testo e foto di Aldo Giorgio Pezzi e Stefano Cecamore
La villa, commissionata dai baroni Masciarelli, unitamente ai disegni per l’albergo-pensione a Roccadimezzo (Aq), rappresenta l’ultima e significativa fase dell’attività progettuale dell’architetto romano, legata soprattutto ad opere di edilizia civile realizzate nella capitale e testimonia il forte interesse di Gavini per l’Abruzzo; sentimento che, maturato durante i primi anni del secolo in seno all’Aacar (Associazione artistica tra i cultori di architettura di Roma) ed evidenziato dai numerosi saggi sull’arte medievale abruzzese che Gavini pubblica nelle maggiori riviste specialistiche del tempo, sfocerà nell’intensa attività lavorativa post-sisma e nella redazione della nota Storia dell’Architettura in Abruzzo (1927-28), opera che ancora oggi appare quale riferimento d’obbligo per gli studiosi della materia. Dell’impianto originario della villa, un complesso di notevoli dimensioni distribuito lungo un pendio in posizione dominante rispetto al resto dell’abitato, restano da tempo solo alcuni elementi dell’area più a valle, quella che ancora oggi gli anziani del posto ricordano come gli “orti Masciarelli”. Una significativa foto d’epoca degli anni Dieci del Novecento, di poco successiva alla realizzazione dell’intero progetto, mostra la distribuzione a terrazzamenti dei vari corpi di fabbrica comprendenti a monte la villa, corredata da un casino e dal belvedere, sapientemente inseriti nel paesaggio circostante caratterizzato da coltivazioni ad ulivo. Nonostante la perdita dell’assetto originario, la grande suggestione d’insieme traspare ancora dai pochi resti della fontana, quasi completamente occultati dalla vegetazione, ma ancora visibili alle spalle dell’attuale chiesa di San Sebastiano. I due corpi principali della fonte, posti lungo un terrapieno – probabilmente l’originario belvedere della villa – costituiscono un episodio scenico di esplicito gusto manierista, concluso da una grande vasca con mascherone; distante dalla tipologia a stelo di fattura otto-novecentesca di numerose fontane urbiche abruzzesi, la fonte Masciarelli richiama invece gli impianti rurali “a parete” caratterizzati da vasche addossate a terrapieni, spesso inquadrate da lesene e scandite da cornici, nicchie e arcate, destinati all’abbeveraggio degli animali e all’approvvigionamento idrico dei campi. Non si tratta, però, di una struttura a carattere pubblico realizzata per rispondere alle esigenze della collettività, come la vicina Fonte Vecchia, ma di un apparato decorativo posto a corredo del parco privato della villa; una sorta di giardino delle delizie animato da sculture e giochi d’acqua disegnati per evocare suggestioni manieriste forse suscitate dai resti, all’epoca ancora visibili a poca distanza da Popoli, della residenza suburbana dei Cantelmo detta “il Giardino”, fra i principali esempi di ville rinascimentali in Abruzzo. Gavini, nel suo progetto per Paterno di Avezzano (Aq), realizza una quinta dal forte impatto scenografico in cui l’eclettismo emerge con evidenza nel trattamento degli elementi architettonici e decorativi, come la lesena ad incasso conclusa da una protome animalesca che inquadra la nicchia del corpo superiore della fontana, i festoni di ispirazione barocca e la lavorazione a foglie di palma che richiama la cosiddetta scuola casauriense. Di grande interesse la scultura, posta a chiusura della grande vasca di circa sette metri di diametro, che richiama nell’impostazione generale il mascherone scolpito da Giacomo della Porta per la fontana eretta nel 1593 nel Campo Vaccino a Roma, demolita all’inizio del XIX secolo e in parte ricomposta dal soprintendente Antonio Munõz nelle forme attuali in Piazza Pietro D’Illiria negli anni Trenta dello scorso secolo. Nulla resta purtroppo dell’edifico principale, andato completamente perso a seguito del sisma del 1915; uno studio di prospetto, realizzato a matita ed acquarello su carta e conservato presso il Centro di Studi per la Storia dell’Architettura a Roma, restituisce un progetto caratterizzato da un contenuto medievalismo; un volume compatto sviluppato su tre livelli con le facciate rivestite da una raffinata finitura a ricorsi di mattoni e una torre merlata d’angolo a segnare l’ingresso principale. L’intero complesso risente della formazione dell’architetto romano, influenzata dai principali esponenti della cultura architettonica dell’epoca, a partire dal noto storico e restauratore Gustavo Giovannoni. L’interesse e la conoscenza dell’arte medievale e rinascimentale di Gavini si espicita così, a Paterno, nel riferimento al medievalismo che caratterizza alcune costruzione coeve di Roma, come quella di villa Graziosi-Lante della Rovere dell’architetto Giovanni Riggi. I ruderi, ad oggi, risultano vincolati ai sensi della L. 1089/1939, anche se restano costantemente soggetti al rischio di espoliazione e al degrado dovuto alla mancanza di manutenzione dell’area.