Una passione che nasce da piccolo, per poi diventare concreta nel lavoro quotidiano. Fra moda, arte e natura, l’occhio del fotografo raccontato da Maurizio Anselmi
testo di Antonella Gaita
Dopo esserti laureato al DAMS di Bologna, hai iniziato la tua attività di fotografo pubblicitario. Ma quando, davvero, è nata la passione del “catturare” i momenti attraverso la macchina fotografica?
Ho iniziato a interessarmi di fotografia già al Liceo artistico, intorno ai 16-17 anni.
In quel periodo, infatti, ho acquistato la mia prima macchina fotografica. Dopo di che ho cercato sempre di focalizzarmi intorno alla fotografia più in ambito culturale che non operativo. Finito il DAMS, ho deciso, dopo un’esperienza milanese e una romana all’interno di alcune agenzie di comunicazione, di iniziare la mia attività a Teramo, inventandomi un lavoro che operativamente nessuno era in grado di potermi dare”.
Panorama, Max, Glamour, Cosmopolitan, Flair.
Che mi dici?
Dopo aver preso i contatti con le agenzie e con tutti gli studi di questo territorio ho iniziato a produrre immagini su richiesta di aziende che producevano principalmente calzature, capi d’abbigliamento e poi successivamente “still life”, cercando di rimanere il più possibile nel settore della moda che era quello che mi interessava di più. Il contatto con gli studi e con le agenzie di comunicazione mi ha ovviamente fatto fare dei lavori di qualità e avvicinarmi alle riviste Panorama, Max, Glamour, Flair, Sposa Bella e con clienti come Bellantuono per gli abiti da sposa, Fabi shoes, Manas, VitaminaJeans”.
Dalla moda sei passato al patrimonio artistico abruzzese. In che modo cambia l’occhio del fotografo?
Ho sempre avuto l’interesse verso il patrimonio artistico abruzzese. Devo dire che il primo importante lavoro che ho fatto in questo settore è stato il volume sul soffitto di San Donato a Castelli, un’operazione complessa, articolata con pellicole piane di grande formato. Successivamente con la collaborazione alla rivista Abruzzo Beni Culturali ho continuato questo percorso mettendomi in rapporto con l’enorme patrimonio culturale della nostra Regione. Grosso momento di crescita è stato sicuramente l’arrivo al Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. È stato, per me, uno dei più importanti momenti di attività professionale con la voglia di far conoscere l’intero territorio del Parco, privo di documentazione fotografica. Ciò mi ha dato la possibilità di lavorare per quattro anni quotidianamente sull’immagine realizzando, conoscendo e scoprendo un territorio di cui non avevo la ben che minima esistenza; realizzando, poi, oltre a tantissime immagini per la rivista ‘Panorami del Parco’, anche due volumi: uno su Santo Stefano di Sessanio l’altro sulla cucina del territorio dell’area protetta”.
E poi ancora cibo, natura, reportage e “Le storie degli altri” in mostra in occasione dello scorso Maggio Fest a Teramo. Chi sono gli altri?
Le immagini realizzate per questo progetto si ispirano a problematiche di carattere sociale e vengono fatte non in forma di reportage, ma appositamente create e costruite attraverso le tecniche della fotografia tradizionale e cinematografica. Caratterizzate da un tono surreale e quasi fiabesco, le immagini rimandano comunque a temi forti ed estremamente toccanti, senza essere al tempo stesso cruda rappresentazione della realtà. Tutte le storie fotografate ci appartengono, ci sono quotidianamente vicine, ci coinvolgono direttamente, fanno parte della vita di tutti noi, potrebbero toccare i nostri affetti, le nostre famiglie, la nostra stessa esistenza, possono non essere le Storie degli altri”.
Del 2009 sono la mostra ed il libro “Colpiti nel cuore, conoscere per ricostruire”, drammatiche immagini realizzate immediatamente dopo il tragico sisma del 6 aprile. Raccontami questa esperienza.
Un’esperienza toccante. In quell’occasione ho fatto la scelta, essendo anche il fotografo della rivista Abruzzo Beni Culturali, di affrontare la problematica del sisma esclusivamente dal punto di vista del bene culturale, quindi mi sono rapportato con gli edifici, con le chiese, con le strutture, con tutto il patrimonio che è stato devastato cercando di far capire a chi non aveva la possibilità di entrare dentro L’Aquila, aquilani compresi che erano sulla costa, cosa realmente fosse accaduto nel centro storico e non solo”.
Dello stesso anno, esce per Artemia Edizioni, “Ager Praetutianus”, un omaggio al paesaggio teramano. Di cosa si tratta esattamente?
L’idea di dover assolutamente pubblicare un volume che rappresentasse in qualche maniera la provincia di Teramo per me era abbastanza fondamentale. Ho sempre continuato a fotografare il mio territorio, cioè la provincia di Teramo e alla fine mi sono ritrovato con un archivio molto importante, molto grande e, quindi, il discorso di ‘Ager Praetutianus’ è nato da solo”.
Cosa rappresenta la fotografia per Maurizio Anselmi?
Non so quante migliaia di scatti ho prodotto nel tempo, ma di ogni foto, anche di quelle meno importanti, ricordo esattamente il momento dello scatto, il giorno, i particolari, il luogo. Credo che ora la fotografia sia diventata parte integrante della mia vita, difatti non rappresenta solo il mio lavoro, ma è presente in ogni occasione e sono ormai così legato ad essa, alle sue regole, al suo mondo, che non saprei immaginare di vivere senza. Una vita da fotografo ti porta a guardare tutto con introspezione e da varie angolature: poi decidi tu cosa trasformare in immagine, anche attraverso l’uso di un semplice telefonino. Credo però che la professionalità, la continuità, la costanza, il bagaglio culturale e l’esperienza siano gli elementi fondamentali di un fotografo. Purtroppo molti si ritengono tali pur non avendo un approccio culturale nei confronti della fotografia, limitandosi ad approfondire la tecnica, ma dimenticando i grandi maestri del passato”.
Progetti futuri?
Continuerò a fotografare per lavoro cercando sempre di ritagliarmi degli spazi per sviluppare nuovi progetti. Sicuramente porterò avanti ‘Le Storie degli altri’ che mi affascina dal punto di vista della progettualità e della realizzazione e continuerò sul percorso della stage photography approfondendo sempre più le tematiche legate al realismo psicologico e al disagio sociale”.
www.maurizioanselmi.it