Alle pendici del sacro monte dedicato a Maja, Monte Pallano, si staglia il profilo di Bomba, borgo guardiano dell’omonimo lago e terra natale di Silvio e Bertrando Spaventa. Come un antico presepe di scuola napoletana, il paese di case arroccate interrompe d’improvviso il manto verde brillante di fitta vegetazione che avvolge questa montagna, popolato da mille specie vegetali, dai lecci alle querce, dai faggi ai cerri, fino al sambuco
di Nicoletta Travaglini
Secondo alcune fonti, il curioso nome deriva al paese da “Bombus”, cioè rombo o ronzio, il rumore provocato da numerose cascate di fossi e ruscelli che circondavano questo paese in passato e che servivano ad alimentare i mulini che si trovavano all’interno del castello; altre fonti sostengono che derivi invece da “Bomos”, che significa gradino o rialzo, in quanto il borgo antico era costruito su un’altura. Una delle ipotesi più recenti, assai fantasiosa peraltro, vorrebbe che il nome Bomba nasca dal rumore assordante provocato dall’impatto di un meteorite caduto sul Monte Pallano; tesi assai suggestiva anche se priva di riscontri scientifici, ma che potrebbe avere qualche riferimento nelle tradizioni antiche che parlano di un lago stagionale di origine naturale, ormai scomparso da secoli. Era chiamato “Lago Nero” per i colori scuri delle acque, sulle quali si svolgevano i rituali arcaici magico-misterici delle Primavere Sacre, dedicati alla Grande Madre Maja; si dice che il suo invaso fosse stato originato proprio dalla caduta di una meteora. Monte Pallano, con i suoi mille e più metri di altezza, rappresenta l’ultima vera montagna scendendo dalla Majella verso il mare. In una leggenda si narra che Maja la più bella delle sette sorelle Pleiadi, dal nome della madre Pleione, fosse arrivata a cavallo fin qui dal golfo di Ortona per cercare, inutilmente, il fiore con cui curare suo figlio malato che, di lì a poco, sarebbe morto. Maja era perseguitata dal dio Orione detto anche il “bello”, il quale, invaghitosi dell’avvenente amazzone le dedicò una corte spietata; vedendosi respinto, rivolse le sue attenzioni morbose nei confronti delle altre donne della famiglia della sua amata. Esse furono trasformate in stelle, per l’appunto le Pleiadi, da Giove e ancora oggi si possono ammirare questi astri solcare il cielo, inseguite dal violento Orione. Alcune tradizioni vogliono che i nostri avi, guardando le stelle presenti su Monte Pallano in primavera, fossero in grado di sapere se sarebbe stata un’annata piovosa o meno. Su monte Pallano si trovano le mura megalitiche di origine italica che proteggevano un antico insediamento di queste genti. Secondo la tradizione locale il nome nascerebbe dalla leggenda secondo la quale la fortezza era abitata da giganti chiamati “Palladini”. Le mura megalitiche, che si possono ammirare ancora oggi con una suggestiva visita al parco archeologico, sono intervallate da porte di accesso; secondo alcuni rappresenterebbero dei punti di osservazione orientati verso Orione e le Pleiadi. Il monte fu dedicato alla dea Maja, la Grande Madre, e qui si consumavano i riti della “Ver Sacra” o “Primavere Sacre”, in cui si donava la primogenitura di tutti gli esseri viventi alla Grande Madre. Alcuni storici sono propensi a sostenere la tesi, suffragata da alcune fonti antiche, che su Monte Pallano vi fosse un maniero chiamato “Castello di Pallano”, che l’incuria degli uomini e della natura abbia distrutto dalle fondamenta lasciando solo il suo ricordo tramandatosi attraverso i toponimi; questo mastio, secondo la leggenda, era proprietà di un certo Pallonio, dispotico e tirannico signore di origini moresche, tra le cui mura teneva prigionieri i cristiani che non abiuravano il loro credo. Secondo altre fonti meno legate alla tradizione si dice che questo castello intorno all’anno mille fu donato ai monaci di Santo Stefano Riva Maris, i cui ruderi si trovano a Casalbordino, da Ulberto principe longobardo; già allora questo mastio doveva non essere più molto fiorente, visto che i suoi abitanti si trasferirono più a valle fondando così Bomba. La tesi sarebbe supportata dal fatto che in una frazione di Bomba vi è una chiesa dedicata a Santa Maria del Sambuco, pianta sacra alla Grande Madre e coltivata per vari usi anche religiosi dagli antichi abitanti della città di Pallanum. Il borgo di Bomba, che oggi si raccoglie intorno ai ruderi del proprio castello, fu dapprima un tenimento dei benedettini; nel 1500 passò nelle mani di Giovanni Maria Annechino che ebbe però la sfortuna, durante la guerra franco-spagnola, di parteggiare per la fazione perdente, ossia la Francia. Questo le costò castello e titolo, e dopo breve trovò la morte in circostanze misteriose. Il castello, dopo la parentesi degli Annechino, fu donato al capitano spagnolo don Diego de Sarmiento, e dopo diverse vendite e numerosi proprietari, come Giovanni Battista Marino e poi di suo figlio Vincenzo, arrivò infine nelle mani degli ultimi possessori in ordine di tempo: i marchesi Admari. Dopo l’estinzione di questo casato la struttura fortificata tornò al Regio Demanio verso la fine del 1600. Tra i suoi “figli” più illustri Bomba annovera Silvio e Beltrando Spaventa, statista di grande rilievo il primo, grande filosofo (è tra i più rinomati studiosi hegeliani in Italia) il secondo, entrambi ferventi patrioti, furono anche visitati da Garibaldi quando passò per l’Abruzzo; tra i tanti meriti ebbero quello di essere ideatori e promotori, nella seconda metà del 1800, della strada Sangritana, l’attuale statale 154. Dopo la seconda guerra mondiale Bomba ha conosciuto un notevole sviluppo grazie anche alla vicina strada a scorrimento veloce Fondo Valle Sangro, al Consorzio per la valorizzazione industriale e turistica della Valle del Sangro e alla cantina sociale che porta il nome del santo protettore, San Mauro, e che produce pregiati oli e ottimi vini, conosciuti e apprezzati in Italia e all’estero.