testo di Ivan Masciovecchio.
È un racconto lungo centoventi anni quello che la gloriosa ferrovia Sulmona-Isernia si porta con sé. Una storia epica ed avvincente capace di segnare in maniera determinante l’economia e il destino delle terre di mezzo abruzzesi-molisane attraversate con pudore dai suoi binari, che prende avvio il 18 settembre 1897 – a cinque anni esatti dall’inaugurazione del primo segmento in arrivo fino alla stazione di Cansano – e che con alterne vicende, dopo una breve interruzione dovuta alla seconda guerra mondiale e con il traffico di linea definitivamente interrotto nel 2011, è giunta fino ai giorni nostri con il suo carico di suggestioni e meraviglie.
Oggi, infatti, la Transiberiana d’Italia – l’evocativo nome con il quale la linea ferrata è ormai conosciuta in tutto il mondo fin dagli anni ’80 in seguito ad un articolo del giornalista Luciano Zeppegno pubblicato sul numero di novembre della rivista Gente Viaggi – è una delle ferrovie turistiche più frequentate in Italia, capace di offrire scenari naturalistici impareggiabili ad oltre 16.000 passeggeri che ogni anno scelgono di trascorrere una giornata a bordo dei treni storici organizzati dagli instancabili ragazzi dell’associazione LeRotaie in collaborazione con la Fondazione FS Italiane, che nel 2013 l’ha inserita all’interno del progetto di promozione Binari senza tempo insieme ad altre ferrovie turistiche attive in Italia; 550 chilometri di bellezza sparsi dalla Valsesia in Piemonte fino alla siciliana Valle dei Templi.
Veicoli d’epoca composti di volta in volta da carrozze modello Centoporte, Terrazzini e Corbellini risalenti agli anni ’30 del secolo scorso, come quelli allestiti nel weekend appena trascorso per festeggiare degnamente lo storico anniversario, quando sul percorso da Sulmona a Roccaraso, tra lacrime di gioia di tanti appassionati ed ex macchinisti e ferrovieri, da venerdì 15 a domenica 17 è tornata a sbuffare anche la mitica Vaporiera degli Altipiani, una splendida locomotiva a vapore modello Gr. 940, classe 1922, simile a quella immortalata da Roberto Benigni nel film “La vita è bella”.
Un trionfo di rotabili storici arricchito da una elegantissima Littorina ALn 556 – l’unica ancora circolante in Italia, per l’occasione unita alle ALn 668 serie 1400 in livrea originale – principale attrazione delle tre giornate di festa che il comune di Roccaraso ha voluto dedicare a questo autentico capolavoro di ingegneria ferroviaria capace di toccare alla stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo i 1.268,82 metri che ne fanno la seconda più alta della rete dopo quella del Brennero; infrastruttura strategica nel collegare i traffici della sponda adriatica della Penisola ai mercati di quella tirrenica, fortemente voluta dall’allora barone Giuseppe Andrea Angeloni, nato proprio a Roccaraso, segretario generale ai Lavori Pubblici e deputato del collegio di Sulmona, che tanto si impegnò per la sua realizzazione.
Tra le diverse iniziative previste per i festeggiamenti, l’inaugurazione della mostra di fotografie d’epoca provenienti dall’archivio della Fondazione FS Italiane ha leggermente deluso le aspettative del folto pubblico presente, soprattutto per la parzialità del racconto iconografico, concentrato quasi esclusivamente sulla parte abruzzese della tratta. Anche l’attesa docu-fiction realizzata dai registi teatini Anna Cavasinni e Fabrizio Franceschelli con il coinvolgimento degli abitanti dei comuni degli Altopiani maggiori, alla fine si è rivelata un’anticipazione di circa 40 minuti del filmato vero e proprio che sarà pronto solo a febbraio 2018.
Con il convegno del pomeriggio, si è affrontato poi il futuro della storica tratta. Significativo in tal senso l’intervento di Luigi Cantamessa, direttore della Fondazione FS Italiane, il quale tra le altre cose ha affermato che «…le automotrici normalmente utilizzate sulla linea potrebbero raggiungere tranquillamente Napoli e quindi il trasporto storico in senso tipico come noi lo abbiamo visto oggi è solo una parte della profonda ricollocazione strategica della ferrovia in una modalità più ampia che è quella del trasporto turistico». Il presidente della Fondazione, Mauro Moretti, nel delineare la storia che ha portato alla chiusura della tratta al traffico di linea nel 2011, ha auspicato un coinvolgimento di più associazioni locali «capaci di assistere i viaggiatori dei treni storici, accompagnandoli alla scoperta delle bellezze offerte dal territorio», ma soprattutto «che la politica riesca a costruire le condizioni affinché qui arrivi un turismo di elite, con alta capacità di spesa. Valorizzare certo i luoghi, ma occorre che le Regioni dialoghino tra loro, proponendo pacchetti vasti di ferrovie turistiche che, ad esempio, dalla Toscana di Piero della Francesca si possa arrivare fin oltre il Molise attraverso un itinerario unico al mondo. Se riusciamo a fare questo magari tra due anni festeggeremo le 35.000 presenze, che poi, dopo altri due anni, potrebbero raddoppiare ancora, dando così una seconda vita a questa storica ferrovia».
Auspici raccolti dal vice presidente del CSM Giovanni Legnini, decisamente convinto che queste condizioni politiche si verificheranno, aggiungendo che con la contestuale realizzazione della pista ciclopedonale sull’ex tracciato ferroviario lungo la Costa dei Trabocchi, unita al completamento del tratto ferroviario che a Castel di Sangro congiunge le due infrastrutture di Sangritana e RFI, «questi territori avrebbero una capacità attrattiva senza eguali in Europa».
Alla luce di quanto esposto dagli illustri oratori, una via (l’unica?) plausibile appare essere quella di ripristinare una programmazione giornaliera sulla linea, magari attraverso la riattivazione del collegamento Pescara-Napoli, sul modello di quanto sta avvenendo in Friuli Venezia Giulia sulla Sacile-Gemona, offrendo al viaggiatore, in aggiunta all’esperienza altra e complementare dei treni storici, la possibilità di un percorso autonomo che gli consenta di sostare e pernottare anche più giorni, usufruendo dei servizi di qualità offerti da imprese o cooperative locali messe in piedi da giovani del luogo, ed avendo come punto di riferimento gli aeroporti di Pescara a est, Roma ad ovest, Firenze o Bologna a nord e Napoli a sud tramite i quali intercettare i grandi flussi di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.
Peccato che al tavolo dei relatori non erano seduti rappresentanti delle Regioni Abruzzo e Molise, dai quali ci sarebbe piaciuto apprendere le intenzioni in merito a quanto ascoltato. Sarebbe opportuno che anche i sindaci dei comuni toccati dalla Transiberiana d’Italia, presenti in prima linea alle celebrazioni per i suoi primi 120 anni, sebbene alcuni di loro in questi anni non si siano mostrati particolarmente propositivi e collaborativi nell’accoglienza dei turisti in viaggio sui treni storici, dicano apertamente da che parte vogliono orientare lo sviluppo economico del proprio territorio, pungolando il decisore politico regionale affinché quello che ora appare come un sogno remoto possa quanto prima diventare realtà. Che si apra il dibattito.