testo di Ivan Masciovecchio.
Annunciato alla cittadinanza l’8 settembre del 1943, l’armistizio sottoscritto qualche giorno prima a Cassibile (SR) tra il Governo Italiano e le forze alleate anglo-americane proiettò la desolata e marginale terra d’Abruzzo sotto i riflettori della grande Storia, quella scritta con la S maiuscola, ponendola al centro dei principali avvenimenti che in maniera tragica e drammatica segnarono i mesi seguenti alla caduta del regime fascista instaurato da Benito Mussolini nell’ottobre del 1922.
Fu infatti nel folto della foresta appenninica del bosco Martese, tra le asperità dei Monti della Laga, in provincia di Teramo, che si verificò la «prima battaglia nostra in campo aperto», così come la definì Ferruccio Parri, comandante nazionale dei partigiani e primo presidente del Consiglio dei ministri nel governo di unità nazionale istituito alla fine del conflitto; un atto di ribellione che vide semplici civili antifascisti, ex militari italiani e prigionieri fuggiti dai campi di concentramento presenti nella provincia – quello di Civitella del Tronto era il terzo per grandezza in tutta Italia – unirsi e combattere per un comune ideale contro l’invasore tedesco. Oggi a prevalere è la bellezza di una natura rigogliosa protetta dal Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, fruibile in tutte le stagioni grazie a comodi e panoramici sentieri che dal piazzale del Ceppo, a più di 1300 metri di altitudine, consentono al viaggiatore di addentrarsi fino alla cascata della Morricana, una delle principali attrazioni della zona.
Spostandoci in provincia dell’Aquila, fu sempre nell’Abruzzo montano, tra le vette appenniniche ed i silenzi del Gran Sasso d’Italia, precisamente all’interno della stanza 201 dell’albergo di Campo Imperatore, che Mussolini fu trasferito definitivamente dopo la sua destituzione e l’arresto avvenuto il 25 luglio del 1943. Un albergo che, ironia della sorte, fu proprio il regime a voler edificare per promuovere lo sviluppo del turismo bianco grazie al progetto della Grande Aquila. Attualmente la struttura è in via di riqualificazione, ma arrivando in quota tramite i panoramici tornanti della statale 17bis oppure anche grazie alla comoda funivia accessibile dalla località Fonte Cerreto (Assergi) – purtroppo ad oggi anch’essa chiusa a causa di lavori di manutenzione ai cavi – può rappresentare comunque un valido punto di partenza per panoramiche escursioni sul versante occidentale del Gran Sasso d’Italia, nonché per visite al giardino botanico e all’osservatorio astronomico.
Passò per l’Abruzzo anche la clamorosa fuga della famiglia reale dei Savoia, avvenuta a seguito della firma dell’armistizio e la presa dei pieni poteri da parte del generale Badoglio. Attraverso la Tiburtina Valeria toccò prima la città di Pescara – dove il Consiglio della Corona allestito all’interno dell’aeroporto decise di evacuare i reali seguendo la via del mare – per arrivare poi al Castello Ducale di Crecchio (CH) – oggi sede del Museo dell’Abruzzo bizantino e altomedievale, dove sono comunque esposte alcune immagini e cimeli storici legati a questo episodio – prima di raggiungere definitivamente il porto di Ortona ed imbarcarsi con destinazione Brindisi. Pochi mesi dopo, la città che custodisce le reliquie dell’apostolo Tommaso nella basilica a due passi dal Castello Aragonese che domina il mare sarà teatro di una delle battaglie più sanguinose combattute in Abruzzo, tanto da essere ricordata come la Stalingrado d’Italia per la distruzione pressoché totale degli edifici e l’alto numero delle vittime civili e militari. In pieno centro storico, il MuBa43 – Museo della Battaglia ne ricorda gli eventi. Tra documenti e materiale fotografico e multimediale, conserva anche un suggestivo plastico raffigurante le zone interessate dal tragico scontro. Poco fuori dall’abitato, in contrada San Donato, il Moro River Canadian War Cemeterary accoglie i corpi dei soldati canadesi caduti durante l’epico combattimento avvenuto tra il 20 e il 28 dicembre del 1943.
Ideata dal feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate tedesche di occupazione in Italia, la Linea Gustav rappresentava l’asse difensivo eretto in prossimità della foce del fiume Sangro sull’Adriatico fino a quella del Garigliano sul Tirreno per ostacolare la risalita dell’esercito alleato verso il Nord Italia. Attorno ad essa furono numerosi gli eventi bellici che tra gli ultimi mesi del 1943 ed i primi sei mesi del 1944 funestarono diversi borghi d’Abruzzo. Per non dimenticare ciò che è stato, trasformando un simbolo divisivo e di respingimento in un luogo dell’accoglienza e dell’ospitalità, grazie anche al sostegno della Regione Abruzzo nel 2017 la cooperativa Terracoste di Torino di Sangro (CH) ha meritoriamente dato vita al progetto Sulla Linea Gustav. Il Cammino della Memoria, un itinerario turistico ciclopedonale che partendo dal cimitero britannico di Torino di Sangro (Sangro River War Cemetery) – il secondo più grande d’Italia per numero di caduti (2.617) dopo quello di Cassino –, dalla Costa dei Trabocchi si addentra lungo il versante meridionale del Parco nazionale della Maiella, arrivando fino ad Alfedena (AQ), nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Tra paesaggi naturalistici di originale bellezza, testimonianze storiche, cippi e monumenti in memoria degli eventi passati, collega i territori di venti comuni – quattordici compresi nel comprensorio chietino del Medio Sangro Aventino – tra i quali Casoli, luogo ufficiale di nascita della gloriosa Brigata Maiella, l’unica formazione partigiana decorata con la Medaglia d’Oro al valor militare, i cui caduti sono commemorati in un sacrario edificato a Taranta Peligna; Gessopalena, dove nella frazione di Sant’Agata i nazisti sterminarono senza pietà oltre 40 persone, in gran parte donne, vecchi e bambini; Pizzoferrato, teatro di un’epica sconfitta degli alleati dove trovò la morte anche il maggiore Lionel Wigram, capo del comando inglese della zona – e sei nella comunità montana dell’Alto Sangro della provincia aquilana, con la frazione di Pietransieri a Roccaraso triste scenario del più efferato massacro compiuto dai tedeschi in Abruzzo tra il 16 ed il 21 novembre del 1943, quando furono trucidati 128 civili inermi nel vicino bosco dei Limmari.
