La prossima volta che l’amico-sedicente-esperto-di-vini, analizzando con fare pensoso un bicchiere di champagne, ne esalterà la qualità assoluta adducendone a riprova la presenza di un perlage fine e persistente, siete autorizzati a spernacchiarlo pubblicamente. Non esiste nessuna prova scientifica, infatti, che metta in relazione la grandezza e la costanza delle bollicine con la bontà del liquido, tali e tanti sono i fattori che incidono sulla loro nascita e diffusione, a cominciare dalle condizioni di servizio e dalla scelta del bicchiere.
Parola di Gérard Liger-Belair, professore di Chimica fisica dell’Università di Reims, da oltre un decennio impegnato nell’analisi approfondita delle origini e dei comportamenti delle bolle nei vini spumante, giunto a Pescara nei giorni scorsi su invito dell’AIS Nazionale-Progetto per il Sociale nell’ambito di un vero e proprio bubble tour italiano, per una effervescente lectio magistralis che ha avuto il pregio di confutare non pochi luoghi comuni su tutto ciò che riguarda il fenomeno delle bollicine e della rifermentazione in bottiglia.
Come ha ricordato il consigliere nazionale AIS Manuela Cornelii, un momento di altissima didattica ma non solo, in quanto collegato ad un meritorio progetto sociale rivolto alla stampa braille di libri per non vedenti; obiettivo centrato durante il corso della giornata grazie ad una straordinaria presenza di pubblico di appassionati ed addetti ai lavori, accorso in massa per ascoltare le parole dell’illustre ospite.
Partendo dalla stappatura della bottiglia e dalla conseguente dispersione di anidride carbonica (CO2), Gérard Liger-Belair ha subito evidenziato come durante il riempimento di un bicchiere si perda circa un terzo del gas. Esiste comunque un modo per limitare questa perdita, servendo ad una temperatura di circa 5°, ma soprattutto inclinando il bicchiere durante il versamento; questo ci permetterà di mantenere l’effervescenza per un tempo più lungo (circa 10-15 minuti).
Ha quindi suddiviso la vita della bollicina in tre fasi caratterizzanti: la formazione, la risalita ascensionale, lo scoppio (e la morte) una volta giunta in superficie. Grazie ad un microscopio potentissimo, si è potuto osservare che l’origine è dovuta a piccolissime particelle di polvere o, meglio, fibre di cellulosa le quali hanno una particolarità geometrica indispensabile per la formazione delle sfere, essendo cave al loro interno. Questa sorta di tasca d’aria per ragioni fisiche attira la CO2 disciolta nel liquido; la bolla all’interno della tasca aumenta di dimensione fino ad arrivare ad una estremità della fibra dove si rompe in due, liberando da una parte la bollicina e ricreando dall’altra una piccola tasca che darà vita ad un nuovo ciclo fino all’esaurimento del gas disciolto.
Passando alla fase due, Gérard Liger-Belair si è soffermato poi sulle cause che determinano l’aumento di dimensione delle bollicine, le quali si ingrossano grazie all’assorbimento di CO2 durante la risalita verso la superficie, diventando anche più veloci. Di conseguenza, ha affermato che il parametro più importante è rappresentato dalla lunghezza del percorso dal fondo del bicchiere verso l’alto. Solo in seconda battuta, anche la quantità di anidride carbonica presente nel vino – prodotta in rapporto all’aggiunta di zucchero di dosaggio – influenza la grandezza delle bolle. Appare evidente quindi l’importanza fondamentale che assume la forma del bicchiere nella degustazione in quanto a parità di qualità e quantità di Champagne versato, una flûte alta e stretta darà bollicine più grosse rispetto ad una coppa bassa e larga. Inoltre – ha proseguito il professore – la diversa geometria del bicchiere influisce in modo chiaro anche sull’assaggio perché più aumenta la superficie di scambio tra vino ed atmosfera, più questa influirà sulla evoluzione del liquido e sulla possibilità che si presentino fenomeni ossidativi.
Prima dell’approdo finale con conseguente esplosione di centinaia di micro gocce per diversi centimetri sopra la superficie del bicchiere – altro aspetto fondamentale della degustazione, poiché l’evaporazione di una parte di queste goccioline contribuisce alle percezioni aromatiche del vino – l’ultima meraviglia il prof. Liger-Belair l’ha regalata per mezzo di una tomografia laser con la quale ha potuto osservare i movimenti tumultuosi presenti nel bicchiere che consentono al liquido di mantenersi in perenne movimento, paragonandoli ai vortici degli oceani osservati dalla Nasa al largo del Sudafrica. Un’immagine straordinariamente suggestiva che ha suggellato nel migliore dei modi un viaggio oltre i confini del visibile al termine del quale niente potrà essere più come prima. A cominciare dal prossimo perlage fine e persistente che andremo ad osservare ed al quale l’amico-sedicente-esperto-di-vini attribuirà, rapito, chissà quali meraviglie.