testo e foto di Ivan Masciovecchio.
Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. E di mastri birrai! Questo andrebbe aggiunto alla frase di mussoliniana memoria scolpita sul Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur di Roma – altrimenti conosciuto come il Colosseo quadrato – per descrivere la natura degli italiani. Parola di Lorenzo Kuaska Dabove, il poeta alieno unanimemente considerato uno dei massimi esperti di birra artigianale nel nostro Paese, atterrato la scorsa settimana in terra d’Abruzzo come guest star della prima edizione dell’Abruzzo Beer Festival. Ospitata negli accoglienti spazi del Centro Espositivo della Camera di Commercio di Chieti scalo, la manifestazione promossa tra gli altri dalla neonata Associazione Birrai Abruzzesi alla cui presidenza è stato eletto Jurij Ferri del birrificio Almond ’22, ha visto la partecipazione di ben tredici produttori regionali su venti, facendo registrare in tre giorni oltre duemila presenze tra appassionati bevitori, curiosi ed addetti ai lavori.
A supportare Kuaska nella sua boutade i numeri di un movimento che in meno di vent’anni ha visto aumentare in maniera vorticosa ed esponenziale la propria consistenza, potendo contare attualmente su oltre 750 realtà brassicole attive – tra stabilimenti di proprietà e beer firm – praticamente in ogni regione d’Italia, più di quattromila tipologie di birra prodotte per un totale di oltre 500mila ettolitri, una quota di mercato che si attesta sul 2% ma con una crescita annua che viaggia tra il 15 ed il 20% del totale dei consumi; valori considerevoli che testimoniano la definitiva esplosione del fenomeno dopo una prima fase di stampo pioneristico avviata nel 1996.
«Il nostro segreto è la biodiversità – ha affertmato Kuaska – ed il fatto, paradossalmente, di non avere una tradizione a cui far riferimento. In questo modo i birrai italiani sono (stati) liberi di sviluppare la propria originalità e creatività utilizzando, ad esempio, prodotti insoliti come le castagne o le mele, oppure cereali tipici come il farro; oppure creando un collegamento con il mondo del vino mediante l’impiego di mosto cotto, acini d’uva o addirittura barrique dove far maturare la birra. Anche il packaging costituisce un punto di forza del nostro movimento perché la bottiglia rappresenta lo specchio del made in Italy anche nel design».
In questo processo, l’Abruzzo si è dimostrata una regione particolarmente ricettiva, moltiplicando gli stabilimenti nel breve volgere di qualche anno, confermandosi una realtà viva ed in continuo mutamento, pervasa da personalità, filosofie e metodologie di lavoro differenti. Oggi sono quindici i birrifici presenti nella nostra regione anche se, come già accennato, in totale sono ben venti le realtà brassicole attive sul territorio, alcune delle quali recentemente premiate nell’edizione 2015 della Guida alle Birre d’Italia di Slow Food presentata proprio durante i giorni del festival dopo la sua uscita nell’aprile scorso (leggi qui per scoprire tutti i riconoscimenti abruzzesi).
Coadiuvato da Anna Borrelli – sommelier Fisar originaria di Guardiagrele, capace di non farlo deragliare durante le sue pirotecniche esposizioni – nei giorni del festival Kuaska ha tenuto a battesimo tutti i produttori presenti in fiera, perché è molto importante conoscere la personalità dei birrai, presentandoli uno ad uno nel corso di una serie di informali degustazioni. Positivamente sorpreso nell’averli trovati nel complesso un po’ cauti, poco orientati verso una produzione di birre dai gusti estremi, tra un assaggio e l’altro ha coinvolto l’attenta platea guidando una avvincente conferenza sul Mistero del Lambic, l’anello mancante tra la birra e il vino, ovvero su quelle birre acide a fermentazione naturale esclusive di una zona del Belgio chiamata Pajottenland e delle quali il birrificio Cantillon – attivo fin dal lontano 1900 nella sua sede originaria di Anderlecht (Bruxelles) – rappresenta senza dubbio la massima espressione produttiva.
Una vera e propria mecca brassicola, un luogo sacro per chiunque si dichiari amante della birra artigianale, raggiunto in pellegrinaggio da un numero sempre crescente di visitatori, soprattutto italiani, aumentati del 52% nel giro di un solo anno, grazie anche all’azione divulgativa operata da Kuaska nominato per questo ambasciatore della Brasserie Cantillon nel mondo, nonché Principe del Pajottenland; titolo che – ha dichiarato – rappresenterà l’epitaffio che lo accompagnerà fino all’ultimo dei suoi viaggi.
Congedandosi dalla platea ricordando che il tempo non rispetta ciò che si fa senza di lui – come riportato sui muri scrostati del tempio di Rue Gheude a lui tanto caro – il diabolico Kuaska ha dato appuntamento a tutti al prossimo Salone del Gusto di Torino dove non mancheranno laboratori del gusto ed incontri legati al fermentoso universo di malti e luppoli, a testimonianza di come ormai anche la birra artigianale possa rappresentare a pieno titolo una voce rilevante del made in Italy agroalimentare di qualità.