La storia della maiolica in Abruzzo comincia nel basso Medioevo, quando alla più antica tradizione produttiva di ceramica altomedievale locale, si affianca quella di ceramica rivestita di smalto stannifero – la cosiddetta maiolica – che ha origine nell’ambiente islamico occidentale
di Vincenzo de Pompeis
La posizione geografica della regione e la sua situazione politico-economica favoriscono l’affermazione di un’originale maiolica di alto livello qualitativo, influenzata stilisticamente da produzioni sia del centro che del sud della penisola. Probabilmente, l’esistenza di fiere importanti e di intensi traffici che avvengono lungo la “Via degli Abruzzi” – la strada che nel tardo medioevo collega Firenze a Napoli, attraverso Perugia, Rieti, L’Aquila, Sulmona, Isernia e Capua – facilitano l’assimilazione di modelli decorativi e morfologici da regioni sia del centro-nord che del meridione. La maiolica medievale è usata per il servizio da mensa, da conserva, ma anche con funzioni ornamentali per via della brillantezza e della vivacità delle sue colorazioni, come dimostra la eccezionale testimonianza del ciborio della chiesa di San Pietro ad Oratorium, a Capestrano (AQ), ornato con pregevoli piastrelle in maiolica del tardo XIII secolo. La decorazione geometrica o figurata delle piastrelle, per alcuni aspetti trova riscontri in Umbria e per altri, quali i motivi a reticoli puntinati, le campiture a puntini e i contorni a file di punti, trova riscontri in coeve produzioni dell’Italia meridionale. Nel territorio di Pennadomo (CH), sono stati rinvenuti i resti del pavimento della diruta chiesa di Santa Lucia, che ci offrono un altro pregevole esempio dell’uso di mattonelle maiolicate policrome per ornare l’interno di chiese medievali. Si tratta di mattonelle con decorazioni figurate, geometriche o floreali, risalenti ai primi decenni del XV secolo. Una suggestiva testimonianza dell’uso della maiolica medievale abruzzese per il servizio da mensa, si osserva in affreschi dell’epoca raffiguranti “l’ultima cena”, con tavole imbandite su cui spiccano boccali e, talvolta, forme aperte in maiolica variamente decorati. A Fossa (AQ), nella chiesa di Santa Maria ad Cryptas, se ne ha un esempio risalente al tardo XIII secolo. Un notevole contributo alla conoscenza delle più antiche produzioni maiolicate abruzzesi ci è stato dato dal rinvenimento di vasellame – per lo più boccali, brocche e scodelle – avvenuto presso la chiesa di S. Francesco a Lanciano (CH). Si tratta di maioliche attribuite a produzioni locali, inquadrate cronologicamente nel XIII-prima metà del XIV secolo, probabilmente coeve alle prime attestazioni di maiolica arcaica centro-settentrionale. Le decorazioni sono effettuate con il bruno, il verde e, talvolta il giallo. La tipologia decorativa è essenzialmente geometrica e pseudo-araldica, ma sono attestate ulteriori tipologie con motivi floreali e umani a rilievo. Simili caratteristiche si riscontrano anche su coeve produzioni documentate in aree interne della regione. A partire dalla fine del XIII-inizi XIV secolo, in Abruzzo si ha la diffusione di un’altra tipologia di maiolica medievale: la cosiddetta maiolica arcaica blu, anch’essa correlabile a produzioni sia meridionali, sia dell’Italia centrale. Nel Rinascimento le produzioni di Castelli incominciano a prevalere sulle altre realtà produttive della regione, detenendo questo monopolio anche nei secoli successivi. Le importanti produzioni rinascimentali di maiolica di Anversa degli Abruzzi e Tagliacozzo, non raggiungono il livello qualitativo e non hanno l’ampio mercato delle coeve produzioni castellane, presenti fin sull’altra sponda dell’Adriatico. Queste, verso la metà del Cinquecento sono persino lodate da un autore straniero, lo spagnolo Beuter. Non a caso, le maioliche artistiche prodotte a Castelli tra il Rinascimento e il Neoclassicismo oggi