Ci sono spettacoli che si aprono alla vista in una semplice giornata di sereno, quando la foschia si dirada, quando si mostra un campanile lontano con le sue piccole case. È in quel momento che si sveglia sulla cima di una collina un paesetto che sembrava giacere addormentato. Bellezze che tante volte è difficile notare
testo di Enrico Gabriele Piersanti
Storia di feudi, di feudatari, di cambi di potere, di passaggi di eserciti che nel tempo plasmano, modificano e caratterizzano i luoghi e le persone. L’origine del paese non è certamente databile. Insediamenti sono presenti nella valle del Vomano in età preistorica e protostorica come testimoniato da numerosi rinvenimenti tra cui 100 tombe scavate tra il 1929 ed il 1930 e riferibili all’età del ferro. Nel periodo romano, sempre nella valle del Vomano troviamo tracce di presenza romana documentata da vari reperti, alcuni dei quali visibili presso la chiesa di Santa Maria a Pietrabianca.
Con la decadenza dell’impero romano a Canzano come altrove, le vallate, già fulcro di commerci lungo le vie consolari, non erano più sicure, per cui molti avranno pensato di ripararsi nell’altura sovrastante.
Il banditismo prima e le invasioni saracene poi, hanno portato al consolidarsi della nuova realtà abitativa, in luogo ben organizzato e facilmente difendibile.
È in questo periodo che si sarebbe formato il nome Canzano, che potrebbe derivare da Campus Attianus, colonia o famiglia romana presente sul fiume Vomano. Altri invece attribuiscono la fondazione di Canzano ad una colonia di africani, nel VI secolo d.c., da cui poi la sarebbe derivato il nome De Nigris, tipico di tante famiglie del luogo.
Nel medioevo il nome di Canzano compare sempre più nei documenti ufficiali, nei passaggi di proprietà tra baroni, feudatari e signorie, cui si uniscono i vari benefici stabiliti dalla Chiesa. Una prima citazione è del 1127, riferita ad un provvedimento di Guido vescovo aprutino. Nel 1150, dal quaternus magne expedizionis, si rileva che Mattaleone ottiene direttamente dal Re in Abruzzo, Canzano, un feudo di tre militi ed uno di un milite, che portano a ipotizzare una popolazione di circa 480 abitanti, il che non era poco per quel periodo.
Le citazioni si presentano sempre più frequenti per passaggi di proprietà, tassazioni e benefici di varia natura. Nel 1279 troviamo Matteo di Acquaviva, come proprietario di una quarta parte di Canzano.
Nel 1316 troviamo Francesco di Acquaviva che possedeva la terza parte di Canzano, che nel 1319 diventa poi la metà. Nel 1424 Canzano risulta appartenere ad Andrea Matteo II Acquaviva e nel 1481 ad Andrea Matteo III Acquaviva. Un ruolo, quello degli Acquaviva che diventa sempre maggiore fin quando, nel 1526, Carlo V dona il feudo di Canzano a Don Ferrante Alarçon y Mendoza. Nel 1530, con sentenza della commissione per i beni confiscati, Canzano è restituita a Giovanni Antonio di Acquaviva, conte di Gioia e VIII duca di Atri cui seguono liti per anni per la titolarità dei vari benefici, fino a quando nel 1654, Giosia II di Acquaviva, X duca di Atri e Alvaro di Mendoza di Alarçon si mettono d’accordo. Arrivano le invasioni francesi ed austriache, alla storia dei potenti si associa la storia del popolo con frequenti spunti di orgoglio e di rivalsa degli abitanti di Canzano, di Valle Canzano, pronti a rivendicare autonomia e autodeterminazione.
Storie comuni a quelle di tanti altri paesi delle valli teramane dove la gente, la povera gente, vive gli eventi, li sopporta, spesso si adegua nella determinata volontà di vivere o almeno sopravvivere tra guerre, pestilenze, usurai ed avversità di ogni genere. Grande però è la vitalità di Canzano, punto di riferimento nel territorio per civiltà e vitalità con le sue attività nell’agricoltura, nell’apicoltura, nella bachicoltura, nell’estrazione di pozzolane, capace anche di esprimere un senatore del Regno d’Italia, Piersilvestro Leopardi, già presente alla corte di Napoli, cui si deve un notevole impulso al progresso economico e sociale del paese. Il senso profondo dei tempi è illustrato in alcune interessanti pagine. La storia della città e diocesi di Teramo di Niccola Palma, che nella nel capitolo LVII racconta, con dovizia di particolari, l’apparizione di Maria SS. a Canzano e della devozione nata nel popolo.
I bollettini di Don Luigi Serena che parlava delle origini della parrocchia e della sensibilità della gente nel momento in cui il mondo si apriva alle istanze moderne, pronto a valorizzare, nell’intera valle siciliana, la devozione a Sant’Anna in Canzano. Un’analisi attenta della storia e dei documenti di Canzano è riportata ne i Documenti dell’Abruzzo Teramano con caratterizzazione storica delle opere d’arte del paese. Pagine interessanti sono nel libro Canzano, quando l’arte del ricamo diventa cultura nel libro su Canzano di Giulio Di Nicola, che definisce l’itinerario storico, culturale e religioso del paese, documenti di riferimento bibliografico per queste note.