Proseguono le prese di posizione delle associazioni di categoria su come affrontare la cosiddetta fase 2 relativamente alle modalità ed ai tempi di riapertura (o meno) di bar e ristoranti a seguito dell’emergenza coronavirus. In merito, pubblichiamo una nota condivisa dall’Unione Regionale Cuochi Abruzzesi che sull’argomento si mostra abbastanza prudente chiedendo soprattutto «liquidità immediata a fondo perduto, senza burocrazia e procedure farraginose».
«In questi giorni è in atto una giusta protesta dei ristoratori italiani per la disastrosa situazione economica in cui si trovano a causa della pandemia da Covid-19 – scrive l’URCA –. Ma sembra che la soluzione prospettata dalla maggioranza di loro sia l’immediata possibilità di riaprire i ristoranti. È noto a tutti che il comparto ristorativo crea lavoro solo in un contesto di benessere economico e sociale diffuso. Allo stato attuale, su richiesta della comunità scientifica e sanitaria, il Governo ha scelto di impedire la socialità e di lasciare la possibilità di svolgere solo alcuni lavori basilari ritenuti indispensabili per l’economia e la vita. In questo contesto chi andrebbe al ristorante?».
«La riapertura presuppone investimenti per gli adeguamenti sanitari, per il personale, per l’acquisto della materie prime, per le utenze – prosegue la nota –. Una valutazione oggettiva, senza essere economisti, basterebbe a capire che con i pochi ipotetici incassi non si riuscirebbe a pagare neanche le spese. Oppure si può pensare di risollevare le sorti dei ristoranti con i piatti da asporto? Benché in questa fase drammatica si tenda ad utilizzare la parola inglese delivery per edulcorare la realtà e far sembrare l’asporto meno cibo da gastronomia. Oltre al fatto che la riapertura non consentirà gli indennizzi per le spese, i contributi per il mancato incasso, i bonus per le partite IVA e la cassa integrazione per il personale».
«L’intero settore della ristorazione, insieme a tutta la sua filiera, deve lottare per chiedere ai governi regionali e nazionali, alla UE, alla BCE e al FMI di avere liquidità immediata a fondo perduto, senza burocrazia e procedure farraginose. Il sostegno dovrà essere erogato fino a quando non ci saranno le condizioni della socialità e non saranno predisposte regole chiare con una valutazione più specifica e attenta per il comparto ristorativo, che non può essere valutato come un semplice esercizio commerciale».
«Lasciarsi prendere dalla foga di riaprire – conclude la nota – senza valutare con ponderatezza tutti gli aspetti positivi e negativi che essa comporta, magari anticipando di un mese per poi eventualmente correre il rischio di chiudere per sempre, soffocati a causa dei debiti, non è l’atteggiamento migliore di una imprenditoria lungimirante. Circa un mese fa eravamo tutti in ansia e con il cuore in gola per quello che da un momento all’altro poteva accadere ad ognuno di noi. Lo strazio che abbiamo provato per i sacrifici del personale sanitario e per file di bare, auspichiamo che sia consegnato alle pagine nere della storia e che non si ripeta più, ma ad ora nessuno ce lo assicura».