Serramonacesca, ai piedi del versante orientale della Maiella, è conosciuta per via della stupenda abbazia benedettina di San Liberatore a Maiella, ma molti trascurano il fatto che nel suo territorio ci sono altre due attrattive di notevole interesse: il castello, ma soprattutto l’eremo di Sant’Onofrio
a cura della redazione
L’eremo dipendeva quasi certamente dall’abbazia benedettina di San Liberatore e venne costruito tra il XI e il XIV secolo. Questa chiesetta solitaria sorge alla sommità dell’impervio vallone di Sant’Onofrio, protetta da un enorme masso che la copre quasi come fosse una tettoia sbucando dalla vegetazione. L’impatto visivo che si prova arrivandoci davanti non è di grande suggestione, poiché la facciata è abbastanza semplice, fatta di pietre regolari e con una piccola porta senza fronzoli. Si tratta però di lavori di restauro fatti nel 1948, che hanno provveduto a rialzare il tetto e a risistemare la parte frontale e metà della facciata laterale, segnando così uno stacco netto con la parte più antica della chiesa, rimasta invece al suo stato originale. Basta infatti varcare la porticina per scoprire come all’interno la chiesa sia capace di rendersi più suggestiva, svelando al visitatore la tipica struttura comune a tutti gli eremi di questa montagna. Il metodo costruttivo degli eremiti era molto semplice, poiché i mezzi a loro disposizione erano davvero pochi e anche le braccia su cui contare alquanto scarse: essi cercavano infatti di sfruttare i ripari naturali, le rientranze spontanee della roccia, le piccole grotte che venivano poi opportunamente attrezzate per viverci costruendo muri sui lati aperti. L’eremo di Sant’Onofrio si adegua a questa caratteristica comune ma, sfruttando la conformazione della grotta, riesce a creare una chiesa più articolata grazie alla presenza di cunicoli che si inoltrano nella montagna e prendendo luce da piccole finestrelle. Entrando nella prima sala, quadrata e illuminata da tre finestre sulla destra, si nota l’altare appoggiato alla parete sinistra; al centro c’è la statua popolaresca di Sant’Onofrio, rappresentato con una lunga barba e coperto soltanto dei propri capelli. Secondo la tradizione fu ritrovato così dopo 40 anni da San Panunzio. Due minuscole porticine aperte nell’altare fanno accedere ad un piccolo antro che si trova nel retro, il nucleo originario dell’eremo, dove si trova la cosiddetta “Culla di Sant’Onofrio”, un incavo che la credenza popolare vuole fosse il giaciglio del Santo. Qui i devoti ancora oggi si sdraiano per ottenere la guarigione da mal di pancia e forti febbri. La tradizione probabilmente affonda le sue radici nel rito pagano dell’incubatio, il rituale giacere sulla nuda pietra. Un altro rituale tipico della devozione popolare legata alla terra è lo strofinamento, quando i pellegrini strofinano le parti del corpo doloranti contro le pareti della grotta, pensando che il male possa essere assorbito dalla roccia. Riti simili si svolgono a Sant’Onofrio al Morrone presso Sulmona, a San Venanzio di Raiano, a San Franco di Assergi e a Santa Colomba vicino Isola del Gran Sasso. Dalla sala principale una bassa apertura consente l’accesso ad una grotta che si inoltra nella roccia e non è stata del tutto esplorata. Sul fianco dell’altare si trova un altro cunicolo, e ancora a destra un ampio passaggio che porta ad una vasta sala: la parte più antica costruita in muratura. Per un camminamento radente la roccia si scende ad un piano sottostante. Davanti all’eremo, sotto la pineta, c’è una sorgente detta “Fontana di Sant’Onofrio”. Il culto del Santo, simbolo per eccellenza della religiosità eremita sulla Maiella, è molto sentito non solo a Serramonacesca, che lo ha eletto a Santo Patrono, ma anche nei paesi circostanti come Manoppello, Roccamorice, Lettomanoppello e Pretoro. A Serramonacesca si festeggia il 12 giugno e fino a pochi anni fa, la notte precedente era illuminata dal “Fuoco di Sant’Onofrio”, acceso accanto all’eremo in modo che fosse visibile per tutta la valle; oggi si espone invece una croce illuminata.