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Home Le Vie dei Borghi

Un borgo tra storia e realtà

by Redazione
3 Dicembre 2013
in Le Vie dei Borghi
Un borgo tra storia e realtà
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Sulla sponda occidentale di quello che un tempo era il Lago del Fucino, ecco Scurcola Marsicana, antico e soleggiato borgo medievale. Una miscela di emozioni che unisce tradizione e accoglienza, in un ambiente fatto di case ridenti inserite in un contesto di modernità

di Orietta Spera, foto Luigi Todisco

un-borgo-tra-storia-e-realta-620x300Scurcola, in  provincia dell’Aquila, tremila abitanti. Un borgo ai piedi del Monte San Nicola, (Comunità montana Marsica Uno) che nel suo Dna conserva un percorso storico lungo e doloroso. Posti che oggi si raggiungono facilmente in autostrada, ma che in passato sono stati teatro di pagine di storia. Lontano dalle grandi metropoli, oggi, c’è un posto come la parte alta del paese, da dove si dominano i Piani Palentini, testimonianza della sanguinosa battaglia di cui il borgo fu teatro il 23 agosto del 1268 e che vide, l’uno contro l’altro, l’esercito di Corradino di Svevia e, per il Regno delle Due Sicilie, quello di Carlo  primo D’Angiò.
Ma la storia di Scurcola è ancora più longeva, infatti può vantare un nome “lontano”, probabilmente di origine longobarda. L’etimo “Sculcule” deriverebbe da “Skulk”, cioè luogo di guardia.
Così la chiamavano ai tempi della nobile famiglia Da Ponte, sul cui stemma rimase per sempre e che è l’immagine attuale del Comune; tuttavia i primi segni di un insediamento umano, assai precedente a quello che oggi è un luogo storico, esteso su tremila ettari di superficie a settecento metri sul livello del mare, risalgono all’età del ferro, IX-VIII secolo avanti Cristo, come testimoniano i reperti della Necropoli dei Piani Palentini.
Se andiamo a ritroso attraverso la storia e ci riavviciniamo ai nostri giorni, ricordiamo anche come, più di un secolo fa, nella notte tra il 22 ed il 23 gennaio del 1861, le truppe piemontesi annientarono la popolazione di Scurcola come atto di rappresaglia contro i borbonici che, indomiti, non si piegavano. Muzio Febonio parla di una Scurcola sorta grazie agli abitanti di Alba Fucens i quali, dopo la distruzione angioina, edificarono un castrum sopra un “rilievo”, dove poi gli Orsini elevarono la rocca turrita. Ma forse tutto questo è leggenda. La realtà odierna è che Scurcola Marsicana è un luogo rinomato, non solo nell’intera Marsica, per il paesaggio che lo caratterizza, molto apprezzato soprattutto in estate da numerosi romani, come buen retiro. Tutta questa attenzione verso il borgo marsicano ha quindi radici ben più lontane. E lo testimonia proprio la Necropoli che fu scoperta nel 1983.
La presenza delle tombe dell’antico cimitero fu segnalata da ricercatori alla Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo. L’agglomerato protostorico è situato presso il canale del fiume Imele; dopo i rilievi nel dicembre di quell’anno, nel gennaio del 1984 cominciarono le opere di scavo da parte dell’Ente regionale di sviluppo agricolo.
Dopo la campagna di scavo del 1985, dal lato orientale del canale emersero undici sepolture su quattrocento metri quadrati. Nell’estate del 1987, grazie al Ministero per i beni culturali ed ambientali, i tumuli indagati divennero trentuno. La necropoli dei Piani Palentini presentava tombe a fossa singola, proprie dell’età del ferro o più tarde e quindi orientalizzanti, dove erano stati inumati adulti e bambini.
I corredi funerari presenti erano omogenei nelle loro peculiarità: sovente sono presenti infatti frammenti di vasellame fittile, ovvero d’argilla, o l’accoppiata pugnale più lancia, detta “panoplia”, che vuol dire appunto insieme d’armi o armatura, tipica dell’Abruzzo orientalizzante, che diverrà di uso comune, in questa nostra regione, durante il VI ed il V secolo avanti Cristo.
Tra i monumenti presenti sul territorio di Scurcola, citiamo le quattro chiese che meritano di essere visitate, ovvero quella di Sant’Egidio, quella dedicata a Sant’Antonio, quella che onora la Santissima Trinità, e la chiesa di Maria Santissima della Vittoria, contigua alla Rocca Orsini.
La presenza di un maniero di un certo “rilievo”, come la Rocca Orsini, costruzione voluta da Gentile Virginio Orsini, conte di Tagliacozzo e signore di Bracciano, testimonia l’importanza “strategica” di Scurcola e dell’intero territorio limitrofo.
Particolare menzione merita la chiesa della Santissima Trinità, edificata nel periodo a cavallo tra la fine del secolo XVI e gli inizi del secolo XVII quando nel centro marsicano furono realizzate una serie di grandi opere. Una di queste appunto è la bellissima chiesa della SS. Trinità, in stile “controriformista”, finemente ornata nel corso dei secoli e recentemente restaurata, con la sua splendida scalinata barocca.
Le loro origini sono quindi in parte alto-medievali, ma saranno poi rimaneggiate in epoca rinascimentale. Degna di nota è anche la Venere Anadiomene, ovvero “emersa dal mare”, che fu posta nella piazza di Scurcola Marsicana alla fine dell’ ‘800 quando fu inaugurato il primo acquedotto comunale. Il simulacro in metallo venne posto sulla fontana di Piazza Risorgimento e vi rimase per più di cinquant’anni, quando fu rimosso per dare luogo ad opere di ripristino del largo. Ma nel 1974, per un’idea del comitato civico e dell’amministrazione comunale, la fontana tornò al suo posto d’origine.
All’apice del Monte San Nicola, una croce di ferro ricorda un incastellamento medievale, sovrapposto ad una precedente fortificazione italica e presente, oggi, in fase residuale. Il centro storico è sovrastato dalla Rocca degli Orsini, che nacque come castello medievale e che divenne poi rocca nel Rinascimento. Una struttura solida, imponente, molto interessante, ma soprattutto “da difesa”, come è prerogativa dei fortilizi di quell’epoca.
Nonostante il borgo “a misura d’uomo”, questo ha avuto tra i suoi concittadini anche un filosofo come Antonio Rocco (1586 – 1653),  e un giureconsulto di fama nell’intero territorio marsicano, nell’arco dell’intero ‘900 come Ennio Colucci. Oggi Scurcola Marsicana è una cittadina moderna e vitale, proiettata verso lo sviluppo e la salvaguardia della ricchezza più grande che questo territorio possa offrire, ovvero l’ambiente, ancora “puro”, con ambiti che rimandano a paesaggi e sensazioni mai sopite.

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