Fra’ Nicola Torretta viene ricordato come “l’ultimo eremita del Gran Sasso” da una lapide posta all’ingresso di Isola del Gran Sasso nel 1986, ricorrenza del centenario della sua morte
a cura della redazione
Infaticabile lavoratore e restauratore di eremi, conventi e chiese della zona, fu convertito dalla predicazione dell’Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo. Nato a Picciano (all’epoca in provincia di Teramo) nel 1803, si trasferì poi a Castelli con la famiglia, benestante ma caduta in cattive acque a seguito di un furto subito dal padre commerciante di stoffe. Ragazzo dotato di manualità, intelligenza e fantasia iniziò a lavorare come contadino, ma rimase molto colpito dall’eloquenza e dalle prediche di don Gaspare del Bufalo e dei suoi missionari, giunti nel paese su richiesta del sindaco di Teramo. Frà Nicola rimase folgorato dalle parole di fede che ascoltava, cambiò vita lasciando casa e lavoro, e si spinse alle porte di Ortona dai frati Cappuccini, ma non vestì mai l’abito monastico rimanendo un laico solitario. A lui si deve il restauro, e per molti versi la stessa sopravvivenza, degli eremi di Santa Maria a Pagliara, di Santa Colomba, di San Nicola di Fano a Corno e di San Cassiano, così come la costruzione dell’eremo di Frattagrande, dove decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita santa e laboriosa.
Santa Maria a Pagliara
Nel 1825 fra’ Nicola ricostruì questo luogo sacro abbandonato, aggiundo una zona abitabile per viverci. Le prime notizie storiche sulla chiesetta risalgono al 1324, quando viene menzionata nelle decime con il nome di Santa Marie de Paliaria. La sua struttura risale al IX secolo ed era parte di un castello di proprietà dei Pagliara (detti anche di Collepietro), famiglia illustre alla quale apparteneva anche San Berardo, vescovo di Teramo di inizio XII secolo. La chiesa ha due ingressi, il primo con due ampi gradini in pietra dominato dal piccolo campanile a vela, l’altro sul lato più lungo. Tutto l’edificio si adagia per uno spigolo ai resti delle mura dell’antico castello, seguendole per un lato; gli altri 3 si affacciano sul pianoro che vede la cima del colle. Gli abitanti di San Massimo vi salgono per festeggiare la Madonna con canti e processioni; la data della festa varia in base al tempo. Se è buono si tiene la domenica dopo Pasqua, altrimenti si rimanda alla domenica sucessiva e così via fino al bel tempo.
San Nicola a Fano Corno
L’eremo nasce sotto la giurisdizione dell’abbazia di Santa Croce di Fonte Avellana e la sua fama è legata ai due fondatori: il Beato Placido da Roio e San Pier Damiani. Nel 1393 l’abbazia camaldolese passò in commenda e per San Niccolò a Corno iniziò una decadenza culminata nell’abbandono da parte dei monaci che si trasferirono nella vicina badia di San Salvatore a Fano a Corno. La chiesa vista di fronte ha una forma perfettamente quadrata e i tre archi della volta dividono la struttura in quattro vani di eguale grandezza; un tetto a capanna copre la navata. Sopra all’altare si trovava una preziosa opera di maiolica di Castelli, forse realizzata dal maestro Cappelletti, composta da 24 formelle e raffigurante due dei più noti miracoli di San Nicola. Oggi l’antico quadro è stato murato nella chiesa di Casale San Nicola e sostituita da una copia recente.