testo di Ivan Masciovecchio.
Trentotto ettari di cui ben trenta vitati a corpo unico ed i restanti dedicati a oliveto, esposti prevalentemente a sud-est protetti alle spalle dal massiccio del Gran Sasso d’Italia ed in gran parte disposti a teatro attorno ad un fiabesco laghetto artificiale con vista panoramica sulle dolci rotondità della Maiella madre. Rinfrescati dall’aria salmastra dell’Adriatico poco distante, è in questo contesto di commovente bellezza che i vini (e la storia) della Fattoria Nicodemi prendono forma e sostanza.

Siamo in territorio di Notaresco, nel cuore delle Colline Teramane. Al timone dell’azienda i fratelli Elena ed Alessandro Nicodemi – con la prima a districarsi tra ciclo produttivo e commercializzazione ed il secondo, già presidente del Consorzio Tutela Vini Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo DOCG, impegnato soprattutto nella cura degli aspetti amministrativi –, ma tutto nasce nel 1970 grazie a papà Bruno il quale, dopo aver ricevuto in eredità una vera e propria fattoria con tanto di animali annessi, lentamente decide di dedicarsi solo alla produzione di vino, coltivando esclusivamente uve autoctone di Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo, con le prime bottiglie di bianco commercializzate a partire dal 1977.

La sua prematura scomparsa avvenuta nel 1997 porta i figli ad interrogarsi sul proprio futuro; loro che, cresciuti da cittadini dell’Urbe, la campagna l’avevano vissuta solo d’estate, giocando tra i filari e le piante di ulivo. Il richiamo della terra ha però presto il sopravvento, come un amore al quale non ci si può sottrarre. Due, tre anni per capire cosa fare ed alla fine, sospinti da quell’entusiasmo inconsapevole tipico dei giovani, dal 2000 hanno dato avvio al loro progetto basato su vini ed etichette nuove, raccogliendo l’eredità del lavoro paterno ma sentendosi liberi al contempo di sperimentare strade non ancora battute, provare a ricercare le tecniche più idonee per produrre vini aderenti al territorio adottando uno stile personale e riconoscibile, sempre nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità, perché «quello che si fa in cantina nasce dalla vigna».

Ed è proprio da questa attitudine che arrivano anche le ultime due etichette prodotte in casa Nicodemi vale a dire il Cocciopesto Trebbiano d’Abruzzo DOC e il Notàri Cerasuolo d’Abruzzo DOC Superiore, presentate nei giorni scorsi ad un parterre di addetti ai lavori nel corso di un incontro a bordo vigna conclusosi con una gustosissima selezione gastronomica curata dal ristorante PerVoglia di Castelbasso (TE). Presentate da Elena e dall’enologo Mirko Niccolai – toscano di provenienza ma ormai in pianta stabile nello staff aziendale – sono state proposte le annate 2017, 2018, 2019, 2020 del bianco e la 2021 del Cerasuolo.

Avviato nel 2017, il progetto Cocciopesto nasce dall’esigenza di trovare un altro contenitore, oltre al legno, in grado di donare longevità al vino senza alterarlo, concentrandosi esclusivamente sulle macerazioni. Ecco quindi la scelta di utilizzare giare di cocciopesto realizzate con un impasto a crudo di laterizi, frammenti lapidei, sabbia, legante e acqua capace di favorire la micro-ossigenazione e respingere l’umidità grazie alla sua notevole porosità. Le uve provengono da un vigneto di oltre cinquant’anni, impiantato su un terreno calcareo argilloso di medio impasto. Diraspate ma non pigiate e fermentate nel cocciopesto con lieviti indigeni, vengono tenute a macerare per una decina di giorni circa – il periodo varia comunque a seconda dell’andamento della stagione – durante i quali si eseguono follature manuali. Dopo la svinatura il vino torna nel cocciopesto dove termina la fermentazione continuando il suo affinamento fino al momento dell’imbottigliamento, che avviene senza nessuna filtrazione.
Al di là dei riconoscimenti già ottenuti, come la menzione di Grande Vino per l’annata 2017 assegnata dalla guida Slow Wine 2020 edita da Slow Food, alla prova d’assaggio le quattro annate – tutte caratterizzate da alte temperature – hanno restituito una certa coerenza di fondo, sia al naso, sia al palato, con la 2018 forse con un sorso un po’ più rotondo e meno sapido di quanto ci si potesse aspettare e la 2020 più equilibrata e bilanciata, di grande eleganza e sviluppata mineralità.

Infine, in merito al Notàri Cerasuolo d’Abruzzo DOC Superiore, nato da una selezione di uve raccolte da vecchie pergole di quasi cinquant’anni seguendo due percorsi diversi di vinificazione – vale a dire il salasso per quelle provenienti dalla parte più alta del vigneto ed una breve macerazione per quelle della parte più bassa, riunite poi al termine della fermentazione per un periodo di maturazione di quattro mesi in vasche d’acciaio in agitazione periodica sulle proprie fecce fini – così lo ha raccontato la stessa Elena: «Questo nostro ultimo progetto aziendale prende respiro sulla scia della sfida costante che ci porta a sperimentare e ricercare nuove idee su terreni poco battuti. Con questo spirito abbiamo prodotto per la prima volta, con la vendemmia del 2020, un vino che rispetti la tipicità del Cerasuolo d’Abruzzo, ma che al contempo risulti più complesso, strutturato, intenso, frutto del nostro desiderio di scoprire un lato diverso delle uve Montepulciano d’Abruzzo. Un vino di grande eleganza e struttura che entra a far parte della linea Notàri, l’antico nome del comune di Notaresco, con cui intendiamo evocare il carattere delle colline e dei vecchi vigneti, tesoro della nostra produzione». Dal sorso piacione ma non stucchevole, grazie ad una notevole componente acida, viene commercializzato in una elegante bottiglia di vetro scuro allo scopo di far comprendere che il Cerasuolo d’Abruzzo, e questo in particolare, non è solo un vino da bere a secchiate nella bella stagione, ma anche da gustare nel resto dell’anno, servendolo magari pure con qualche grado di temperatura più alto in accompagnamento a qualche zuppa di legumi. Per un’esplosione di piacere senza pari.