Su una collina a nord di Pescara, tra l’immensità dell’Adriatico e la maestosità della Maiella e del Gran Sasso sorge uno dei borghi più belli d’Italia
testo di Valentina Tenaglia, foto di Andrea Straccini
Su una collina a nord di Pescara, tra l’immensità dell’Adriatico e la maestosità della Maiella e del Gran Sasso sorge Città Sant’Angelo, uno dei borghi più belli d’Italia. Un paese che è risorto dalle sue stesse ceneri come una fenice, regalandoci la bellezza di un posto fuori dal tempo, dove la storia trasuda da ogni pietra, angolo o scorcio che si apre improvvisamente agli occhi camminando per le antiche vie. Le origini di questo caratteristico borgo sono controverse e sono state oggetto di numerose discussioni storiche, dovute con ogni probabilità alla distruzione del paese avvenuta nel 1239 per mano di Boemondo Pissono, chiamato il “Giustiziere d’Abruzzo”. L’allora Civita Sancti Angeli fu ricostruita successivamente e in momenti diversi, fino a delineare il centro storico come lo conosciamo oggi, con la cinta muraria, le antiche porte, ancora parzialmente conservate, e il corso principale che interseca i vicoli e le stradine chiamate “rue”. Il culto dell’Angelo, di eredità Longobarda, è stato preservato e lo ritroviamo ancora oggi nello stemma comunale, dove troneggia la figura di San Michele Arcangelo mentre uccide il drago. Sempre al Santo è dedicato il monumento simbolo del borgo, la Collegiata, imponente edificio eretto nel 1353 ornato da un campanile alto 48 metri e che conserva lo splendore delle due navate, del portico in pietra e della pregevole gradinata d’accesso. Al suo interno i visitatori possono ammirare tesori preziosi come i ricchi altari in legno dorato, impreziositi da splendidi affreschi, la statua lignea di san Michele o il coro intagliato in legno con leggio, appartenente al XVII secolo. Passeggiando lungo il corso principale del borgo, si svelano agli occhi degli avventori i preziosi palazzi baronali e gentilizi; la chiesa di San Francesco, con la sua torre campanaria, il pavimento a mosaico di diverse forme e colori e il convento che oggi è sede di uffici comunali; e la chiesa di Santa Chiara, con i dorati stucchi barocchi e la sua originale struttura a matrice triangolare cupolata, unica in Abruzzo. Proseguendo all’interno della cinta muraria s’incontra l’attuale Auditorium di Sant’Agostino, nella cui zona retrostante si ipotizza la presenza di un castello, eretto in epoca precedente la distruzione del ’39 e la chiesa di San Salvatore, sede del Museo Civico all’interno del quale sono conservate le rinomate “Chinocchje”, oltre a reperti archeologici rinvenuti nel territorio. Storia e cultura si fondono poi nel Museo Laboratorio d’Arte contemporanea, collocato nell’Ex Manifattura Tabacchi e che rappresenta un punto di riferimento importante vantando collaborazioni con la Biennale di Venezia e di Istanbul. Continuando la visita del borgo si scopre poco a poco tutto il fascino di un luogo dove l’orgoglio e la dignità dei monumenti e delle numerose chiese svelano un passato dal grande valore architettonico e culturale che si plasma perfettamente nel presente creando una sorta di parentesi nel tempo. Una sensazione che permane anche dopo essere usciti fuori dalle antiche mura, di cui restano parzialmente conservate le quattro porte chiamate Porta Borea, Porta Casale, Porta Sant’Egidio e Porta Nuova. Qui, sul colle di Santa Chiara, sorge la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, dove sono conservate le reliquie del Santo in un tripudio di decorazioni barocche e di stucchi colorati. Questo incredibile connubio tra passato e presente, in un luogo dove è possibile abbracciare con un solo sguardo l’immensità del mare e la maestosità delle montagne abruzzesi, è reso ancor più piacevole dalla forza del fiero popolo angolano, che ha saputo dare vita e sapore al borgo con un calendario di eventi culturali e gastronomici che ogni anno richiama visitatori e turisti provenienti da ogni dove. È imperdibile, ad esempio, la sfilata a tema delle varie contrade che si sfidano in occasione del Carnevale, una manifestazione di grande richiamo e dalle radici antiche noto come il carnevale di ‘Ndirucce. Siamo intorno a fine ‘800 e il calzolaio Antero De Tollis, ‘Ndirucce appunto, amava animare il carnevale con i suoi sonetti in rima (o “ttavitte”) accompagnati da musica popolare con i quali di divertiva a denunciare malefatte e fatti di cronaca scandalistica cittadina in una sorta di “satira” del tempo. Un’ intera decade di luglio è poi dedicata alla manifestazione “Dall’Etna al Gran Sasso”, un gemellaggio culturale e gastronomico tra Città Sant’Angelo e Nicolosi, dove le tradizioni abruzzesi e siciliane si incontrano tra le antiche rue del borgo. Artigianato artistico, musica popolare, sfilata di carretti siciliani, gruppi folcloristici itineranti e, ovviamente, la degustazione dei piatti tipici delle due regioni. È oltremodo affascinante prendere parte al Presepe vivente, quando tutto il paese è illuminato solo dalle luci delle torce e l’atmosfera è carica di partecipazione e condivisione. L’intero borgo si trasforma e la sensazione di vivere fuori del tempo si fa ancora più forte quando tra i vicoli, le piazzette e i porticati sono rievocati gli antichi mestieri, così che il presente si plasma con il passato in un continuum ricco di pathos.