di Vincenzo d’Ercole
Il territorio di Scurcola Marsicana è particolarmente ricco di presenze archeologiche pur senza mai essere stato oggetto di ricerche specifiche.
Si conosce infatti l’insediamento di fondovalle riferibile all’età del Bronzo Media e Finale dei Piani Palentini (XVI-XI sec. a. C.), gli abitati dell’età del Ferro (I millennio a. C.) di Case Madonne, Monte San Nicola e Monte San Felice (foto in basso); in questi due ultimi casi si tratta di villaggi in altura poderosamente muniti con opere di difesa come fossati, circuiti murari successivi, diverse porte d’accesso. Sono monumentali testimonianze, mai state oggetto di scavi o ricerche, di quel fenomeno dell’incastellamento degli insediamenti che caratterizza l’Abruzzo alle soglie del primo millennio a.C. così come accadrà alla fine del primo millennio dopo Cristo in piena età medievale.
Ma l’area archeologica più conosciuta di Scurcola Marsicana, soprattutto al di fuori dell’Abruzzo, è quella della necropoli dei Piani Palentini (foto a destra); qui la Soprintendenza Archeologica effettuò, a metà degli anni ottanta, una limitata serie di campagne di scavo che portarono al rinvenimento di una porzione di un grande e monumentale cimitero in uso dal X al V sec. a.C.
Di notevole impatto i tumuli con crepidini litiche ed elevato in pietre, terra ed erba con allineamenti di menhir come verrà poi riscontrato anche nella necropoli Vestina di Fossa. Una delle peculiarità registrata nei corredi funebri di Scurcola è l’assenza di vasellame fittile; in realtà si sono rinvenuti sopra ai tumuli i frammenti di tazze e bicchieri in ceramica che, probabilmente, dopo essere stati usati per la libagione funebre, venivano gettati in terra procurando quella che gli archeologi chiamano frammentazione rituale. Questo particolare tipo di “brindisi alla russa” sembra essere una caratteristica del popolo degli Equi, sia a Scurcola che nel grande tumulo di Borgorose nel Lazio; elementi di diversità si riscontrano invece con l’altra necropoli equa di recente individuazione, quella di Cretaro ad Avezzano, che ha permesso di stabilire come i dischi in bronzo con decorazione geometrica fossero un ornamento tipico delle donne e non una corazza per i guerrieri.