Una tranquilla e dignitosa città di provincia, fra mare e montagna. Con ritmi di vita a misura d’uomo, gente cordiale e ospitale.
Dove è forte a memoria del passato, coniugata al contemporaneo
testo di Enrico Giancristofaro, foto di Alessandro Caporale
l territorio su cui sorge Lanciano (Anxanum in età antica e Lanzano nel medioevo) risulta abitato già nel Neolitico: infatti, nel 1969 è stato riportato alla luce, in località Marcianese, il cosiddetto “Villaggio Rossi”, costituito da una serie di fondi di capanne risalenti al VI-V millennio a.C., mentre alcune tombe italiche sono state rinvenute in località Re di Coppe e in contrada Gaeta. Una successiva campagna di scavi, iniziata nel 1991 nel centro storico della città, ha portato a ritrovamenti interessanti che documentano l’esistenza di una notevole struttura abitativa risalente all’età del bronzo ed estesa ai quartieri Borgo, Lancianovecchia e Sacca, a dimostrazione che questi luoghi sono stati ininterrottamente abitati a partire dalla tarda età del bronzo (XII-X secolo a.C.) e fino ai nostri giorni. Le origini di Lanciano sono pertanto più antiche di quanto dica la leggenda di fondazione secondo cui essa è stata fondata da Solima, un compagno di Enea, anche lui fuggito a seguito della distruzione di Troia (1180 a. C.), che la chiamò Anxanon in memoria del fratello Anxa.
Notizie certe relative alla città si hanno a partire dall’epoca romana: Varrone, Sigonio e Plinio il Vecchio concordano nel ritenere Anxanum la capitale dei Frentani e nel ricordare le sue nundinae, cioè i mercati che vi si svolgevano annualmente. Città colta, ricca e ben governata in epoca romana, come la definisce lo storico A. Ludovico Antinori, elevata al rango di municipium dopo la guerra sociale, Lanciano conobbe, dopo la caduta dell’impero romano e in seguito alle invasioni dei popoli germanici, la stessa decadenza economica, civile e culturale che visse tutta la Penisola; in particolare, nel 580 i Longobardi la rasero al suolo e in seguito costruirono un imponente castello sul colle Erminio; da qui, lentamente la città riprese a crescere (IX-X secolo d.C.). Si svilupparono così uno dopo l’altro i quartieri di Lancianovecchia sul colle Erminio, del Borgo sul colle Pietroso e di Civitanova-Sacca sul colle Selvoso, che si munirono di un’unica e potente cinta muraria lungo la quale si aprivano varie porte.
Ancora oggi la vita della città si sviluppa attorno ai quattro quartieri “storici”, con ben trentatré contrade che caratterizzano il territorio comunale. La elevazione a terra demaniale da parte dell’imperatore Federico II (1212) è un riconoscimento del grado di civiltà e benessere raggiunto dalla città e nello stesso tempo ulteriore stimolo al suo sviluppo economico e civile: le nundinae di epoca romana diventano le Fiere che due volte all’anno, a maggio e ad agosto, richiamano centinaia di mercanti provenienti da ogni parte della Penisola e anche dall’estero, in particolare dalla Dalmazia, e la città ottiene nel 1304 il privilegio del Mastrogiurato. Le Fiere di Lanciano erano tra le più importanti del Regno di Napoli: vi si poteva trovare di tutto, dalle derrate alimentari (olio, grano, vino, carni e pesci salati, spezie, ecc.) alla lana, ai pellami, ai cristalli, ai libri. In quei giorni la città doveva essere straordinariamente piena di vita, di movimento, di voci e fogge diverse. L’importanza assurta dalle Fiere lancianesi è dovuta sia alle particolari esenzioni e immunità concesse ai mercanti, sia alla felice posizione della città sulla via Frentana, detta poi Traiana, che giungeva fino al Po collegandosi con la via Francigena. Il periodo di massima espansione economica e culturale della città va dal 1200 alla prima metà del 1500. In questo arco di tempo, infatti, Lanciano si arricchisce di palazzi e numerose chiese, alcune delle quali sono andate distrutte, mentre altre, ben conservate, si possono ammirare ancora oggi, come la chiesa di S. Maria Maggiore nel quartiere di Civitanova, di S. Francesco e Santa Lucia nel Borgo, di S. Biagio e S. Agostino in Lancianovecchia, e di S. Nicola nella Sacca.
A seguito delle invasioni dei francesi e degli spagnoli inizia il lento declino economico e culturale di Lanciano che prima perde i privilegi e le immunità delle sue Fiere, e poi la stessa libertà demaniale con la “compera” dei D’Avalos che impongono odiose tasse e balzelli.