Nel rispetto di ciò che questi luoghi hanno rappresentato, numerosi sono i punti di interesse storico, artistico e naturalistico che oggi si possono ammirare laddove una volta c’erano solo macerie e desolazione, dalle riserve regionali Lecceta di Torino di Sangro e Lago di Serranella a Sant’Eusanio del Sangro, al castello medievale di Roccascalegna incastonato nella roccia; dalla preta lucente del borgo antico di Gessopalena ormai disabitato ma impreziosito dalla sede istituzionale della Fondazione Brigata Maiella, al sito archeologico di Iuvanum a Montenerodomo; fino alla Pinacoteca Patiniana a Castel di Sangro, al Centro di documentazione paleontologico di Scontrone e al Museo civico Aufidenate ad Alfedena.
Come riportato nell’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, tra il 1943 e il 1945 sul suolo d’Abruzzo si compirono 359 eventi criminali (tra uccisioni, eccidi e stragi) per un totale di ben 903 vittime, ponendo la regione al secondo posto nel Sud, dopo la Campania, per numero di episodi e morti. In Abruzzo, inoltre, durante il periodo della Seconda guerra mondiale sorsero ben quindici campi di concentramento sui 48 totali, il numero più alto tra tutte le regioni d’Italia. Uno di questi era presente nella già citata Casoli, allestito in tre diversi ambienti dislocati tra le cantine di Palazzo Tilli e l’ex sede del Municipio. Tra il 1940 ed il 1943 qui furono internati in totale 218 civili stranieri, suddivisi tra 108 ebrei e 110 politici ex jugoslavi, come si può leggere nel preziosissimo centro di documentazione on line www.campocasoli.org ideato, realizzato e curato con rara passione e competenza dal ricercatore Giuseppe Lorentini. Nella stessa piazza dove a gennaio 2018 l’amministrazione comunale ha apposto una targa contenente tutti i loro nomi, nel 2022 è stato inaugurato un imponente monumento dedicato al loro ricordo, elevando così la cittadina ad autentico Luogo della Memoria di stampo europeo.
Alla periferia di Sulmona, invece, non molto distante dall’Abbazia di Santo Spirito al Morrone, è ancora presente il Campo 78 di Fonte d’Amore, altro luogo di detenzione ricavato da un più vecchio campo di concentramento utilizzato per i prigionieri di guerra durante il primo conflitto mondiale. Nei convulsi accadimenti che si succedettero dopo l’armistizio, militari ed ex combattenti qui rinchiusi cercarono di mettersi in salvo raggiungendo il comando alleato di stanza a Casoli, al di là della Maiella. Ogni anno, quello stesso itinerario affrontato il 24 marzo del 1944 anche dal futuro presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in fuga da Scanno e denominato dal 2001 Sentiero della Libertà/Freedom Trail (www.ilsentierodellaliberta.it/), viene percorso nel periodo della ricorrenza del 25 aprile da centinaia di studenti e persone comuni che, passando per Campo di Giove e Taranta Peligna, in tre giorni di cammino ricordano gli eventi drammatici di ottant’anni prima, grazie anche a letture ed incontri con testimoni dell’epoca, storici e giornalisti.
Infine, un’altra via di salvezza trasformata in un trekking naturalistico immerso tra memoria e bellezza è rappresentata dal Sentiero della Libertà nella Valle dell’Orfento (leggi QUI il nostro racconto in occasione di una escursione narrata in compagnia della guida e attrice Francesca Camilla D’Amico, periodicamente riproposta tra le visite organizzate dal Parco nazionale della Maiella), tredici chilometri di facile praticabilità da percorrere sulle orme del caporalmaggiore neozelandese John Evelyn Broad, scappato insieme ad altri militari dal campo di reclusione di Acquafredda nei pressi di Roccamorice (PE) la sera dell’11 settembre 1943 ed alla macchia fino all’aprile del 1944. Una fuga per la libertà portata a termine grazie alla protezione ed all’assistenza della povera gente del luogo – contadini e pastori resistenti che nonostante il pericolo di rappresaglie e fucilazioni seppero scegliersi la propria parte dietro la Linea Gustav –, da lui stesso raccontata attraverso otto diari divenuti poi il libro “Poor people, poor us”, uscito originariamente in Nuova Zelanda nel 1945 e successivamente tradotto e pubblicato in italiano nel 2016 con il titolo “Povera gente, poveri noi” grazie all’impegno della cooperativa Majambiente di Caramanico Terme.