L’acqua perenne della bella Fontana Vecchia, restaurata nel 1881, scivola dalle tre bocche in travertino e simboleggia la dinamicità del paese in provincia di Teramo che, immerso al centro della dolce vallata del Vibrata, continua, con la sua gente laboriosa, le sue infaticabili attività imprenditoriali e culturali
testo di Tito Rubini
“…ad un tratto appare Nereto, biancheggiante fra gli alberi, con un campanile acuto, una cupola e una torre. La tradizione racconta che il suo territorio produceva tanto vino e tale che Annibale lo usò per rinforzare le truppe spossate e per lavare i cavalli allo scopo di liberarli da malattie contratte nelle paludi del Trasimeno”.
Forse per questo la stessa tradizione fa risalire il nome di Nereto a Vino Nero. Comunque sul toponimo Nereto tanto è stato scritto: sono tutte teorie suggestive che però rimangono nell’ambito delle ipotesi.
“… il nome l’ebbe dai Siculi e Liburni, ora Illirici, i quali partendo dall’isola di Leucadia (Santa Maura) presso la costa occidentale della Grecia, dov’era a Sud-Ovest la città Neretum, per ricordi di quei luoghi, la edificarono”.
Il Palma fa derivare il nome dal greco Neros (luogo basso e umido). Il Prevosto Vincenzo Tanai parla di Neritos (luogo boscoso e ameno). Altri teorizzano che derivi da Neretum (l’attuale città di Nardò). L’ipotesi che però rimane più affascinante e singolare è quella del Prof. Dino Camplese che sostiene: “La Val Vibrata non fu estranea alle scorrerie degli Arabi; i Saraceni dominavano allora, con le loro abili safene, anche l’Adriatico. I ruderi delle costruzioni in calcestruzzo, chiamate appunto, tradizionalmente “Saracine”, testimoniano la loro presenza nella zona. È noto che i Saraceni erano chiamati anche i Narateni della Dalmazia, discendenti dai Liburni e Slavi. Essi provenivano dal territorio compreso tra Spalato e il fiume Narenta o Neretva”
L’antica voce dialettale che chiama il paese Nareta confermerebbe questa affascinante ipotesi. Le origini di Nereto sono in ogni caso Neolitiche. Ciò fu confermato da una scoperta di una capanna preistorica in contrada Crocetta (la cosiddetta Capanna di Pajialonga) da me fatta nel 1986. Il fondo di capanna fu scavato dall’archeologo Vincenzo D’Ercole della Soprintendenza Archeologica di Chieti. Questa scoperta confermò la diffusione del neolitico in tutta la Val Vibrata riproponendo l’importanza della Cultura di Ripoli.
La Chiesa di San Martino (primi del XII secolo secondo il Gavini) viene accostata alla più nota Santa Maria a Vico di Sant’Omero al confine con Nereto.
“L’esistenza di una fabbrica romanica è confermata dai documenti oltre che da tracce archeologiche. Ricordata nelle carte con l’appellitivo “Ad Gaglianum” o “Ad Galignanum”.
Il Palma parla anche della statua di Maria SS posizionata nell’Altare maggiore con la denominazione “Madonna di Galliano”. Inoltre lo stesso storico parla di un Monastero, accanto alla chiesa di San Martino, di cui si era persa ogni traccia ma che oggi torna di attualità. Prima dell’approvazione di un piano di lottizzazione su questa zona sollecitati nel 2004 l’Amministrazione Comunale a valutare bene l’opportunità di tale intervento. Successivamente, durante gli scavi preordinati per una strada, sono venuti alla luce i primi elementi che hanno fatto subito supporre l’esistenza di un sito archeologico secondo le previsioni del Palma e del Dè Giudobaldi.
“Ad un quarto di miglio di levante di Nereto, esiste ancora la chiesa di San Martino a tre navi, ed accosto ad essa sono presenti i vestigi di un antico monastero”.