sono esposte nei principali musei del mondo. Infatti, a partire dagli anni venti del Cinquecento, i maiolicari castellani incominciano ad abbandonare la produzione di ceramiche ingobbiate per specializzarsi sempre più in quella di maioliche, soprattutto produzioni di lusso e di qualità medio alta. Vengono così realizzate maioliche ispirate a porcellane di provenienza cinese, maioliche decorate in “bianco sopra bianco” e varie tipologie policrome tra cui la cosiddetta “Orsini-Colonna”, che otterrà un notevole successo commerciale. Nell’articolo dedicato alle grandi dinastie di ceramisti, si ripercorre brevemente l’evoluzione dello stile della maiolica artistica regionale. Pertanto, Castelli diventa il centro “leader” delle produzioni maiolicate abruzzesi, comincia ad influenzare lo stile degli altri centri ceramici della regione e persino a determinare la nascita di nuove realtà produttive, quali quelle importanti di Torre de’ Passeri (PE) e Bussi sul Tirino (PE), rispettivamente avviate da maestranze castellane alla fine del XVII e all’inizio del XVIII secolo. Ad Atri (TE), la produzione di raffinate maioliche viene avviata per via di due illustri maestri castellani, i fratelli Aurelio e Liborio Grue, che vi si trasferiscono nella prima metà del Settecento. Col passare del tempo, Castelli mantiene la “leadership” e ancora oggi è il centro di produzione più importante della regione. La decadenza della maiolica artistica castellana, già avviata intorno alla metà del Settecento, raggiunge il culmine nell’Ottocento, quando il mercato di questi prodotti si riduce drasticamente, mentre quello dei prodotti castellani d’uso comune continua a mantenersi vitale e può contare su consistenti esportazioni in alcune regioni italiane. Nel secondo Ottocento, la gran parte del mercato della maiolica abruzzese si rivolge ad un ceto medio basso per lo più borghese, ma anche contadino. Tra le forme più richieste da questo ceto vi sono grandi piatti collettivi detti “spase”, dove si mangia in più persone, boccali, brocche, borracce “da pellegrino” e zuppiere per riporre salsicce, strutto di maiale e altri alimenti. Oltre a Castelli, i più importanti centri abruzzesi dediti a questo genere di produzioni sono: Anversa degli Abruzzi, Bussi sul Tirino, Palena e Rapino. La manifattura di Torre de’ Passeri, che nel Settecento era stata tra le più importanti della regione, è ormai decaduta. Tra il tardo Ottocento e i primi decenni del Novecento, i maiolicari di questi centri vedono giungere in Abruzzo un nuovo prodotto dal costo contenuto, la terraglia, importato da alcune località italiane, soprattutto piemontesi; decidono di imitarne le decorazioni, per cui cominciano ad utilizzare i motivi eseguiti a spugnetta, a fiori sparsi o legati a mazzetto, gli uccellini su ramoscelli, i gruppi di casette, le filettature e le fasce orizzontali policrome. Tuttavia, la debolezza del mercato della maiolica d’uso comune porta alla progressiva scomparsa della lavorazione della maiolica in tutti gli storici centri di produzione tranne che a Castelli e a Rapino, dove si mantiene viva fino ai giorni nostri. Durante la fase del tardo Ottocento-primi del Novecento, in questi due centri lavorano anche pittori di maiolica artistica che mantengono alta la qualità delle produzioni, tra cui esponenti delle famiglie Barnabei, Fuina e Pardi per Castelli, Cappelletti e Cascella per Rapino. Inoltre nel 1906, a Castelli viene fondata la Scuola d’Arte per la ceramica, in seguito divenuta Istituto Statale d’Arte, che si rivela fondamentale per mantenere vitale e alto il livello della lavorazione della maiolica di Castelli. Oggi vi sono numerose realtà che producono maiolica in Abruzzo, ma servirebbe un maggior coraggio nel rinnovare i repertori morfologici e decorativi – adeguandoli alle nuove tendenze del gusto – e nello sperimentare produzioni innovative.