Posta su di una collina antistante il Gran Sasso, arroccata su un rilievo lungo il fianco destro della Valle del fiume Vomano, l’antico borgo gode di una posizione a dir poco incantevole, e custodisce gelosamente le vestigia del suo ricco passato, mantenendo vive le antiche usanze e le tradizioni, soprattutto nel campo dell’agricoltura, dell’artigianato e delle celebrazioni popolari
Di antichissime origini italiche, il suo nome, attestato a partire dal 1273, è derivato dalla presenza su un colle vicino di una chiesa dedicata a S. Andrea, e dal termine latino ‘Pinna’, ossia sito erto, aguzzo. Il territorio risulta abitato sin dall’età del ferro, come documentano i testi incisi su alcune stele funerarie ritrovate in zona, ma di quella fase storica, così come del più tardo periodo romano, non si hanno molte informazioni. Ci si ritrova così catapultati direttamente nel Medioevo, epoca cui si fa risalire l’origine vera e propria del paese, probabilmente collocabile tra i secoli VIII e IX, e cioè nel periodo dell’incastellamento delle popolazioni. Dal 782 fu possedimento del Monastero di S. Vincenzo a Volturno e, successivamente, feudo di varie famiglie tra cui quella degli Acquaviva, almeno dal 1446 fino alla loro estinzione come Signoria nel sec. XVIII. Durante i moti carbonari del 1814 il paese insorse contro l’occupazione francese, e lo scontro fu tanto cruento che alla fine molti pennesi pagarono con la prigione o con la vita la loro ribellione. Oggi solo un uncino arrugginito e una lapide, sotto la Porta Nuova, ricordano “…la barbarie straniera che, pavida di tanto esempio, lasciò pendere per 32 giorni la testa del venticinquenne Berardo De Michaelis, fucilato e decapitato a Penna il 25.7.1814, insieme a Filippo La Noce, colpevoli solo di aver ambito alla dignità di uomini liberi…”. Il centro del paese si caratterizza per l’edilizia prevalentemente ottocentesca e moderna, ove spicca la Chiesa Matrice o parrocchiale di Santa Maria del Soccorso, risalente al 1600, ma restaurata nel XVIII secolo, che ha i fianchi scanditi da contrafforti e un campanile molto particolare con una cella campanaria ad angoli smussati. L’interno, dalla bella decorazione coeva in stucco, conserva diverse tele notevoli, una statua lignea di S. Giacomo del XVII secolo, un pregevole tabernacolo barocco in legno dorato e due altari lignei del ‘600 provenienti dalla Chiesa di Santa Giusta. Questa, edificata in epoca romanica sui resti di un antico tempio pagano, versa oggi in cattive condizioni ed è stata ormai sconsacrata, ma costituisce ancora un esempio mirabile della consuetudine dell’arte romanica di ‘riutilizzare ed accordare’ materiali alto medioevali con elementi lavorati ex novo per l’arredo plastico dei monumenti, come testimonia la rimessa in opera di un fregio sul fianco destro della chiesa. Vicino al belvedere, da cui è possibile ammirare un’amplissima veduta della catena del Gran Sasso, si trova poi la quattrocentesca Fontana Vecchia o “Font d lu carpìn”, così chiamata probabilmente da un vecchio albero di carpino, recentemente restaurata. Tra gli edifici di culto spiccano ancora la Chiesa di Santa Maria o “Ad Vallem Podii”, che conserva all’interno una interessante acquasantiera, e la quattrocentesca Chiesa della SS. Trinità, di architettura semplice ma piacevole. L’economia di Penna Sant’Andrea si basa sia sull’agricoltura, con la produzione di olive, uve, frumento, legumi e foraggi, sia sul continuo sviluppo del settore commerciale. Molto in auge, poi, l’artigianato, che eccelle soprattutto nei settori del ricamo e del ferro battuto, anche se l’arte più esclusiva resta certamente quella della fabbricazione dei “ddù botte”.