Testo Chiara Di Giovannantonio Foto Maurizio Anselmi
A dominio della città di Teramo si staglia, ricco di fascino, il Castello Della Monica, costruzione di fine Ottocento dal gusto medievale che trasporta il visitatore in un luogo fuori dal tempo.
Poco distante da Piazza Garibaldi si trova un piccolo angolo di Teramo assolutamente da vedere e far conoscere. Si tratta del Castello della Monica, che domina la città sulla sommità del piccolo colle di San Venanzio. Per raggiungerlo si imbocca la scenografica Via del Castello, una stradina molta stretta e leggermente in salita con la fontana a lato, circondata da altri edifici ottocenteschi dal sapore medievale. Dopo un centinaio di metri si arriva di fronte al cancello principale, dove il panorama si apre e la facciata dell’edificio si mostra in tutta la sua meraviglia. Voluto dal pittore Gennaro della Monica (1836 – 1917) e ribattezzato da molti con il termine gothic revival, il castello rappresenta un vero e proprio miscuglio di stili. È proprio la peculiarità di questa scelta a rendere tanto affascinante questa costruzione ottocentesca in stile medioevale, un unicum nel suo genere. L’artista, che ha creato e progettato quello che oggi è considerato uno dei luoghi simbolo della città, è nato proprio a Teramo. Fin da piccolo, stimolato dal padre Pasquale che era un esperto calligrafo e disegnatore, si dedicò all’arte sviluppando un notevole talento in ambito pittorico. Per completare la sua educazione, ben presto venne inviato all’Accademia di Belle Arti a Napoli, dove operavano altri insigni rappresentanti della pittura teramana come Giuseppe Bonolis, Teofilo Patini, Gabriele Smargiassi e Francesco Paolo Michetti. Gennaro della Monica si inserì senza difficoltà tra le loro fila. L’artista viaggiò molto in tutta Italia passando dalla Lombardia alla Toscana, dove soggiornò a Firenze per un lungo periodo. Probabilmente, fu in questa regione che scoprì l’amore per l’architettura medievale e gotica. Durante le sue peregrinazioni, toccò anche la Svizzera. Deciso a regalarsi un castello con merli e finestre dove andare a vivere con la propria famiglia, l’artista tornò in pianta stabile a Teramo poco dopo il 1867. Alla costruzione vera e propria del complesso, però, fu dato inizio soltanto nel 1889 e si concluse forzatamente quasi trent’anni dopo, alla morte del suo autore avvenuta nel 1917.
All’epoca il progetto non accolse molti consensi, tanto che lo storico dell’arte Guglielmo Aurini potè affermare in tutta tranquillità che il Borgo medievale era una «pura invenzione senza alcun criterio architettonico». Un’altra curiosità sul castello riguarda le sue origini, che secondo una tradizione non del tutto accertata sarebbe sorto sulle rovine dell’antica chiesa di San Venanzio in Gualdo, ridotta a polveriera dai francesi. Il vecchio edificio sacro, ormai scomparso, sarebbe raffigurato anche nel polittico di Jacobello del Fiore, un’opera del XV secolo conservata al duomo di Teramo, dove andrebbe identificata con l’imponente chiesa posta in direzione della Porta San Giorgio, su un picco isolato. Quale che fosse la loro provenienza, Della Monica utilizzò i materiali da costruzione e gli elementi decorativi presenti sul sito per erigere il castello e arricchire la facciata con bifore e sovrarcate tipiche dell’architettura gotica e neogotica, riadattate al contesto teramano con contaminazioni moresche. L’interno dell’edificio venne decorato con affreschi pittorici realizzati dallo stesso artista che inserì anche sculture, capitelli e colonnine. Il Castello divenne dimora del suo ideatore che collocò lì il suo studio, dove raccolse un’enorme quantità di progetti, ricerche, appunti e disegni personali realizzati durante gli incessanti lavori in corso. Secondo una storia che ha un po’ il sapore della fiaba, Gennaro della Monica non smise mai di pensare ad ampliamenti e trasformazioni per il suo castello, perchè una zingara gli aveva predetto che sarebbe morto nel giorno in cui avrebbe ultimato la costruzione. Purtroppo oggi non è possibile visitare le sale del castello, che si trovano in condizioni di degrado a causa dell’incessante scorrere del tempo e degli avversi fattori climatici. L’ultimo intervento del Ministero dei Beni culturali nel 2009 ha messo in sicurezza parte della struttura, ma i dipinti devono essere ancora restaurati assieme al resto delle sale interne per un riutilizzo della struttura da parte del Comune di Teramo. Oltre al Castello vero e proprio, ci sono due edifici a valle che compongono l’ala est, una dipendenza di servizio nell’ala sud e dei graziosi giardini a terrazzo che fanno parte del cosiddetto Borgo medievale, interessando alla fine anche Via Camillo de Lelli e Via Giovanna d’Arco. Dal secondo dopoguerra, le successive abitazioni sorte attorno al borgo hanno finito per sminuire il senso dell’isolamento di stampo romantico, un’altra caratteristica del complesso che era stata ottenuta grazie alla posizione decentrata rispetto al resto della città. Dal 9 febbraio 1978 l’intero gruppo di edifici ottocenteschi in stile neogotico, fatta eccezione per un sola costruzione in Viale Cavour che è oggi adibita ad abitazione civile, appartiene al Comune. Questo ha permesso, a partire dal 2001, di sottoporre ad interventi di recupero e consolidamento il nucleo centrale del borgo, giungendo così ad una prima sistemazione esterna della struttura. Il Castello Della Monica rappresenta il massimo esempio del genio e della versatilità artistica di Gennaro Della Monica che, ricollegandosi al gusto settecentesco del pittoresco, si lasciò ispirare dalla cultura figurativo-letteraria di fine ‘800 e dalla sua vena neogotica per dare vita ad un importante pezzo del patrimonio storico e artistico di Teramo. Per avere un termine di paragone coevo, si può pensare al Borgo medievale situato nel Parco del Valentino a Torino, realizzato in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884. Al di là del loro valore culturale, il castello e tutto il borgo sono diventati un elemento costitutivo dell’identità di Teramo, perciò è importante restituire quanto prima la struttura ai cittadini riportandola al suo antico splendore.