testo di Ivan Masciovecchio, foto di Gino di Paolo
I popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie quando impararono a coltivare l’ulivo e la vite”. Così racconta nel V secolo a.C. lo storico greco Tucidide nelle sue Historiae. Simbolo della pace e della fratellanza per eccellenza, l’olivo (o ulivo che dir si voglia) affonda le sue radici in Abruzzo più o meno attorno allo stesso periodo, adattandosi nel tempo alle diverse peculiarità geomorfologiche della regione, trovando quindi il suo habitat naturale nella fascia pedemontana e collinare delle province di Chieti, Pescara e Teramo, senza trascurare comunque alcune zone della provincia dell’Aquila particolarmente votate, come la Valle Roveto e la Valle Peligna.
Territori con microclimi e caratteristiche unici che, grazie anche alla laboriosa opera dell’uomo, si sono rivelati essere luoghi d’elezione per diverse e numerose tipologie di olive. Così, solo per restare alle principali, se si esclude la cultivar Leccino la quale, benché di origine toscana, si è diffusa con una certa omogeneità in gran parte della regione, in provincia di Chieti è possibile trovare la Gentile, la Nebbio, la Cucco e la Intosso (destinata esclusivamente alla tavola), nel comprensorio pescarese abbiamo la Dritta, tipica delle zone vestine e conosciuta anche col nome di Loretana, Lordana o Moscufese, ad indicare i comuni di Loreto Aprutino e Moscufo da cui probabilmente ha avuto origine; la Toccolana dell’area casauriense e la Carpinetana; nel teramano, invece, oltre ad una discreta diffusione di Leccino e Dritta, troviamo la Frantoio, la Castiglionese, presente soprattutto nelle aree limitrofe al comune di Castiglione Messer Raimondo, la Tortiglione, tipica delle vallate del Tordino e del Vomano, e la Carboncella diffusa sulle colline della Val Vibrata; infine, per quanto numericamente irrilevanti, nella Valle Peligna troviamo le tipologie Gentile dell’Aquila e Rustica, mentre in Valle Roveto è predominante la Monicella.
Diffuso su circa 44 ettari di superficie coltivata, l’insieme di questo straordinario patrimonio varietale garantisce annualmente all’Abruzzo oltre 130mila tonnellate di produzione olivicola (sesto posto a livello nazionale, dati Istat del luglio scorso), più della metà concentrata in provincia di Chieti che, insieme a quella di Pescara, raggruppa oltre l’83% del totale regionale. Seguono Teramo con il 14% e L’Aquila che chiude con un 3% quantitativamente scarso, ma dal quale si estrae un ottimo “extravergine d’oliva delle Valli Aquilane”. Frutti pregiatissimi da cui si ricavano mediamente circa 15-20mila tonnellate di olio, in gran parte di eccellente categoria extravergine, dotato di proprie e specifiche qualità organolettiche, la cui bontà è stata certificata anche in sede europea con la concessione di ben tre riconoscimenti DOP (Denominazione di Origine Protetta) ad altrettanti ambiti produttivi.
Analizzandone brevemente le principali caratteristiche illustrate nei rispettivi disciplinari, l’olio extravergine Dop Colline Teatine è ottenuto con almeno il 50% di olive Gentile di Chieti e non più del 40% di Leccino (altre varietà sono previste nella misura massima del 10%). Può essere eventualmente accompagnato dall’indicazione geografica “Frentano” o “Vastese”; nel primo caso il rapporto tra le due tipologie principali di olive diventa 60-30%, mentre la seconda menzione prevede un massimo del 40% di Gentile, non meno del 30% di Leccino ed almeno un 10% di Moraiolo e/o Nebbio, restando invariata la quota del 10% riservata ad altre varietà. All’interno dei confini produttivi, di incantevole bellezza risulta la veduta degli uliveti disseminati sul crinale che dall’Abbazia di San Giovanni in Venere, tra Fossacesia e Rocca San Giovanni, digrada dolcemente verso il mare.
Spostandoci a nord, nel corso di questo 2013 si festeggerà il decennale della Dop concessa all’olio extravergine Pretuziano delle Colline Teramane, l’ultimo in regione ad ottenere il pregevole riconoscimento. Realizzato nella zona geografica riguardante la fascia collinare che attraversa tutta la provincia, partendo in prossimità del mare ed inoltrandosi verso l’interno per circa 25-30 chilometri, è ottenuto esclusivamente con un blend di olive varietà Leccino, Frantoio e Dritta fino ad un massimo del 75%; per il restante 25% possono essere utilizzate varietà locali minori, tra le quali la Carboncella, la Castiglionese e la Tortiglione. Viene, infine, ottenuto esclusivamente da olive di varietà Dritta, Leccino o Toccolana, da sole o in maniera congiunta, in misura non inferiore all’80% (possono essere presenti altre varietà fino ad un massimo del 20%) l’olio extravergine Dop Aprutino Pescarese.
Molto ampio l’areale di produzione, che comprende gran parte del territorio provinciale, insistendo sul comprensorio di ben 33 comuni su 46; tra questi, Loreto Aprutino, Moscufo e Pianella rappresentano i vertici del cosiddetto “triangolo d’oro” dell’olio d’Abruzzo. Ricordiamo che a Loreto Aprutino, realizzato all’interno di un antico frantoio di fine ‘800, dal 2005 è attivo il Museo di Storia dell’Arte Olearia d’Abruzzo, sede dell’Oleoteca Regionale e luogo di saperi e sapori in cui immergersi per apprendere i segreti di questa cultura millenaria.