Presentato nei giorni scorsi a Lanciano (CH) dopo l’anteprima romana del novembre scorso, il 13° rapporto annuale Federculture 2017 “Impresa Cultura. Gestione, Innovazione, Sostenibilità” (Gangemi Editore) fotografa un settore che dopo anni di incertezze dimostra di aver imboccato la via giusta per uscire dalla crisi. I cittadini italiani, infatti, sono tornati a spendere nella cultura, attestandosi a 68,4 miliardi nel 2016 e recuperando circa 4 miliardi in tre anni dopo il crollo dei consumi del 2013.
Anche in termini di partecipazione culturale la ripresa è netta, e non solo nell’ultimo anno, con un vero e proprio balzo in avanti in particolare per quanto riguarda la fruizione del patrimonio – musei, monumenti, aree archeologiche – cresciuta del 22% nel triennio 2013-2016. Anche il turismo vola: nel 2016 gli esercizi ricettivi hanno fatto registrare il massimo storico sia in termini di arrivi (116,9 milioni) che di presenze (403 milioni).
Le note positive, però, non devono far dimenticare le criticità che tuttora permangono. Un dato su tutti: la lettura nel nostro Paese è ancora abitudine di pochi con solo il 40,5% degli italiani che legge almeno un libro all’anno; dato in calo costante da tempo ormai, considerato che nel 2010 era vicino al 47%. Inoltre, ancor più gravemente, gli italiani che in un anno non svolgono alcuna attività di tipo culturale sono il 37,4%, con la percentuale che supera il 50% nelle famiglie a basso reddito.
Aumentare quindi la partecipazione dei cittadini e l’accesso diffuso ai beni e alle attività culturali è una priorità chiaramente individuata anche all’interno del volume (che è possibile acquistare on line cliccando qui), ma per agire significativamente sulle loro abitudini di consumo e sulla crescita culturale è necessario intervenire sull’innovazione e sulla gestione della cultura. È questo il tema centrale del 13° rapporto che, attraverso diversi interventi, ribadisce come una gestione moderna, efficace e sostenibile del patrimonio e delle attività culturali può costituire l’elemento chiave per lo sviluppo dell’intero settore, migliorando la pubblica fruizione, producendo valore non solo economico ma anche sociale nel Paese.
Analizzando brevemente alcuni dati relativi all’Abruzzo, anche in questo caso si possono riscontrare luci ed ombre. Riguardo alla spesa delle amministrazioni regionali per la cultura, nel periodo 2011-2014 l’Abruzzo fa registrare un preoccupante – 68%, passando da 15.527.677 a 4.923.533 e piazzandosi al penultimo posto tra le regioni italiane. In un contesto di riduzione generalizzata degli investimenti, peggio ha fatto solo il Molise con un – 82%, mentre hanno fatto registrare un segno positivo Puglia (94%), Campania (79%) e Basilicata (54%).
Riguardo al mecenatismo privato, prendendo in considerazione la misura dell’Art Bonus, l’Abruzzo si piazza ancora nella parte bassa della classifica raggranellando soltanto € 34.000 con soli due interventi finanziati da enti non commerciali (dove sono comprese anche le fondazioni bancarie). Niente hanno investito imprese e persone fisiche (fonte ArtBonus aggiornati a luglio 2017). Esaminando inoltre la spesa media familiare per la cultura nell’anno 2016, anche qui l’Abruzzo non eccelle, facendo registrare una forte contrazione (- 13,2%) rispetto all’anno precedente ed attestandosi ad un importo mensile di € 78,28 rispetto ad una media italiana di 130,06.
Venendo ai dati positivi, nel triennio 2013-2016 in Abruzzo cresce la partecipazione dei cittadini ad eventi culturali registrando un + 33,8% in termini di visite a siti archeologici e monumenti, + 7,6% al cinema, + 18,6% a musei e mostre, + 14,1% a concerti di musica leggera, + 4,3% a teatro. Infine l’Abruzzo si piazza ai piani alti nella classifica nazionale per soddisfazione generale degli ospiti rilevata tramite sentiment calcolato in base ai giudizi positivi e ai giudizi negativi pubblicati nei diversi canali come TripAdvisor, Booking.com, Expedia nel periodo da ottobre 2015 a ottobre 2016: sesto posto con gradimento positivo dell’84,2% a poca distanza dal top rappresentato da Basilicata a Valle d’Aosta di poco superiori all’86%.