Tra Presentose, Cuori d’Abruzzo, Sciacquajie, Pescarine, Virtù e raffinato cioccolato fondente, Italo Lupo svela i suoi tesori, illustrando le varie fasi di creazione di un gioiello e raccontando il suo legame con l’Abruzzo, senza trascurare un’analisi sullo stato di salute delle imprese artigiane locali
testo di Jenny Pacini, foto di Paolo Jammarrone
Italo Lupo è innanzitutto un creativo, un artigiano-artista, oltre che presidente della sezione abruzzese della Cna-Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa. La passione per il suo mestiere si intuisce subito dalle sue parole: “Amo i quarzi rutilati, sono pietre affascinanti, per non parlare delle tourmaline, pietre incredibili da vedere e da montare perché ti danno la possibilità di far viaggiare la fantasia. Esistono opali con opalescenze tendenti al celeste e all’azzurro che abbiniamo con perle scaramazze o stelle marine d’oro”.
Come e quando è cominciato il suo percorso verso l’oreficeria abruzzese?
“Vengo dall’Istituto Politecnico di Design di Milano, dove mi sono occupato di arredamento. Ben presto, ho sentito crescere dentro di me la nostalgia del mare, per cui sono ritornato a Pescara. Qui un amico orafo mi ha chiesto di fargli dei disegni. Mi sono subito accorto che era necessario conoscere la tecnica, che ho acquisito studiando. Avevo ventotto anni e ad un certo punto ho sentito il bisogno di iniziare a svolazzare da solo. Perciò ho aperto un laboratorio tutto mio nei primi anni’80, cominciando a fare gioielli”.
Dalla creazione alla tecnica, come trasforma il pensiero in gioiello?
“Ho voluto dare sin dall’inizio una certa impronta al mio stile. Non mi piaceva né mi piace fare oggetti banali, gioielli di uso comune e di fabbricazione industriale. Pian piano sono maturato e ho cominciato ad avere diversi dipendenti. Un laboratorio è anche un pensatoio, qui si concentra la parte creativa del mio lavoro. Con me sono cresciuti sei maestri d’arte, respirando l’impronta che voglio dare ai miei pezzi. A me piace molto lavorare sulle pietre, è il gioiello che nasce intorno ad esse. Le mie creazioni sono uniche perché uniche sono le donne che le devono indossare. La ricerca è fondamentale, ti consente di utilizzare svariate tecnologie come programmi di modellazione tridimensionale, anche se il più delle volte il vero gioiello, il più particolare ed estroso, viene fatto a mano”.
Tra i gioielli tradizionali abruzzesi, ce n’è qualcuno che predilige, al quale è legato in modo particolare?
“Nel mio laboratorio, i gioielli tipici abruzzesi non vengono ripetuti pedissequamente così come vuole la tradizione, ma si cerca sempre di conferirgli una rielaborazione. Abbiamo rivisitato anche dei gioielli piceni del I secolo a.C., ispirandoci a dei reperti archeologici che abbiamo riadattato ai gusti correnti. Invece, ai consueti gioielli della nostra tradizione, di impronta pastorale e montana, abbiamo affiancato una creazione nuova, proveniente dal mare. E così è nata nel 2001 la Pescarina, che ha riscosso un grande successo”.
Come presidente della Cna Abruzzo e come maestro orafo che analisi fa dello stato attuale delle imprese artigiane della nostra regione. Cosa propone per rilanciare l’economia in questo periodo di crisi?
“Parto da un esempio. Ai miei gioielli sto affiancando dei prodotti al cioccolato fondente di Massimo Tavoletta, il maestro cioccolataio di Pescara. L’idea è nata proprio dalla Cna, per creare reti di impresa che appartengano sia all’agroalimentare che all’artigianato artistico. Abbinamento interessante che può dare una spinta al settore. Il problema principale delle nostre imprese artigiane resta quello del mercato interno, che sta conoscendo una crisi molto grande e le micro-aziende soffrono in maniera particolare. Rivolgersi all’estero potrebbe essere una soluzione ma non c’è, ovviamente, ancora la forza per farlo”.
Come sostenere le iniziative imprenditoriali promosse da chi ha meno di quarant’anni e magari risiede nei centri abruzzesi soggetti a spopolamento?
“Un altro progetto delle Cna prevede di rivitalizzare i borghi artigiani, piccoli centri all’interno che stanno soffrendo. Bisogna riportavi l’artigianato, in modo che attraverso il coinvolgimento delle scuole, delle associazioni di categoria, delle banche, delle camere di commercio e dei comuni stessi, si favorisca l’insediamento, anche attraverso la costituzione di zone franche, per agevolare le imprese. Altro importante obiettivo è quello di rivolgerci al turismo e al nuovo mercato, quello dei Balcani”.