Lo stesso archeologo Dè Guidobaldi parlò della potenzialità archeologica di tale area. Nei pressi della chiesa di San Martino a Galliano, a 300 mt. a sud di Nereto, a qualche decina di metri dal lato SE, durante alcuni lavori agricoli, furono scoperti nel 1884 “avanzi di costruzioni in opus signinum a forma circolare, forse vasche per bagni, una fistola di piombo, un orologio solare di travertino in forma quadrata senza gnomone”. Oltre a questa precisa testimonianza, il Dè Guidobaldi accenna alla presenza di conserve d’acqua a San Martino a Galliano che corrispondono con tutta probabilità a tali avanzi”. Si deve alla sensibilità dell’Amministrazione Comunale e del proprietario dell’area Ing. Gabriele Frattari se un pezzo della storia di Nereto è stato salvato. Immediatamente avvertita la Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, tramite l’archeologo Dott. Glauco Angeletti, ha fatto ispezionare il sito dal Dott. Giampaolo Di Virgilio che ha relazionato sulla importanza del ritrovamento. Successivamente è stato autorizzato uno scavo archeologico preventivo e strategico condotto dalla Dott.ssa Di Vincenzo. I lavori si sono protratti dal 15 Marzo al 2 Maggio 2006. Le murature vanno riferite ad epoca altomedioevale con riutilizzo di materiale di epoca romana. Il settore nord-occidentale probabilmente era destinato ai seppellimenti, quello nord-orientale forse aveva una destinazione abitativa.
La notevole mole di materiale romano (frammenti di terra sigillata italica, frammenti di anfore, monete di bronzo di epoca imperiale) dimostrano come l’antica “Gallianum” sia importante per capire lo sviluppo storico e socio-economico della Val Vibrata dal Neolitico all’Alto Medioevo. Nel tempo la chiesa di San Martino perse di importanza poiché gli abitanti preferirono spostarsi più in alto dov’è l’attuale centro storico.
Per sopperire alle necessità di culto, il Comune fece innalzare un nuovo tempio “a capo dell’antico paese incasellato”: la chiesa di S. Maria della consolazione – chiesa Madre, con il campanile ancora esistente, che sostituì l’antica pieve di San Martino posta “extra moenia”. Essa fu ampliata verso la metà del secolo scorso, a spese della “cassetta personale” di Ferdinando di Borbone, e conserva oggetti sacri di valore artistico del Rinascimento, tra cui una Croce d’argento cesellata dalla scuola di Guardiagrele. Questa bellissima chiesa conserva affreschi del pittore Giuseppe Toscani. Altre chiese hanno una certa importanza come quella del Suffragio o quella della Madonna Addolorata (ricostruita in altro luogo dopo la distruzione dell’antica chiesa omonima che esisteva nella Piazza del Carbone oggi Piazza Marconi).
Ma una “chiesetta” suggestiva va descritta se non per il fatto che quasi nessuno ne ha parlato. Nell’attuale zona industriale “resiste” da oltre 450 anni (l’ultimo restauro risale al 1955) una chiesetta rurale dedicata ai Santi Filippo e Giacomo che conserva, oltre alla campana originale, due terrecotte interessanti murate all’esterno (datate 1629). Nel 1916 G.B. Visconti, Vescovo aprutino, rilascia il privilegio di patronato a Girolamo Ciccone, intenzionato a fondare a Nereto una chiesa rurale dei S.S. Filippo e Giacomo. Nel 1641, il 5 novembre, Domenico di Filippo dei Guidobaldi, elargisce doni alla chiesa della Madonna del Soccorso e dei S.S. Filippo e Giacomo, eretta dal padre in contrada “Rocca” di Nereto. Questa chiesetta andrebbe restaurata per non farla cadere nel completo abbandono. Altro monumento poco conosciuto e da salvare è l’antico Convento dei Carmelitani in Via Fermi ex Via del Convento. “Nel 1700 morì senza eredi il medico Giuseppe Scarfolli, che destinò i suoi beni alla fondazione di un collegio dei Gesuiti; ma questi rifiutarono, ritenendo insufficiente la donazione, e altrettanto fecero Domenicani e Conventuali. Nel 1735 accettarono tre Carmelitani di Ascoli…” Questo convento ebbe una certa importanza (le sue vicende interne e quelle legate al territorio sono ancora in fase di studio da parte degli storico locali). Per quanto riguarda l’insegnamento, Nereto è stato sempre un paese all’avanguardia: “con un decreto del 1783 furono aperte a Nereto una scuola primaria in cui si insegnava a leggere, scrivere e la lingua latina bassa e una scuola secondaria di lingua latina superiore e di retorica; sedi di tali scuole fu la casa del benefattore”.
