Testo di Greta Massimi Foto di Gianluca Palma
Il Convento di Santa Maria Assunta in Colleromano, ubicato nella città di Penne, è un luogo simbolo di uno dei quattro colli della località vestina.
ll convento di Santa Maria Assunta in Colleromano, ubicato nella città di Penne, è un esempio importante della compresenza della storia artistico-culturale e religiosa che abbiamo sul territorio. Le vicende del complesso monastico ci sono tramandate in primo luogo dalla Corografia di Antonio Ludovico Antinori (XVIII secolo) e da Luigi di Vestea (XX secolo), che raccontano come la Chiesa – originariamente distaccata dal Convento de’ Minori Osservanti Riformati – situata sul Colle Romano, era un sontuoso edificio, a tre navate, con archi “alla Gotica”, la quale venne fondata sulle rovine della più antica Chiesa di Santa Maria di Colle Romano. Su disegno dell’architetto Fontana, nel 1792, ne vennero assicurate la conservazione delle sculture medievali della porta. In origine si configurava come una fondazione cistercense che dalla regola di San Benedetto passò a quella francescana. I conventuali intorno al 1575 vennero riformati (ne facevano parte gli zoccolanti, le clarisse e i cappuccini). La basilica conventuale, oggi scomparsa, vedeva al suo interno le sepolture di personaggi importanti. Con l’avvento di Napoleone gli Ordini religiosi, non essendo riconosciuti, abbandonarono l’edificio per poi ritornarvi. Qui inizia la storia della Chiesa dei riformati a Colleromano nell’Ottocento, con gli elementi medievali, rinascimentali e soprattutto barocchi. Tra i più importanti abbiamo l’altare ligneo ad arco trionfale datato tra Cinquecento e Seicento e la quadreria ospitata nel Museo e nella Chiesa. La facciata venne disegnata dall’architetto Domenico Fontana verso la fine del Settecento.
Il convento di Colleromano e la Chiesa rappresentano una vera e propria stratificazione storico-artistica. All’interno vi sono due Chiostri di cui il più grande, adibito attualmente a lapidarium, ospita frammenti scultorei che vanno da epigrafi romane a sculture moderne, elementi architettonici classici, passando attraverso elementi alto-medievali, fino alle maioliche contemporanee realizzate da Francesco La Guardia che raccontano la storia d’Abruzzo dell’ordine francescano. La prima cosa che si può ammirare è la Chiesa a partire dal portale databile alla fine del XIII secolo, ricco di rilievi raffiguranti figure fantastiche, tra cui il trifronte, un volto barbuto, profili maschili e femminili, fiori intagliati ecc. Il lavoro del portale, effettuato da una bottega di lapicidi, presenta molte somiglianze con quello della Chiesa di Santa Maria a Mare di Giulianova. Al centro della lunetta è inserito un altorilievo con la Madonna in trono e Gesù bambino. All’interno della Chiesa troviamo tre navate scandite da pilastri poligonali su cui poggiano archi acuti che sono un elemento originale sopravvissuto ai restauri degli anni ’50 del Novecento (i quali intervennero pesantemente sugli elementi originali). L’involucro esterno – abside poligonale, facciata e pareti, il campanile – sono frutto dell’intervento novecentesco. Vi sono otto altari superstiti di cui quattro su ogni navata laterale.
Tra i più importanti figurano i due altari lignei che, contrariamente a quanto avviene, sono stati conservati. Il primo, nella navata destra, è dedicato alla Sacra Famiglia con una tela di pregevole lavorazione, sopra di cui vi è una piccola tela che rappresenta una scena di vita quotidiana di Maria, Gesù e Sant’Anna. Il secondo, nella navata sinistra, è dedicato a Sant’Antonio di Padova.
Notiamo che il santo è raffigurato secondo la prima iconografia antoniana come testimoniano la presenza del giglio e del libro della Sacra Bibbia. L’altare inoltre si caratterizza per la lavorazione in oro, ricca di elementi decorativi come le colonne tortili di stile baroccheggiante. Guardando sopra l’altare troviamo in successione il dipinto murale raffigurante appunto Sant’Antonio, poi una piccola tela rappresentante la Vergine Immacolata e i Santi Antonio e Giovanni duns scoto e in cima lo stemma del casato dei Polacchi che commissionò l’opera. Nel secondo altare della navata sinistra troviamo l’altare in stucco realizzati da Giovan Battista Gianni che ospitano dipinti di epoche diverse tra cui un San Francesco in preghiera attribuito al fiammingo Aert Mytens. Altri due dipinti appartenenti allo stesso artista, si trovano all’interno del monumentale altare maggiore in legno, finemente scolpito e ornato con mascheroni ed elementi vegetali, indorato dell’ortonese Bernardino Altobelli nei primi decenni del 1600 rappresentanti l’uno, lo Sposalizio di Santa Caterina e l’altro, San Girolamo Penitente. Si tratta di un elemento appariscente e caratteristico sfuggito dallo smantellamento. Ricordiamo inoltre che al centro, sul basamento grande, vi è la Madonna Assunta in cielo con alla sua destra, San Francesco e a sinistra, San Bernardino da Siena. Nel coro si ammira il più antico dipinto superstite della Chiesa rappresentante un Santo databile tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento. All’interno del convento il Chiostro grande ospita una grande statua raffigurante la Vergine con il modellino della Chiesa, unico elemento superstite della decorazione della facciata del 1792, un Sant’Antonio acefalo scolpito in prima iconografia e una colonna romana in stile corinzio. I locali del convento ospitano un museo e soprattutto una splendida biblioteca. Si accede a quest’ultima aprendo una piccola porta in noce, attribuibile al 1540 (già della sagrestia). Al suo interno è conservata, in scaffali in legno di ciliegio, intarsiati divisi da colonne (con capitelli finemente scolpiti e con datazione numerica romana che riconduce al 1845), una ricca collezione di incunaboli, cinquecentine e altri volumi di epoca successiva. In una bacheca sono esposti dei documenti rinvenuti tra il materiale librario tra i quali spicca una bolla di Bonifacio VIII relativa al Giubileo del 1300 e dei frammenti di manoscritti duecenteschi. Tra questi si segnala un foglio del Codex Iustinianus (testo fondamentale del Corpus Iuris Civilis), copiato probabilmente a Bologna nell’ultimo quarto del XIII secolo e arricchito di una iniziale ornata di gusto francesizzante. Inoltre si segnala la presenta di un innario a stampa con notazione neumatica, con borchie d’ottone, iniziali decorate minuziosamente.
