gino Di Paolo /Giancarlo Malandra
Sulla Torre Medicea non si può più salire per guardare il panorama senza fi-
ne della valle verdissima e immensa trattenuta, come fra i palmi delle mani, tra la catena del Sirente e quella della Majella. La Torre simbolo di uno dei Borghi più belli d’Italia, Santo Stefano di Sessanio, testimonianza della presenza dei Medici è oggi un groviglio di tubi di puntellatura. Il sisma del 6 aprile del 2009 ha buttato giù la torre come burro sciolto davanti alla fiamma di una candela, oltre a danneggiare decine di abitazioni. Da secoli la forma cilindrica della Torre trecentesca emergeva dal centro abitato imponente e superba, alzandosi per 18 metri verso il cielo. Era stata concepita per avere tre scopi: avvistamento, controllo e segnalazione. Un occhio protettivo sul piccolo borgo nato nel Medioevo ma già esistente, con un piccolo insediamento, in Età romana. E sotto i Romani, Santo Stefano è stato un rilevante pagus tanto da essere provvisto persino di un tempio. Il borgo ha dunque un passato romano che porta con sé come un’identità non più modificabile nel nome: “Sessanio” proviene da Sextantio, che indicava probabilmente la distanza di sei miglia che intercorreva tra il borgo e il pagus. Il nome di “Santo Stefano”, invece, deriva dalla chiesa più importante del paese, dedicata appunto al Santo. Un nome composto di due anime, traccia storica che oggi Santo Stefano di Sessanio custodisce e protegge anche nella sua “apparenza” e nello stile di vita. Tra le scalinate, le vie strettissime e collegate le une alle altre come un labirinto dal quale non si vorrebbe mai uscire, si respira l’atmosfera di sette secoli fa. Se si venisse condotti bendati dentro al borgo, una volta riaperti gli occhi apparirebbe come un paese fermo al Medioevo, l’epoca della sua nascita (1308 d.C.). I sampietrini, le locande con i prodotti tipici, gli archi in cui si respira il profumo dolce di saponi, liquori e confetture, e le botteghe degli artigiani locali che lavorano legno e preparano la lana, di cui un tempo Santo Stefano era prestigioso esportatore in Europa: in tutto questo è ancora palpabile il passato medievale di Santo Stefano.
L’ALBERGO DIFFUSO
telegiornali di mezzo mondo hanno descritto Daniele Kihlgren come il “salvatore” di Santo Stefano, colui che ha portato il concetto di “albergo diffuso” alle sue estreme conseguenze. Positive, s’intende. Imprenditore nell’ambito dei cementifici, lo svedese Kihlgren ha restaurato, dopo averle acquistate, numerose abitazioni, seconde case destinate all’abbandono. Ha cercato uno per uno i proprietari, molti dei quali residenti all’estero, ha fatto loro un’offerta economica quasi sempre accettata e poi ha cominciato il restauro, con l’aiuto di altri imprenditori. Un’operazione cominciata nel 1999 che si è poi trasformata in una vera e propria missione: quella di recuperare i borghi medievali, equilibrio perfetto tra natura e storia, e riportarli in vita. Nasce quindi “l’albergo diffuso” di Sextantio. E così, se nel 2001 il 75% delle abitazioni del borgo erano abbandonate, alla fine del 2008 c’erano già circa 30 attività commerciali e 7.300 presenze annue in 5 strutture ricettive. Numeri cresciuti negli anni. Tedeschi, Olandesi e Britannici arrivano a Santo Stefano di Sessanio con i pullman o in auto per dormire in case con le coperte o i lavabi del ‘500, del ‘600, del‘700. Svegliarsi in un letto che ha cinque secoli di vita, dove hanno dormito contadini o pastori nel 1400, è un’esperienza indimenticabile. Un tipo di turismo che muove un fatturato sostanzioso, e che Kihlgren sta replicando a Matera scatenando un effetto “domino” anche in altri Comuni, che forse non entreranno mai nel Club dei più belli d’Italia, ma che aspirano a realizzare un albergo diffuso. Le buone pratiche, si sa, sono contagiose.
IL CLUB DEI BORGHI PIù BELLI
Da un punto di vista turistico è forte il richiamo dell’appartenenza di Santo Ste-
fano alla prestigiosa selezione dei “Borghi più belli d’Italia”, come i vicini Castel del Monte, Rocca Calascio, San Pio delle Camere, Castelvecchio Calvisio, Barisciano e Navelli. Attualmente sono 259 i paesi iscritti nel Club, una scia di piccole perle di storia e tradizioni nascoste tra le altitudini scoscese delle Alpi e le colline dell’Appennino, o a due passi dal mare. Club dello stesso tipo esistono anche in Europa: ad esempio in Francia, Belgio, Olanda, Germania, Spagna. Un riconoscimento dell’importanza dei borghi della provincia dell’Aquila è arrivato dalla decisione del Club di tenere l’ottava edizione del Festival nazionale dei borghi più belli d’Italia (dal 5 al 7 settembre) tra Santo Stefano di Sessanio, Castel del Monte e Navelli.
COSA C’E’ DA VISITARE
La strettissima rua chiamata “bacia femmine”, o “buscella”, è forse il passaggio più romantico nel dedalo di stradine, scale ed archi. Raccontano che qui i ragazzi corressero a nascondersi per poter rubare un bacio al tempo. Altri dicono, invece, che il nome venga dal fatto che il vicolo è talmente stretto, che un uomo e una donna se s’incontrano a passarvi devono stringersi fino a sfiorarsi. E’ la rua dell’emozione. Ma il cuore comincia a battere già scendendo dall’Altopiano di Campo Imperatore, quando tra le curve appare il borgo adagiato nella valle verdissima. Siamo all’interno dei confini del Parco nazionale del Gran Sasso, custode della “miniatura medievale”. E se la Torre non può essere visitata, resta da vedere molto altro. La Porta medicea, ad esempio, sopra la quale svetta lo stemma della Signoria di Firenze. Medicei sono anche i portali ad arco con le formelle fiorite, le bifore e le mensole dei balconi, mentre anche le finestre in pietra lavorata ricordano il Medioevo. Una delle case quattrocentesche più belle è la Casa del Capitano, chiamata così perché durante la Seconda guerra mondiale fu occupata dalle squadre fasciste. E poi, le storiche “case-mura”, alte e con pareti molto spesse e piccole finestre, come se fossero vere e proprie fortezze domestiche. Infine, le chiese di Santo Stefano Protomartire (XIV-XV secolo) e della Madonna del lago (XVII secolo). Un edificio sacro, quest’ultimo, incantevole e suggestivo costruito fuori dalle mura, quasi ai confini del piccolo lago da cui sorveglia il paese.
LE LENTICCHIE
Le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio sono di una qualità rara, biologiche da sempre e coltivate soltanto nei terreni aridi di alta montagna, tra i 1200 e i 1450 metri. Come riconoscerle? Dal colore marrone scuro, le dimensioni piccole e la superficie rugosa. Ma è il sapore che le ha rese celebri in tutta Italia: i migliori chef le scelgono per preparare piatti tradizionali o della più raffinata nouvelle cuisine.