Centro operoso ed economicamente assai dinamico. Negli ultimi decenni un vivace sviluppo demografico ed edilizio ha operato profonde trasformazioni sulla originaria caratterizzazione agricola. Ma tra le pieghe della modernità esistono ancora segni di un tempo remoto e ricco di suggestioni
testo di Simone Gambacorta
Adagiata nella zona settentrionale della Val Vibrata, Sant’Egidio – circa 9 mila abitanti – custodisce una storia suggestiva e folta di avvenimenti. Forze e culture diverse si sono succedute in quest’area valligiana, lasciando sedimenti che ancor oggi testimoniano di un passato antico e variegato. E volendo abbandonarsi a una rapida ricognizione, sia pure volgendo a ritroso uno sguardo così agile da poter apparire persino sommario, si noterà che Sant’Egidio fu vico romano col nome di Ilium, e che sotto Cesare Augusto rientrò nella V Regione d’Italia Picenum. Né si potrebbe omettere di rammentare che anche i Longobardi, tempo dopo, ne fecero suolo di occupazione, lasciandovi del resto tracce copiose (come per esempio la fortificazione di Faraone) e rimanendovi fino al 793, vale a dire sino a quando Carlo Magno, nell’istituire il Regno della Chiesa, sottrasse Sant’Egidio dai perimetri che definivano il Ducato di Spoleto, a cui Sant’Egidio era stato annesso proprio nel corso della dominazione longobarda, a seguito di una contesa che vide soccombere quello di Benevento.
A Sant’Egidio fu poi inflitto un doloroso fendente nel 1304, quando cioè Ascolani e Teramani si fronteggiarono in una conflitto che vedeva questi ultimi reclamare la titolarità dell’Alta Vibrata: esito del contrasto fu la distruzione, avvenuta per mano ascolana, della Chiesa Priorale di Sant’Egidio. Del resto neppure il futuro avrebbe arriso a quell’edificio, che subì altri danni a causa di eventi sismici; e solo la costruzione di una nuova facciata (1524) offrì il destro per una ristrutturazione completa della Chiesa, nel cui portale – ancor oggi – si staglia l’immagine di San Bernardino da Siena, a testimonianza delle prediche lì pronunciate dal Santo. La Chiesa di Sant’Egidio Abate, infatti, risale al XII secolo ed è in stile Romanico: essa nacque verosimilmente come priorato monastico dell’Abbazia Benedettina di Monte Santo (nel sito di una primitiva chiesa dell’VIII secolo) ed esibisce taluni caratteri specifici dell’architettura abruzzese (monofore con archivolto in pietra in un solo blocco, strombatura interna).
Nel 1809, su editto di Gioacchino Murat – e con l’entrata in vigore del Codice Napoleonico – Sant’Egidio, al pari di Faraone, fu inclusa nel circondario di Civitella del Tronto. E se in epoca Borbonica fu sede di una dogana tra Regno delle Due Sicilie e Stato Pontificio, oltre che luogo di raccolta di truppe destinate alla difesa dei confini durante i moti del 1821 e del 1831, l’Unità d’Italia sancì l’acquisizione del Comune di Faraone, acquisizione cui seguì un Decreto Regio (23 giugno 1863) che ufficializzò la denominazione di Sant’Egidio alla Vibrata. Oggi il Comune di Sant’Egidio vanta una vivacità imprenditoriale che ne fa uno dei centri industriali più prolifici della provincia di Teramo, in particolare per quanto attiene al settore manifatturiero.