La prima domenica di settembre a Pacentro, antico borgo medievale alle pendici settentrionali della Maiella, torna l’appuntamento con una ricorrenza molto particolare, allo stesso modo attraente e cruenta
di Chiara Di Giovannantonio, foto Federico Deidda
Ecco la “Corsa degli Zingari” che, a dispetto di quanto lascerebbe supporre il nome, non ha per protagonisti i nomadi gitani, bensì i giovani abitanti del paese che prendono parte alla competizione. La gara, attestata già dal XVIII secolo, impegna gli atleti lungo un sentiero roccioso che deve essere percorso rigorosamente a piedi nudi. Nel dialetto locale, infatti, il termine “Zinghere” fa riferimento a coloro che camminavano scalzi o, secondo un’altra interpretazione, ai nullatenenti che, non possedendo neanche un paio di scarpe, un tempo erano costretti a lavorare a giornata i terreni altrui per procurarsi un pasto caldo.
La tradizione collega l’origine di questo rito plurisecolare al culto della Vergine di Loreto, giunto nella zona intorno alla seconda metà del Cinquecento, come testimonia un documento del 1577 trovato tra le carte storiche del catasto generale di Pacentro (Aq), in cui venivano menzionate alcune proprietà donate alla comunità ecclesiastica come segno di devozione per la Madonna loretana.
Nonostante sia ben nota la presenza di diverse influenze pagane nella pratica odierna, attualmente si tende a dare maggior risalto ad un racconto di derivazione cristiana incentrato sulla Santa Casa di Nazareth. La leggenda narra di come, circa sette secoli fa, l’8 settembre del 1294, durante la seconda traslazione della dimora di Maria da Trasatto in Croazia fino alle Marche, gli angeli, stanchi per l’incessante fatica, decisero di sostare sul Colle Ardinghi, di fronte alla cittadina di Pacentro. Soltanto i mendicanti e i contadini più poveri si accorsero del prodigio e decisero, pur essendo scalzi e stremati dal lavoro dei campi, di andare ad osservare da vicino la Santa Casa della Vergine. Percorsero a piedi nudi la ripida montagna gremita di sassi taglienti e, una volta giunti di fronte al luogo in cui era stata collocata la piccola abitazione, per quanto già provati, sollevarono di peso la sacra casupola. La trasportarono giù lungo il sentiero pietroso fino in paese, per permettere a tutta Pacentro di partecipare al lieto evento, aiutando di fatto gli angeli nel loro operato. I messaggeri divini, per ringraziarli di quanto avevano fatto, donarono loro un tessuto con il quale avrebbero potuto confezionare un vestito buono.
Il luogo in cui è stata edificata la chiesa della Madonna di Loreto, al centro del borgo, è il punto esatto in cui, secondo la tradizione orale, era stata deposta dai braccianti la Santa Casa. La chiesa in questione è stata ricostruita dopo il terremoto del 1777 e possiede una struttura prettamente ottocentesca, ma si presume che risalga agli inizi del XVII secolo poiché se ne parla già nel 1647 in un documento conservato nell’Archivio Segreto Vaticano.
Prima della corsa degli zingari, di cui l’altare della Chiesa della Madonna di Loreto rappresenta la meta, ha luogo una gara analoga, che vede impegnati i ragazzini fino ai dodici anni. È la cosiddetta “corsa degli zingarelli”, nella quale i giovani protagonisti percorrono a piedi nudi le vie lastricate del centro abitato, destreggiandosi in un confronto ben più breve rispetto alla sfida che vede coinvolti gli adulti. La competizione minore può essere vista come una sorta di preambolo per quello che un tempo era sicuramente vissuto come un segno di devozione alla Vergine e un modo per riscattarsi, mostrando il proprio valore e la prestanza fisica di fronte all’intero paese.
I preparativi per la vera e propria manifestazione, che richiama di anno in anno un numero sempre crescente di turisti, iniziano verso il tardo pomeriggio, quando i contendenti risalgono scalzi il Colle Ardinghi fino alla Pietra Spaccata, una roccia oggi dipinta di verde, bianco e rosso, dove secondo la storia locale era avvenuta l’apparizione della Santa Casa. Dopo un breve spettacolo pirotecnico, seguito dai rintocchi della campana della Chiesa della Madonna di Loreto, prende il via la gara. Gli atleti percorrono nel giro di cinque minuti una distanza di 862 metri, scendendo prima lungo il crinale della montagna su un sentiero pietroso fino a valle. Qui, dopo aver attraversato il fiume Vella, risalgono verso il paese tra rovi e sterpaglie, accompagnati dagli incitamenti della folla che si assiepa sui due lati della strada. Gli ultimi metri si snodano tra le vie cittadine che conducono alla piazzetta antistante la Chiesa, da cui sventola “lu ‘bbalie” – il palio -, il pezzo di stoffa che fa parte del premio per il vincitore. I corridori terminano la competizione oltrepassando la soglia dell’edificio, quando si prostrano a terra di fronte all’altare della Vergine, accompagnati dal suono della campana che segna la fine della gara. Le porte della chiesetta vengono chiuse nel momento in cui tutti gli atleti sono entrati e il pavimento di marmo si è ormai tinto di rosso, dando modo ai medici di prestare un primo soccorso ai piedi doloranti dei giovani. Qualche minuto dopo, il primo arrivato e i suoi compagni vengono consegnati al corteo di amici e parenti che li porterà tutti a braccia in trionfo. Davanti alla casa del vincitore si tiene un banchetto con vino e pietanze per i presenti e, a conclusione dell’evento, si ha la consegna del premio che consiste in una somma di denaro e nel tradizionale tessuto di stoffa pregiata.
Indubbiamente la competizione pone in risalto la tempra degli atleti impegnati nella corsa, tanto che una seconda leggenda attribuirebbe l’origine della gara ai Caldore, una famiglia di feudatari locali che avrebbe utilizzato una prova dolorosa di tal genere per selezionare i braccianti da reclutare nelle milizie, oltre che per omaggiare la Vergine di Loreto attraverso una dura professione di fede.
Alcuni studiosi attribuiscono a questi nobili la prima costruzione di quello che è oggi conosciuto come il Castello Cantelmo, il maniero che domina il centro medievale pressoché intanto di Pacentro.
Le prime mura, infatti, risalgono all’anno 1000, anche se l’attuale struttura cinquecentesca, con la sua pianta a quadrilatero con tre torri quadrate, è opera dei Cantelmo, i signori che successivamente presero possesso del territorio.
Sempre i Cantelmo aggiunsero un ampio fossato intorno al complesso e tre torrioni rotondi di rinforzo per la cinta esterna.
Risale più o meno allo stesso periodo la Chiesa di Santa Maria Maggiore o della Misericordia, costituita da tre navate divise da pilastri ottagonali.
Al suo interno sono presenti diversi altari aggiunti tra il XVI e XVII secolo, mentre la facciata è del tardo ‘500.
Fanno da cornice a questi edifici storici gli stretti vicoli e le case in pietra, i portali in legno e i negozietti di artigianato con oggetti in ferro battuto, ricami e merletti, tessuti lavorati e le tipiche statuette in terracotta.
La corsa degli zingari rappresenta un’occasione per vivere un’intensa manifestazione legata al mondo rurale e alle sue tradizioni, nell’incantevole cornice naturale della Valle Peligna, oltre che una buona scusa per visitare un suggestivo borgo medievale.