Presa d’assalto dai cinghiali, la coltivazione di uno dei prodotti agroalimentari abruzzesi d’eccellenza corre il rischio di estinguersi, con interi raccolti persi ed una produzione ridotta drasticamente del 50%. Il grido d’allarme è arrivato da Ettore Ciarrocca, presidente dell’associazione Produttori della lenticchia di Santo Stefano di Sessanio e referente del Presìdio Slow Food, che ha denunciato l’indifferenza totale di enti e istituzioni davanti al problema dei famelici ungulati, presenti a centinaia intorno ai campi di lenticchie, arrivati quest’anno anche nelle zone abitate del borgo aquilano.
![Scorcio di Santo Stefano di Sessanio (ph. Gino Di Paolo)](https://www.tesoridabruzzo.com/wp-content/uploads/2013/10/gino-di-paolo_sessanio08-900x600.jpg)
Slow Food Abruzzo-Molise scende in campo a sostegno dei produttori di uno dei più vecchi presìdi regionali affinché il Parco del Gran Sasso e Monti della Laga e la Regione Abruzzo producano interventi drastici per salvaguardare la produzione di un legume dalla caratteristiche uniche.
![Eliodoro D'Orazio, presidente Slow Food Abruzzo-Molise (ph. Ivan Masciovecchio)](https://www.tesoridabruzzo.com/wp-content/uploads/2016/05/ventricina4-900x599.jpg)
«Non si tratta di una lenticchia qualsiasi ma di un biotipo preciso che si seleziona in questa zona da tempi immemori – dichiara Eliodoro D’Orazio, presidente Slow Food Abruzzo-Molise –. Basti pensare che le coltivazioni di legumi, e in particolare di lenticchie, in questa porzione dell’Aquilano sono già citate in documenti monastici dell’anno 998. Siamo in piena emergenza, con i produttori allo stremo e il rischio reale di perdere un prodotto importante e identificativo di questo territorio, con inevitabili ricadute sull’economia locale e il progressivo abbandono delle aree interne già in difficoltà. Parco del Gran Sasso-Monti della Laga e Regione Abruzzo devono fare qualcosa e anche in fretta».
Le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio si caratterizzano per essere piccole, saporite e di colore scuro. Per le loro ridotte dimensioni e l’estrema permeabilità, non hanno bisogno di alcun ammollo preliminare. Crescono oltre i mille metri di altitudine. Attorno al borgo mediceo hanno trovato un habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi – al termine dei quali, alla fine di marzo, avviene la semina – e di primavere brevi e fresche.