La valorizzazione delle carni bianche in un piatto nobile leggero e gustoso, reso prezioso da una preparazione semplice e rigorosa da oltre un secolo prima che diventassero patrimonio comune
È la notte, quando il tegame viene messo a riposare che la natura rinnova il suo prodigio. Il sugo filtrato nel panno bianco, completamente sgrassato, circonda, penetra nella carne, si rassoda in trasparente gelatina, e la rende morbida, gustosa all’assaggio.Verrà tagliato l’indomani, nel momento d’essere servito. Il primo assaggio è con lo sguardo: una carne bianca con un profumo soave, accanto la gelatina dal colore dorato, che, con il semplice tocco del piatto, vibra mostrando mille colori, mille sfumature.Poi il gusto di assaggiare. Un piatto leggero e gustoso, reso prezioso da una preparazione semplice e rigorosa. Il tacchino: massimo di cinque o sei chili, cresciuto nel pascoli dei colli che ha ornato con la sua ruota sgargiante nel conquistare l’adorata di turno. Età non superiore ad undici mesi.
La preparazione: quella dei canzanesi che sanno estrarre il meglio dal tacchino, dalle sue carni, dal midollo delle sui ossi rotti, con l’aggiunta degli aromi naturali del posto. La cottura, per cinque o sei ore, nel forno rigorosamente a legna, in un tegame di coccio, coperto appena infornato, con acqua bollente, quel tanto che basta.