testo di Ivan Masciovecchio.
Archiviato il 2023 con il riconoscimento speciale di Miglior pane al ristorante assegnato dalla nuova guida I 1000 ristoranti d’Italia delle Guide de L’Espresso, l’osteria contemporanea Mammaròssa di Avezzano (AQ) si conferma – semmai ce ne fosse bisogno – come uno dei luoghi imprescindibili della ristorazione abruzzese, un autentico e accogliente approdo del gusto dove lasciarsi conquistare da profumi e sapori di casa.
Come quelli del pane, ad esempio, diventato dopo anni di sperimentazioni «un pilastro fondamentale della nostra cucina», secondo le parole dello stesso chef Franco Franciosi, che insieme alla sorella Daniela rappresenta la mente e il cuore di Mammaròssa, sostenuto nel proprio agire quotidiano da una multietnica e affiatata squadra di collaboratori provenienti da diverse parti del mondo. Prima del suo meritato periodo di riposo (il ristorante riaprirà il prossimo giovedì 1 febbraio) – che comunque impiegherà «per incontrare contadini, pastori, artigiani, cogliere ispirazioni, guardare inconsueti panorami, ascoltare musica, studiare» – con lui abbiamo voluto approfondire proprio il rapporto con questo alimento simbolico e primordiale, il cibo della condivisione per eccellenza, grazie al quale sentirsi e riconoscersi compagni, cum panis, di strada, di vita, di tavola.
Raccontaci quando hai cominciato ad avvicinarti al mondo del pane.
«Già prima di aprire il locale facevo esperimenti su tutto, soprattutto sul pane. Avevo avuto in regalo del lievito madre con il quale provavo a panificare, poi salivo in macchina per andare a Roma da Gabriele Bonci [uno dei maestri della lievitazione in Italia, in grado di rivoluzionare il mondo degli impasti, ndr] per farglielo provare. Attraverso i suoi consigli tentavo quindi di migliorarlo. Successivamente ho cominciato a studiare in maniera più approfondita sui libri e prova dopo prova nel tempo il pane è risultato sempre più apprezzabile ed apprezzato. All’inizio la farina la acquistavo da mulini locali, ma solo dopo che abbiamo cominciato a coltivare il grano sulle terre dei miei nonni per produrre le nostre farine è cominciata davvero l’evoluzione».
Come prende forma quindi il pane made in Mammaròssa?
«Nasce dalla volontà di non accontentarsi mai, dalla voglia di avere un prodotto che sia completamente frutto del nostro lavoro. Abbiamo iniziato in punta di piedi ed oggi, a distanza di undici anni, il pane di Mammaròssa è un pilastro fondamentale della nostra cucina che comincia ad essere conosciuto anche al di fuori dei confini locali, e questo ci rende molto felici. Lo volevamo non solo per una sfida personale, ma soprattutto per avere il controllo totale della filiera produttiva. Quindi, oltre alle nostre materie prime, abbiamo cominciato a dialogare anche con il territorio scoprendo contadini e coltivatori interessanti dai quali oggi acquistiamo il grano o direttamente la farina. Come nel caso del mugnaio eroico di Tempera, vicino L’Aquila, che macina in un mulino di fine Ottocento ristrutturato e ancora alimentato ad acqua».
Cosa rappresenta per te il pane.
«Per me il pane è piacere, conforto, famiglia. È memoria di gesti, come quello di inzupparne una fetta nel tegame col sugo che bolle; oppure di sapori, come il panino con la frittata incartato nella stagnola quando si andava a sciare. Ricordo ancora le donne che al paese di mia nonna giravano con lunghe tavole di legno sulla testa sulle quali trasportavano cinque-sei filoni di pane di grandi dimensioni. Immagini indelebili…».
Quali e quante tipologie ne produci attualmente?
«Ne sono diverse: facciamo il pane di Rosciola (o risciola), che è un grano di montagna coltivato sotto il Gran Sasso aquilano, così come il pane di Solina, altro grano autoctono dell’Appennino centrale. Abbiamo cominciato pure la produzione di un pane da invecchiamento, capace di resistere anche dieci-quindici giorni e ti assicuro che nel tempo subisce proprio una mutazione che lo affina come avviene col vino, coi formaggi. Inoltre stiamo facendo un ottimo lavoro sul farro, che ci restituisce un pane straordinariamente buono, saporito e digeribile. Infine quest’anno Daniela ha seminato il miscuglio evolutivo del prof. Ceccarelli che dà davvero del filo da torcere perché restituisce un grano difficilissimo da lavorare, debolissimo, che si ribella quasi alla panificazione, però ha sapori e profumi incredibili».
Come le declini queste varietà all’interno dei tuoi menù?
«A Mammaròssa ci divertiamo a fare una sorta di bread pairing, un abbinamento del pane in base alle portate. Si parte con un pane di Solina, estremamente alveolato, soffice, ma con una crosta importante, che serviamo semplicemente con degli oli evo rappresentativi di tutto il territorio abruzzese, dalla Valle Roveto a Pianella in provincia di Pescara, fino a Tortoreto nel teramano. Con il radicchio invece abbiniamo un pane di Rosciola con aceto, olio e una soia fermentata da noi. Poi serviamo una pagnottella intera fatta con un mix di grani di montagna che rappresenta proprio un invito alla condivisione. Siamo infine molto contenti dell’ultimo dolce entrato in carta che è una cagliatella di latte con della nocciola, caffè e pain perdu ovvero del pane raffermo che i francesi lavorano in casseruola con burro e zucchero, davvero straordinario, che noi realizziamo sempre con del pane di Solina».
Per chiudere, puoi farci un bilancio di Quote, il tuo originale racconto culinario del territorio regionale procedendo per quote altimetriche lungo nuove ed insolite coordinate del gusto, e svelarci i progetti per il futuro?
«Quote rappresenta un work in progress, un’idea sempre in divenire, che purtroppo ha dovuto subire un brusco stop dovuto al Covid. Ma si ritrova in maniera stabile all’interno di ogni nostro menù con il quale cerchiamo di raccontare tutte le opportunità che il territorio abruzzese ci offre. Stiamo comunque pensando a nuove iniziative, ci piacerebbe diventasse un piccolo format che possa essere fruito magari tramite una rivista, un libro o dei prodotti multimediali. Vedremo, questo dipenderà anche dai finanziamenti che riusciremo a trovare. Per quanto riguarda i nuovi progetti, tanti ne abbiamo in mente. Per il momento posso dirti che a breve inaugureremo il bistrot di Mammaròssa. Ci sarà da divertirsi…».