Un nuovo periodo di splendore Lanciano lo vive nell’Ottocento, sia sul piano civile, con la partecipazione agli eventi del Risorgimento, a partire dal suo sostegno alla Repubblica Partenopea del ’99 fino alla annessione (votata alla unanimità) all’Italia unita, subito dopo l’entrata di Garibaldi a Napoli, sia su quello economico e culturale con l’ampliamento urbanistico in direzione del Piano della Fiera, reso necessario dall’aumento della popolazione che gli antichi quartieri non erano più in grado di accogliere.
La città cambia volto e, lasciandosi alle spalle il suo cuore medioevale, si protende verso il Piano della Fiera: su progetto dell’ingegner Filippo Sargiacomo, viene prima colmata parte del fosso della Pietrosa (fino ad allora il fosso era attraversato da un ponte, risalente ad epoca romana, su cui era stata edificata la chiesa detta della Madonna del Ponte) e poi realizzato il nuovo corso Trento e Trieste, con ai lati i portici e gli splendidi palazzi in stile liberty. Sempre nel corso dell’Ottocento viene costruito il Teatro comunale, progettato dall’architetto Taddeo Salvini (l’inaugurazione avvenne il 19 dicembre del 1840 alla presenza di Ferdinando II di Borbone), e sistemata in maniera definitiva la cattedrale della Madonna del Ponte. Insieme al ponte su cui è stato edificato, questo monumento è sicuramente il più originale della città.
Difficile ripercorrere la storia del ponte dato che, nel corso di 15 secoli, ha subito numerosi cambiamenti e ampliamenti determinati dalla costruzione della basilica soprastante e, di conseguenza, dalla doppia esigenza di collegare la città medioevale al Piano della Fiera e di soddisfare la devozione alla Madonna del Ponte, divenuta protettrice dei Lancianesi. In sintesi, sappiamo che il ponte risale ad epoca romana e fu costruito proprio per permettere il collegamento tra la città murata e il Piano della Fiera, dove si svolgevano le nundinae, scavalcando il vasto fossato della Pietrosa.
Secondo una lapide ritrovata nel 1785 nel corso dei lavori di restauro della Cattedrale, esso fu dedicato all’imperatore Diocleziano (284-305 d.C.). Distrutto da un violento terremoto, fu ricostruito nell’XI secolo e, in una nicchia posta ad una sua estremità, fu posta la statua della Vergine col Bambino che era stata miracolosamente rinvenuta tra le macerie, nascosta nella massa muraria dal tempo della iconoclastia. Nel 1380 la cittadinanza decise di costruire una vera e propria chiesa larga quanto il ponte, così che, durante le Fiere, carri e mercanti erano costretti ad attraversare il luogo sacro. Per impedire questo inconveniente, nella prima meta del 1500 fu deciso di costruire un nuovo ponte, affiancato al primo, in seguito coperto con volte a crociera, così che venne realizzato un passaggio coperto inferiore per i carri e uno superiore per i pedoni e le carrozze.
Ma, crescendo la devozione alla Madonna del Ponte, cresceva anche l’esigenza di ampliare la chiesa, così che di nuovo tutto il ponte fu inglobato dall’edificio sacro; quindi si decise di costruire un nuovo passaggio all’esterno della chiesa, il cosidetto corridoio, per permettere il passaggio di persone e carri, che fu realizzato alla fine del 1500.
Il problema del doppio uso, civile e religioso, del ponte è stato definitivamente risolto all’inizio del 1900 con il riempimento del fosso della Pietrosa e la costruzione del corso Trento e Trieste. Dopo una fase di abbandono, il ponte di Diocleziano è stato sottoposto ad un attento restauro che lo ha trasformato in luogo di manifestazioni culturali e, in virtù della sua straordinaria acustica, in un originale auditorium.
Si diceva all’inizio che Lanciano è una città molto legata al suo passato e alle sue tradizioni, alcune delle quali sono vive ancora oggi, come la festa di S. Egidio, che si svolge la sera del 31 agosto, caratterizzata dalle bancarelle che vendono campanelle di terracotta variamente decorate; la Squilla (23 dicembre), festa della famiglia e della riconciliazione, sottolineata dal suono ininterrotto della campana della torre di piazza Plebiscito dalle 18 alle 19; le processioni della Settimana Santa e di Pasqua, residui delle sacre rappresentazioni medioevali; il corteo storico del Mastrogiurato che, nato nel 1981 per rievocare il glorioso periodo delle Fiere, è ormai entrato a pieno titolo nella tradizione lancianese; la sfilata del Dono dell’8 settembre, seguita dall’asta dei donativi alla Madonna del Ponte; le famose Feste Lancianesi del 14-15-16 settembre, con le sontuose luminarie e i fuochi pirotecnici notturni. Oltre alle feste cittadine, vanno ricordate quelle delle numerose contrade (Iconicella, S. Liberata, S. Maria dei Mesi, ecc.), a cui negli ultimi decenni si sono aggiunte varie sagre.