Di grande interesse è il museo strutturato come una sorta di wunderkammer, che vede la compresenza di oggetti di culto, di uso quotidiano e tanto altro, di varia provenienza. Qui è possibile visionare tele appartenenti a diversi artisti ed epoche. Tra i più interessanti si segnalano le pale dei pittori pennesi Leonzio Compassino e quelle di Domiziano Vallarola dell’Ottocento. Del primo vi è quella firmata dall’artista, datata 1619, raffigurante la Madonna con i Santi Benedetto, Scolastica e Carlo Borromeo. Inoltre vi sono i dipinti del veneziano Vincenzo Damini e del napoletano Nicola Malinconico.
Di quest’ultimo la Madonna con il Bambino e Sant’Anna del 1669. Oltre alla pinacoteca, il museo ospita una sezione etnografica con reperti provenienti da varie parti del mondo che i missionari riportarono dai loro viaggi e oggetti e utensili della tradizione contadina abruzzese. Inoltre sono presenti incisioni, reliquie, un volto santo impresso su un velo sottile (visibile da ambo le parti) e statue e busti in cera. La cornice del monumento inoltre è costituita da un boschetto che vede la presenza di un lecceto e di un esemplare di roverella secolare, riconosciuto come monumento nazionale naturalistico, e la presenza di un sentiero che permette di godere dei vari scorci paesaggistici. Da anni il convento francescano non ospita più frati e, a seguito del terremoto del 2009, parte della struttura necessita di interventi di consolidamento. Dal 2004 l’Associazione fondata da Fra Bernardino, intitolata a San Cesidio (giovane frate abruzzese che divenne santo a seguito di due miracoli compiuti a Penne), si occupa della salvaguardia dell’intero patrimonio museale e bibliotecario. Ricordiamo che la realizzazione del Museo è stata possibile grazie al lavoro svolto anche da Padre Ermenegildo e Padre Benedetto. Attualmente l’associazione porta avanti il lavoro dei frati che, dal 2009, è esteso all’intero complesso monastico, nonché al bosco circostante. Una parte del convento è adibito a foresteria, dall’altra si svolgono attività culturali e mostre. Per visitare il Convento e per avere ulteriori informazioni si possono contattare Massimo 3934633330 e Pietro 3284870546.
Dichiarazioni:
Sindaco del Comune di Penne, Dott. Mario Semproni «Il complesso monastico di Colleromano si erge maestoso su uno dei quattro colli di Penne, sin dalla sua fondazione ha svolto una funzione non soltanto spirituale, ma anche sociale, economica e culturale. Ancora oggi, a distanza di secoli dalla sua fondazione, ha una particolare valenza per la comunità in ragione della sua storica vocazione alla memoria che si è tradotta in una ricchissima biblioteca, ove, ospitati in eleganti armadi di ciliegio, troviamo incunaboli, cinquecentine e pergamene, che hanno affascinato studiosi provenienti da tutta Italia. L’amministrazione comunale ha profonda attenzione verso il patrimonio storico. Il nostro obiettivo è recuperare il complesso monastico di Colleromano e dargli una vocazione culturale e turistica».
Presidente di Italia Nostra – Sezione di Penne, Dott. Antonio Di Vincenzo «Italia Nostra – Sezione di Penne si prefigge lo scopo di conservare e tutelare il patrimonio culturale ed ambientale della città e di tutto il suo circondario. Di importanza fondamentale vi è il Convento di Colleromano per la sua storia artistico-culturale e religiosa. Si auspica un recupero totale del complesso monastico riaprendo la Chiesa e il Convento e di verificare la possibilità di creare un vero e proprio turismo religioso, adibendo parte dei locali alla sua ricettività e alla produzione e alla vendita interna di prodotti tipici, “utili” anche alla sussistenza dello stesso edificio».