Il Calendario Valvense nel piccolo Oratorio di San Pellegrino a Bominaco (Aq),scrigno di epoche passate, testimone del lavoro di artisti sopraffini, al confine tra la sapienza della classicità e le Sacre Scritture
testo Alessandra Giancola, foto Gino di Paolo
Come in ogni storia dal sapore antico, vi è un luogo incantato, nascosto agli occhi degli ignari, scrigno di tesori dal valore inestimabile. Sono protetti dalle alte cime delle montagne d’Abruzzo che accompagnano l’andamento della piana di Navelli, uno dei pochi accessi tra gli Appennini. Sono sufficienti pochi minuti e, abbandonando la strada a scorrimento veloce che ripercorre l’antico tratturo, ci si immerge in una realtà dal sapore di fiaba. Ben presto, ci si ritrova altrove, in uno spazio che sembra esistito da sempre, in un luogo quasi familiare, dalle sensazioni che affondano nella fantasia e nel ricordo. Senza tempo, in un altro tempo. Superato il piccolo paesino di Caporciano, intatto nella sua originale veste medioevale, il viaggiatore deve compiere un atto di fiducia e proseguire per una strada che si arrampica tra i boschi. Pochi chilometri solamente. La strada termina lì dove più di sette secoli e mezzo fa vi era una delle più ricche abbazie benedettine d’Abruzzo. Di primo acchitto non si vedono mura o costruzioni; solo quando il vento terso e spesso freddo, attraversa il silenzio e fa muovere le fronde degli alti alberi, appare il piccolo Oratorio di San Pellegrino, una delle due chiese che costituiscono le vestigia dell’antica abbazia. Sebbene di piccole dimensioni, lascia presagire già dall’esterno la preziosa ricchezza della sua straordinaria e antica decorazione pittorica. Ci si sente accolti nell’entrare; le pareti furono interamente affrescate con storie tratte dall’antico e dal nuovo testamento, per volere dell’abate Teodino, nel 1263, come recitano le iscrizioni sui plutei dell’iconostasi e sul piccolo rosone del presbiterio. Immersi in questo piccolo ambiente straordinario è possibile ripercorrere i momenti più significativi della liturgia monastica medioevale, la fusione perfetta tra le Scritture, la tradizione agiografica locale, la sapienza ereditata dalla classicità. I Patriarchi dell’Antico Testamento, il destino delle anime dopo la morte, il Paradiso e l’Inferno, le storie della vita di Cristo, dalla natività alla Passione, San Cristoforo e San Pellegrino (eponimo dell’Oratorio), sovrastano l’ambiente con colori sgargianti dai profondi significati. Gli antichi precetti della scienza classica, custoditi dai monaci e la densità dei contenuti di questo scrigno dipinto trovano conferma nella campata presbiteriale, riservata agli officianti, dove è affrescato uno dei più rari ed integri esempi di calendario medievale. Come un vero almanacco affrescato, vi è rappresentato il segreto dello scorrere del tempo, la conoscenza dei cambiamenti dell’universo, l’alternarsi delle stagioni, prova tangibile della grandezza di Dio. Ogni mese è identificato con un personaggio che attende alle attività tipiche della stagione, scandite dalle fasi lunari, o ne porta i simboli. Il segno zodiacale corrispondente sovrasta l’elenco dei giorni con riportate le festività più significative del calendario liturgico della diocesi di Valva, a cui l’abbazia di Bominaco era soggetta. Nel corso degli anni sono state diverse le ipotesi attributive a cui la critica si è dedicata, in considerazione della rarità di questi affreschi. Alcuni hanno sostenuto la provenienza nordica delle maestranze, altri la derivazione locale degli stilemi adottati, in virtù di un presunto isolamento del territorio abruzzese, la tradizione critica italiana ha ipotizzato la presenza di tre diversi Maestri, ognuno con caratteristiche proprie: Il Maestro della Passione, Il Maestro dell’Infanzia di Cristo, il Miniaturista. Tuttavia, ad oggi, sono crollati molti dei presupposti su cui si basavano le considerazioni degli studiosi che agli inizi del secolo scorso si dedicarono a Bominaco. É ormai acclarata l’importanza strategica e politica dell’abbazia, al centro di una delle più importanti vie di comunicazione tra l’est e l’ovest ed il nord e sud della Penisola, tale che non è più giustificabile l’ipotesi di un isolamento culturale. Al contrario, la grande qualità e ricchezza di questa decorazione pittorica sono la testimonianza del fervore intellettuale dell’ambiente benedettino, dove i precetti e la conoscenza dell’antica civiltà classica, si fonde con la sapienza teologica propriamente detta. Inoltre, i preziosismi, la dovizia di particolari, la raffinatezza quasi intellettuale, la linea sinuosa di alcune scene, ma anche l’attenzione alla resa naturalistica, ha portato, plausibilmente, ad ipotizzare l’influenza della cerchia di artisti vicini alla corte Federiciana, proprio in un luogo che vide più volte l’Imperatore protagonista della riorganizzazione del suo regno.
Certamente un’opera di tale entità e qualità doveva essere stata il frutto di un progetto importante, che vedeva impegnate maestranze di alto livello. Ciò è stato ormai dimostrato, ma quello che di recente ha colpito gli studiosi è la vicinanza degli affreschi di Bominaco, ed in particolare della rappresentazione del Calendario Valvense, con le pitture della Cappella Gotica del SS. Quattro Coronati a Roma. Qui, come a San Pellegrino, ritroviamo la varietà degli elementi decorativi fitoformi dai colori vivaci, la cura nella restituzione espressiva e la ricerca naturalistica; è possibile rintracciare un analogo vocabolario stilistico e persino il medesimo argomento iconografico. Un esempio è la raffigurazione del mese di marzo che, in entrambi i casi, è impersonato da un uomo con una spina nel tallone, in procinto di toglierla. D’altronde, ciò conferma quanto è riferito dalle fonti storiche: considerata l’importanza dell’abbazia bominacense e gli stretti rapporti con Montecassino, è altamente probabile il legame con la Capitale. La diffusione e l’innovazione culturale profonda, universale e capillare allo stesso modo, la riscoperta della classicità e la spiritualità, propria dell’ordine benedettino, trovano pieno riscontro in questo suggestivo scrigno, dove la sapienza degli antichi è, sì custodita, ma rivelata a chi la ricerca.