Il paese è sempre stato il centro di manifestazioni culturali ed artistiche considerando che annovera fra i suoi concittadini personaggi di spessore nazionale: Ferdinando Ranalli (Nereto 1813 – Pozzolatico – Fi) 1899 scrittore, saggista, politico, storico, deputato della X legislatura, considerato da Francesco De Sanctis “Lultimo dei Puristi”. Domenico Dè Guidobaldi (Nereto 1811 – Napoli 1902) archeologo. “Molte accademie lo accolsero tra i loro soci, citiamo solo l’Arcadia di Roma fin dal 1848, la Reale Accademia Ercolanese e quella di Berlino”. Emidio Piermarini (Nereto 1888 – Roma 1969) poeta, favolista, epigrammista, scopritore nella biblioteca di Napoli di un inedito di Luigi Settembrini e di un manoscritto di Ludovico Ariosto di quindici ottave inedite provenienti dalla Biblioteca del Museo Nazionale nella Certosa di San Martino in Napoli. Armando Santoni (Nereto 1910 – Napoli 1972): “Dal 1958 diventa direttore della clinica oculistica dell’Università di Napoli. Il 14 febbraio 1958 ottenne la promozione a professore ordinario in clinica oculistica… ci restano oltre cento pubblicazioni scientifiche e vari volumi tra cui “Oculistica per medici e studenti”. Dal punto di vista dell’arte contemporanea Nereto è anche considerato il paese dei monumenti. Due figure in bronzo troneggiano davanti al comune e sono opera dello scultore Augusto Murer. Il monumento in bronzo dedicato al “cittadino onorario Sandro Pertini” è opera dello scultore Michele Zappino dell’Accademia delle Belle Arti di Brera. Opere in bronzo dello scultore neretese Francesco Perilli:busto bronzeo dedicato a Francesco Ranalli, una stele bronzea dedicata a Emidio Piermarini, il monumento in bronzo dedicato al Multiculturalismo opera che è presente in Canada, Bosnia, Cina e a dicembre anche in Sudafrica. Il marchigiano Ferretti ha realizzato in bronzo la Madonna della Consolazione per il bicentenario di un miracolo che la tradizione dice essersi compiuto nel 1798. Recentemente è stato inaugurato un monumento dedicato a Padre Pio voluto da un contadino locale.
Nella abitazione ottocentesca della famiglia Sorge (famose sono le lettere che D’Annunzio inviò a donna Vinca Sorge Delfico) è murata una lapide, con iscrizione romana, rinvenuta nei pressi di Santa Maria a Vico. Infine, a lato del comune, “vive” nella sua solitudine una campana in bronzo fusa dalla “Pontificia Fonderia Marinelli” di Agnone, in ricordo del bicentenario del miracolo del 1798. In questa campana c’è scritto a rilievo: “Nereto città della Solidarietà”. E questo è il motto più bello per una cittadina orgogliosa delle sue tradizioni e dell’impegno sociale che ha sempre profuso nella sua gloriosa storia.