di Greta Massimi
Un cittadino cosmopolita che racconta con le sue foto le tematiche attuali che colpiscono la nostra società: dalle mine anti-uomo della Cambogia, alla Terra dei fuochi, fino al Regista Premio Oscar italiano
Stefano Schirato, phoreporter di livello internazionale, laureato in Scienze Politiche, vive a Pescara pur viaggiando spesso per lavoro. La sua carriera spazia dalle tematiche ambientali e sociali, al mondo del cinema, oltre che a collaborare come freelance con riviste quali New York Times, Washington Post, Le Monde, Le Figarò, Vanity Fair. È docente di fotogiornalismo presso la scuola pescarese Mood Photography. Ad oggi ha vinto numerosi premi internazionali nel settore giornalistico e fotografico.
Di recente ha inaugurato la sua nuova mostra “Il Fuoco della Terra” presso la Fondazione Pescarabruzzo che si potrà visitare gratuitamente fino al 6 ottobre c.a. Nei suoi scatti racconta il travagliato “mondo” delle miniere di carbone di Jharia, in India, che costituisce uno dei giacimenti più produttivi del Paese e in cui si è passati dall’estrazione sotterranea, all’estrazione carbonifera a cielo aperto.
«La mostra “Il fuoco della terra” presso la Fondazione Pescarabruzzo è l’ultimo tassello di un lavoro che affonda le sue radici dal 2011. In quell’anno svolsi un lavoro sull’Ilva di Taranto e al tempo stesso mi recai a Chernobyl in quanto ricorrevano i 25 anni del disastro nucleare. La tematica ambientale per me è molto importante. Dal 2014 al 2017 ho svolto un lavoro presso la Terra dei Fuochi dal titolo “Terra Mala”. Quest’ultimo lavoro andrà a Parigi in occasione di un festival di fotografia che si terrà a Beauvais. In sintesi si tratta di un progetto di lungo periodo che unisce varie storie aventi come tema comune quello ambientale».
Come è nata la sua mostra?
«La mostra “Il fuoco della terra” nasce da una storia in India che avevo letto qualche tempo fa su un magazine internazionale. In questa area, più di 100 anni fa, la popolazione si è accorta della fuoriuscita di esalazioni e fumi bianchi dal terreno. In pochi anni, i cittadini, si sono ritrovati ad abitare praticamente dentro una miniera di carbone. Con le opere di scavo per ingrandire la miniera, l’ossigeno ha fomentato il fuoco, rendendo di fatto questo luogo un braciere a cielo aperto che comporta varie problematiche come le spaccature nel terreno che inghiottiscono case e talvolta persone. Questi fumi tossici creano molti problemi di salute che colpiscono circa il 60% della popolazione locale. Ringrazio la Fondazione per avermi supportato».
Qual è il suo rapporto con l’Abruzzo, quali sono i suoi luoghi del cuore?
«Il mio rapporto con l’Abruzzo è importante perché ci vivo con la mia famiglia, anche se viaggio molto per lavoro. Mi sento legato all’Abruzzo, ma al tempo stesso mi sento un cittadino del mondo. Tra i miei luoghi abruzzesi preferiti c’è il porto di Pescara. Mi rifugio spesso nelle storie dei pescatori, mi piace raccontarle».
Nella sua carriera si è occupato anche di cinema, penso al “Premio Cliciak” vinto quale migliore fotografia di backstage di “La Migliore Offerta” del Premio Oscar Giuseppe Tornatore.
«L’esperienza con il cinema è nata con Giuseppe Tornatore. Firmò la prefazione del mio libro “Né in terra, né in mare”. Mi chiamò in seguito a lavorare nel backstage di Baarìa, e ho avuto l”onore di conoscere personaggi come Ennio Morricone. Nella “Migliore offerta” sono stato il fotografo di scena. Il cinema mi piace e di certo trovo “il mondo del cinema” interessante, ma la fotografia che più mi rappresenta è quella legata ad una presa di coscienza sociale».
Cosa sente di consigliare ai giovani d’oggi? Quanto è importante lo studio per la propria professione?
«Vorrei dire loro di non seguire in maniera sterile ciò che è social, l’immagine irreale, ma di scattare invece per se stessi formandosi come uomini: oggi vince chi ha un’idea in più».