Classe 1980, sguardo curioso e discreto sulla realtà che lo circonda, profilo volutamente ombroso pur essendo comunemente immerso in un universo di luci e colori. È Andrea Straccini, giovane fotografo pescarese di formazione autodidatta
Un fotografo attivo sia nel campo scintillante della pubblicità che in quello meno glamour della ritrattistica, benché rivendichi un’attitudine quasi naturale verso una fotografia del quotidiano intima ed introspettiva. Ecco il racconto di come tutto è cominciato. E di come vive la fotografia oggi.
L’incontro con l’arte del narrare per immagini avviene in maniera abbastanza casuale circa dieci anni fa, colpito dalla copertina di una guida sulla fotografia naturalistica del National Geographic che riportava la foto di un bambino con il volto ed il corpo colorati di rosso, uno dei tanti capolavori del celebre Steve McCurry. Da allora, i primi inconsapevoli still life tra le mura domestiche, la scoperta della luce e la creazione delle forme, tanti chilometri di pellicola impressionati e, soprattutto, una serie di incontri che influenzeranno in maniera indelebile il suo percorso artistico e personale fino ai successi di oggi.
Il suo ultimo lavoro, in esposizione fino alla fine di settembre presso gli spazi multiculturali del circolo “Vini e Oli” di Pescara Vecchia, ha il titolo esplicito ed evocativo di “In A! Fotografie in bianconero su carta proveniente dalla Bohemia”. È il racconto della promozione nella massima serie della squadra di calcio del Pescara attraverso i volti ed i corpi dei suoi tifosi. È lo stesso Andrea a parlarcene. «Sono immagini random prese allo stadio verso la fine del campionato, quando l’entusiasmo stava raggiungendo l’apice, corredate ovviamente dalle foto della festa vera e propria quando il sogno è diventato realtà. Mi sono concentrato quasi esclusivamente sui tifosi perché mi interessa raccontare le persone. Ho deciso comunque di inserire anche due foto di quelli che secondo me rappresentano un po’ i simboli e gli estremi di questa avventura, ovvero Verratti e Zeman. L’immagine di Verratti con la squadra l’ho voluta perché è molto naturale, non sembrano neanche calciatori ma ragazzi come noi; in quella del mister c’è una grata oltre la quale la folla vorrebbe toccarlo, abbracciarlo; lui dà la mano ad un tifoso ma ha lo sguardo perso nel vuoto; ecco, quell’attimo l’ho inteso come il segno che lui era già altrove, lontano, verso la sua nuova destinazione».
Stampate nel piccolo formato 18×24 dettato unicamente da una scelta di compromesso con gli spazi a disposizione, le immagini ruotano attorno ad una foto più grande che funge da fulcro, l’unica a colori. «Si riferisce ai festeggiamenti avviati subito dopo la gara con la Nocerina. Mi piaceva il contrasto fortissimo tra il rosso del fumogeno e il blu scuro della notte. Poi c’è questo ragazzo a petto nudo al centro della scena che in mezzo a quel delirio sembra aver raggiunto la pace dei sensi, trasmettendo un sentimento di quiete inaspettato». La scelta di cosa mostrare è avvenuta in maniera, se vogliamo, provocatoria. «Naturalmente sono foto che a me piacciono moltissimo anche se sono proprio quelle che hanno ottenuto il numero più basso di ‘mi piace’ sul mio profilo Facebook. Possiamo dire che io preferisco sempre esporre il “lato B” dei miei scatti più belli».
Dopo essere andato per lungo tempo alla ricerca dell’immagine perfetta, il futuro artistico di Andrea Straccini si presenta all’insegna della semplicità e dell’immediatezza, anche mediante l’utilizzo di macchine compatte e meno ingombranti, ma senza rinnegare in nessun modo l’uso della pellicola. «In questi anni ho imparato che nella fotografia conta soprattutto stare dentro alle situazioni, esserci, avere occhio per capire ciò che merita di essere fotografato. In sintesi, più istinto e meno tecnica».
Ivan Masciovecchio