testo di Ivan Masciovecchio.
Pervasa dallo spirito accademico secondo il quale ogni incontro a tavola deve rappresentare un momento di approfondimento, sperimentazione e monitoraggio dello stato della ristorazione nel proprio territorio di competenza, la conviviale La cucina delle carni da non dimenticare organizzata nei giorni scorsi dalla delegazione Pescara Aternum dell’Accademia Italiana della Cucina ha visto gli accademici confrontarsi sul tema della valorizzazione del quinto quarto, un tempo considerato cibo povero e di scarto, oggi al centro di un processo di rivalutazione in chiave anti spreco e gourmet.
Organizzato e diretto con garbo e maestria dal simposiarca, dott. Giuseppe Di Giovacchino, con il supporto della Libera Società Gastronomica del Quinto Quarto – sodalizio impegnato da anni nella promozione e riscoperta di questo particolare e gustoso alimento –, il convivio è stato ospitato nelle accoglienti sale del ristorante Il Ritrovo d’Abruzzo di Civitella Casanova (PE), fresco di riconoscimento come Bib Gourmand nella guida Michelin 2024 (leggi QUI per saperne di più).
«Le frattaglie rappresentano un cibo buono e sano, la parte vitale dell’animale, saporite e preziose. Sono l’indicatore primario della salute della bestia e sono sicuramente capaci di dare grandissime soddisfazioni a tavola. Devono quindi trovare sempre maggiore espressione in cucina, dando voce alla provocazione anche se non incontrano il favore dei più, oggetto probabilmente di opinioni prevenute ed infondate, fraintesi e luoghi comuni» ha dichiarato nella sua relazione introduttiva il dott. Di Giovacchino prima di lasciare la parola al relatore laico di giornata, il dott. Ugo Ciavatella, medico veterinario con oltre quarant’anni di attività tra Abruzzo e Marche, nativo del comune di Farindola – da lui stesso amministrato dal 1990 al 1995 – e legato in maniera viscerale al suo territorio di provenienza.
«Il quinto quarto e le frattaglie non sono assolutamente cibo povero, neanche da un punto di vista nutrizionale, potendo vantare un contenuto medio di grassi del 4-5% – ha tenuto a ribadire nel corso del suo intervento –. In epoche passate la somministrazione massiccia di fegato crudo a pazienti malati di anemia perniciosa ha consentito di capire che la vitamina B12, principalmente concentrata proprio nel fegato di bovino, contrastava lo sviluppo della malattia. Ecco quindi l’importanza di prevedere nella nostra tradizione alimentare l’uso di salsicce di fegato di maiale, al secondo posto per contenuto di B12. Oppure pensiamo ad un altro prodotto come l’annuje, la salsiccia realizzata con la cotica di maiale sgrassata. Oggi sarebbe considerata un super food in quanto, una volta pulita, sfiora il 70% di proteine nobili».
«Inoltre – ha proseguito – la concentrazione di acidi grassi insaturi o monoinsaturi, per intenderci quelli che impreziosiscono l’olio extravergine d’oliva, che c’è nelle frattaglie non si ritrova nel muscolo dell’animale. Senza dimenticare un’altra parte molto importante del quinto quarto che è la testa, sede del cervello, fonte incredibile di lipidi nobilissimi (fosfolipidi), che da bambini ci facevano mangiare a forza. Per non dire infine delle varietà di preparazioni che si possono ottenere in cucina da questa materia prima che ancora oggi, e parlo per esperienza professionale, viene letteralmente gettata via negli impianti di macellazione».
Terminati gli interventi, passando quindi dalla teoria alla pratica, lo chef Cristian Di Tillio ha deliziato l’accademico convivio con un originale menù elaborato per l’occasione, tutto ovviamente a base di quinto quarto, preceduto da un aperitivo di benvenuto composto da Coppa di testa artigianale con insalata di arancia e finocchio e un panino di patate rosse di Villa Celiera farcito con del polmone di agnello brasato impreziosito da un tocco di mentuccia selvatica per donare un po’ di freschezza.
L’antipasto ha visto un delicatissimo Rognone di vitello arrostito servito su una crema morbida di sedano rapa e radici alla brace. Tra i primi, Risotto con finanziera di pollo e creste di gallo glassate al quale è seguito un assaggio di Rigatoni al sugo di coda alla vaccinara. Una porzione fin troppo generosa di Trippa di vitello in umido con crema di fave ha introdotto il secondo, bissato da una sorpresa dello chef a base di Cotiche e fagioli Tondini del Tavo. Finale in dolcezza con un pre dessert composto da una pralina di Pâté di fegatini di coniglio, amarena e cioccolato fondente ricoperta da una granella di nocciola, per chiudere con una Cassata di ricotta di pecora con sfoglia croccante e crema di mandarini. Il servizio coordinato dal direttore di sala Mirko Di Tillio ha previsto in abbinamento lo Spumante Brut da uve Montonico Emozione n. 2 dell’azienda agricola Francesca Valente di Bisenti (TE), il Trebbiano d’Abruzzo DOC 2022 e il Montepulciano d’Abruzzo DOC 2020 dell’azienda agricola Masciarelli di San Martino sulla Marrucina (CH).
L’Accademia Italiana della Cucina è una storica istituzione culturale fondata a Milano nel 1953 dallo scrittore e giornalista Orio Vergani insieme ad alcuni esponenti della cultura, dell’imprenditoria e del giornalismo tra i quali l’aquilano Vincenzo Buonassisi – il più giovane del gruppo –, con lo scopo di tutelare e valorizzare la cucina di territorio in Italia e nel mondo. Compiuti 70 anni lo scorso 29 luglio, giorno della sua istituzione in una sala del ristorante meneghino Kursaal Diana, attualmente conta 225 delegazioni in Italia, 92 delegazioni e legazioni all’estero, per un totale di oltre 7500 accademici in oltre 50 Paesi nel mondo. In Abruzzo vede attive nove delegazioni, vale a dire quelle di Atri (TE), Avezzano (AQ), Chieti, L’Aquila, Pescara, Pescara Aternum, Sulmona, Teramo, Vasto.