L’origine dell’attuale piazza Italia è strettamente connessa all’unificazione, nel 1927, dei borghi di Pescara e Castellammare Adriatico, che offrì l’occasione al podestà Berardo Montani di avviare quel programma di rinnovamento urbanistico che avrebbe avuto il suo fuoco compositivo proprio nell’allora piazza dei Vestini
testo di Aldo Giorgio Pezzi, foto di Gino Di Paolo
Intorno ad essa, infatti, si sarebbero concentrati i principali edifici pubblici del nuovo capoluogo: il Municipio, il Palazzo del Governo, il Palazzo di Giustizia, la casa del Fascio e il Palazzo delle Poste e Telegrafi. Per la realizzazione della piazza si scelse la Vallicella, un’area depressa inedificata posta lungo la sponda sinistra del fiume, nelle vicinanze di Villa De Riseis.
Pensata come cerniera fra l’antico abitato di Pescara – cui si collegava attraverso il nuovo ponte Littorio realizzato dall’architetto di regime Cesare Bazzani – e il cuore di Castellammare Adriatico, piazza dei Vestini subirà rispetto al primo progetto una serie di modifiche che ne ridurranno di molto l’originario aspetto scenografico. Con le reiterate modifiche e riduzioni del nuovo piano regolatore di Pescara, infatti, il progetto di una vasta piazza ottagonale in cui confluiva un sistema di viali diagonali lasciò spazio ad una sistemazione urbana ancora oggi inalterata, intrapresa nel biennio 1935-36 nell’ambito del progetto di ridefinizione di corso Vittorio Emanuele II e conclusa solo nel 1942. La piazza e gli edifici circostanti furono disegnati da Vincenzo Pilotti, architetto marchigiano che aveva dimostrato in più circostanze di saper ben interpretare le aspirazioni di regime attraverso un repertorio architettonico e urbanistico sempre aderente al classicismo di stampo accademico auspicato dai gerarchi fascisti.
L’attuale colpo d’occhio su piazza Italia restituisce una immagine piuttosto diversa rispetto a quella offerta dal primo progetto di Pilotti, il cui obiettivo dichiarato era quello di dilatare le dimensioni reali della città esistente, e al contempo rompere il ritmo della scacchiera con un episodio urbano fortemente centralizzante.
Persa da subito la sua centralità, piazza Italia ha nel tempo risentito anche di una serie di interventi che ne hanno segnato significato e percezione visiva: la realizzazione negli anni Ottanta del secolo scorso dell’asse attrezzato (arteria stradale nata per consentire il rapido accesso veicolare dall’esterno al centro cittadino), che ha portato a far confluire su di essa un flusso intenso e costante di traffico con il risultato di cancellare il rapporto tra gli edifici che la delimitano e il suo ampio spazio triangolare; la fitta piantumazione di pini marittimi, che, con la crescita, ha reso impossibile la lettura della piazza nella sua interezza.
Ciò nonostante, piazza Italia rimane comunque un importante segno del percorso di modernizzazione della città tra le due guerre, oltre che luogo simbolo dell’amministrazione cittadina, oggi rimarcata dalla presenza di tre soli edifici pubblici, comunque improntati all’enfasi monumentale del periodo: il Municipio con l’alta torre dell’orologio e l’originario Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, entrambi con schema planimetrico ad ‘L’ e prospettanti oltre che sulla piazza anche sul corso, seppure arretrati; il Palazzo del Governo – ora sede della Provincia – con pianta a ‘C’ e fronte principale segnato da due marcati avancorpi laterali a chiusura della testata della piazza rivolta in direzione del mare. Gli attuali gruppi marmorei in pietra che coronano la parte centrale di questo fronte hanno sostituito, nel dopoguerra, l’originaria scritta “duce”.
Si tratta di quattro grandi sculture realizzate dall’ortonese Guido Costanzo (la “Miniera”, l’“Agricoltura”, il “Mare”, il “Fiume”) che alludono ad alcune delle maggiori attività produttive di allora del territorio abruzzese. Una composizione di analogo tema, costituita da quattro statue femminili di bronzo che poggiavano su altrettanti basamenti di travertino, arricchiva il ponte Littorio, monumentale opera inaugurata nel 1933 su progetto di Cesare Bazzani. Realizzate dallo scultore Vicentino Michetti, rappresentavano l’agricoltura, la pastorizia, l’industria e la pesca.
L’edificio della Provincia, che include anche gli uffici della Prefettura e della Biblioteca Provinciale, custodisce nel salone riservato alle riunioni della Giunta Provinciale la tela dal titolo La figlia di Jorio, una della più importanti opere del pittore Francesco Paolo Michetti.
La simmetria della composizione generale del complesso architettonico che racchiude la piazza – sottolineata da elementi ricorrenti nei tre edifici come gli scaloni di accesso dalla piazza e il ritmo seriale delle aperture uguali fra loro – il linguaggio classicista semplificato che esalta i volumi d’angolo dei palazzi e della torre, infine l’uso di materiali ricorrenti nella tradizione accademica romana come il mattone e il travertino di rivestimento, contribuiscono a comunicare con imponenza ed efficacia immediata il ruolo delle istituzioni dell’epoca che le fabbriche di piazza Italia sottendevano. L’ispirazione generale del progetto, secondo lo stesso Pilotti, trovava un riferimento nel ‘glorioso periodo dei Comuni’ che avrebbe accomunato il fervore dei cittadini della nuova provincia sorta per volontà del Duce a quello degli artefici delle architetture dell’epoca dei Comuni.
Nell’area centrale della piazza trovano posto, in uno spazio segnato da piantumazioni e da un ampio spazio pedonale, una fontana di forma rettangolare con al centro “La Pescara”, un notevole gruppo bronzeo del 1947 raffigurante una giovane donna che cavalca un mostro marino, opera dello scultore Giuseppe Di Prinzio (autore sempre a Pescara delle ghiere sul ponte Littorio e dei pannelli interni al palazzo delle Poste). Al lato della fontana, un busto di Gabriele d’Annunzio di modeste dimensioni della scultrice aquilana Renata Setta Ranieri.