In attesa dell’arrivo della fatidica data del quattro maggio, giorno che dovrebbe rappresentare l’avvio della cosiddetta fase 2, con la fine del lockdown e delle principali restrizioni imposte alla cittadinanza a seguito dell’emergenza coronavirus, soprattutto in materia di circolazione, ospitiamo il contributo di Valerio Di Mattia, presidente dell’Associazione dei Ristoratori d’Abruzzo (ARiA) sul futuro della ristorazione abruzzese. Un punto di vista schietto e diretto che cerca di ribaltare il racconto in chiave catastrofica del comparto che finora è stato fatto, privilegiando un punto di vista positivo e concentrandosi sull’opportunità che la crisi offre all’intero settore nell’offerta di nuovi servizi all’insegna del comfort e della salute del cliente.
«Queste considerazioni nascono dal fatto che il dibattito, fin troppo eccessivo, legato ai problemi della ristorazione, sta procedendo in maniera abbastanza disorganica – scrive il presidente Di Mattia – confondendo spesso i piani della discussione e disegnando al contempo livide prospettive future assolutamente da scongiurare. Bisogna assolutamente invertire il trend della comunicazione puntando sull’esatto contrario: quando tutto sarà finito, nel rispetto delle norme sanitarie e della sicurezza di tutti, il livello qualitativo dei ristoranti abruzzesi sarà di un livello decisamente superiore».
«Procedendo per gradi, noi dovremmo indirizzare tutte le nostre riflessioni lungo due fasi fondamentali e consequenziali, concentrandoci immediatamente sulla prima e, solo dopo averla risolta, cominciare a lavorare su quella successiva, secondo la logica latina del primum vivere deinde philosophari. Nel dettaglio, considerando che il comparto della ristorazione si avvia verso l’implosione a causa della chiusura attualmente sine die delle attività, è chiaro che in questa prima fase si dovranno concentrare tutti gli sforzi per ottenere dai decisori politici tutti gli strumenti necessari per mettere l’intero settore su una zattera di salvataggio e traghettarlo in acque sicure. Questo però può avvenire soltanto attraverso la considerazione che il nostro è un comparto unito, univoco; per essere più chiari, non è possibile in questo momento scindere il discorso in una ristorazione di “serie A buona” e una di “serie B cattiva”».
«Siamo tutti alle prese con la stessa crisi ed uniti dovremmo interloquire con le istituzioni – prosegue di Mattia –. Abbiamo già ottenuto il decreto liquidità; aspettiamo ora quello che si occuperà della fiscalità: dall’incrocio di queste due azioni ci vengano concesse le stampelle necessarie per rimettersi in piedi. È necessario, ripeto, quindi non dividersi e continuare ad interloquire suggerendo e stimolando una serie di misure che possano salvarci in questa fase cruciale».
«Il secondo passaggio, conseguente al salvataggio, attiene al tema della socialità, del cosiddetto distanziamento sociale, sollevato finora in maniera assolutamente sbagliata, privilegiando una narrazione negativa legata all’immagine di una sorta di ospedalizzazione dei ristoranti, né comprensibile né tantomeno attuabile, rispetto al bisogno stare insieme insito in ognuno di noi. Socrate, nella “Politica”, definisce l’uomo un “animale sociale” il quale, aggregandosi con i suoi simili, dà vita alla civiltà. Preso atto che la socialità è una condizione imprescindibile dell’umanità, in futuro questa andrà quindi ricollocata, migliorata e giammai eliminata o mortificata come qualcuno sarebbe oggi portato a pensare».
«È opportuno quindi fare delle riflessioni utili al comparto della ristorazione, declinandole però in chiave chiaramente positiva. Per anni abbiamo discusso ed investito sul valore dello chef, sulla tecnologia in cucina, sul rinnovamento della proposta gastronomica, forse tralasciando l’aspetto veramente trainante delle nostre attività, ovvero “la voglia di socialità e di condivisione delle esperienze”. La consapevolezza che verrà tratta dall’attuale crisi sanitaria imporrà alcuni obblighi e ci spingerà a confrontarci su questo tema e ad investire ancora di più nel miglioramento del comfort e dell’ ospitalità, interpretando questa nuova azione in maniera vantaggiosa».
«Bisogna capire e far capire che in futuro i ristoranti saranno in grado di offrire servizi ancora migliori attraverso un riequilibrio dell’investimento e dell’organizzazione, che condurrà certamente ad un aumento complessivo della qualità della proposta. Il distanziamento ci aiuterà a riorganizzare in positivo gli spazi e a rimodulare alcune importanti abitudini. Ad esempio potrebbe tornare utile l’offerta sui turni, dalle 19 alle 23, a seconda delle necessità dell’utente, come già avviene in gran parte del Nord Europa ed in molte città italiane. Questo modello permetterebbe facilmente di razionalizzare e riordinare l’accesso in sala, scaglionando la clientela in maniera più flessibile».
«Lo stesso servizio di sala ne avrebbe giovamento non essendo più sottoposto al congestionamento del turno unico spesso causa di disservizi – conclude di Mattia –. Quindi più comfort, più attenzione agli aspetti della salute, più capacità di mettersi al servizio del cliente esprimendo una migliorata disponibilità: questo, alla lunga, potrebbe determinare anche un incremento del lavoro ed in generale ad una percezione positiva e rinnovata del “luogo ristorante”. La stessa esperienza a tavola, proprio a seguito del rispetto di nuove esigenze, potrebbe spingerci all’attivazione di menù più mirati, ad una migliore composizione dei principi di qualità e di territorialità perpetuando e sviluppando con maggiore decisione il principio dell’approvvigionamento di prossimità. Un legame positivo con i concetti di filiera corta e di territorialità oggi rappresentano, oltre che il condizionamento dovuto alla limitazione degli spostamenti, anche la più grande scommessa tra i temi del turismo gastronomico di successo degli ultimi anni».
«In conclusione, se sapremo compiere i passi giusti e lavorare con utili strumenti posti in essere dalle istituzioni in un’ottica di sostegno e di rilancio, potremmo cogliere diverse grandi occasioni per migliorare in Abruzzo un comparto già forte di suo, che a tutti i livelli sa esprimere qualità e competenza. Per questi motivi è necessario lavorare con spirito di unione e sicuramente ne usciremo più forti».