Alle antiche Fiere si vuole riallacciare la Fiera dell’Agricoltura, organizzata dal Consorzio Autonomo Ente Fiera nel corso del mese di aprile nell’apposita area di contrada Iconicella; ad essa si affiancano, nel corso dell’anno, numerose altre esposizioni che riguardano il settore industriale, artigianale, automobilistico.
Alcuni antichi mestieri, come quello degli agorai o dei funai, ricordati oggi dai nomi di alcune strade cittadine, sono andati perduti, mentre altri, dopo un periodo di crisi, continuano a vivere e a prosperare, come il mestiere del vasaio: esistono infatti in città diversi artigiani che lavorano la creta e producono, oltre ai tradizionali tegami di coccio di varie forme e dimensioni, anche oggetti di buon livello artistico.
Non va dimenticato che Lanciano ha svolto nel passato un ruolo importante nella produzione libraria e culturale. Nelle Fiere, come ricordato, si vendevano anche libri, e già nel XVII secolo si registrava la presenza di piccole tipografie. In questo settore il fiore all’occhiello è rappresentato dalla Casa Editrice Rocco Carabba che, nata alla fine del 1800, intorno al 1915 occupava circa 400 dipendenti e pubblicava centinaia di libri che hanno dato un contributo importante alla cultura italiana del Primo Novecento. Tra i suoi collaboratori ricordiamo Giovanni Papini, che curò la collana della “Cultura dell’Anima”, Prezzolini, Amendola, Soffici, Gobetti, Sapegno, Tagore, Gentile, Di Giacomo, Pirandello, insomma i maggiori intellettuali dell’epoca. Fallita nel 1950, la Casa editrice è tornata a vivere nel 1974 per la passione e la volontà di alcuni intellettuali lancianesi; ad essa si affiancano altre case editrici, come la Rivista Abruzzese e Itinerari.
Lanciano è stata ed è un polo scolastico di primo piano con la presenza di numerosi istituti superiori, tra cui primeggia il suo glorioso Liceo Classico, fondato subito dopo l’Unità d’Italia.
Alla tradizione musicale della città, che vanta una gloriosa Banda e musicisti di fama come Fedele Fenaroli, si legano i Corsi Musicali Estivi, che si svolgono tra luglio e agosto con interessanti manifestazioni. Nati nel 1972, i Corsi richiamano ogni anno giovani allievi di Conservatori, provenienti da tutta Italia e anche dall’estero, che intendono partecipare a corsi di perfezionamento per strumenti ad arco, a fiato, a percussione e di musica d’assieme, tenuti da maestri di fama internazionale. Durante l’estate, in diversi luoghi della città, come nella Piazza d’Armi delle Torri Montanare, nell’Auditorium del Diocleziano, nelle piazze del centro storico, nelle chiese, è possibile assistere gratuitamente a concerti di alto livello, che elevano lo spirito e riconciliano con il mondo.
Negli ultimi decenni la città è entrata nel circuito del turismo religioso per la presenza del Miracolo Eucaristico, il più antico che la Chiesa cattolica ricordi: avvenne nell’VIII secolo nella chiesa di S. Legonziano. Secondo la tradizione, un monaco basiliano, mentre celebrava la Messa, fu assalito da un improvviso dubbio circa la reale presenza di Gesù nel sacramento; davanti ai suoi occhi esterrefatti l’ostia si trasformò in carne e il vino in sangue, che si raggrumò in cinque piccoli globuli. Conservato gelosamente prima dai monaci basiliani e poi dai benedettini, il Miracolo è dal 1258 custodito nella chiesa di S. Francesco, edificata su quella dei basiliani. Migliaia di pellegrini raggiungono nel corso dell’anno la città frentana per visitare il Miracolo, che è stato anche oggetto di diverse ricognizioni ecclesiastiche e scientifiche che hanno attestato, tra l’altro, che la carne è costituita da tessuto muscolare del cuore, che la carne e il sangue appartengono alla specie umana, hanno lo stesso gruppo sang uigno, e che la loro conservazione per tanti secoli è davvero un fenomeno inspiegabile.