Alba Fucens, si trova nella remota valle del lago Fucino; un pianoro dalla forma vagamente ovale, marcato dalla geometrica scansione dei campi coltivati. Qui, tra le pendici del gruppo Sirente-Velino vi sono molti altri centri che, come Massa d’Albe, custodiscono le vestigia dell’avvincente e tormentata storia della Marsica
testo di Luana Cicchella, foto di Gino di Paolo
Per chi non conoscesse questo Tesoro d’Abruzzo e avesse voglia di scoprirlo, risulta quantomeno utile un cenno alla “questione toponomastica”. Il luogo viene indicato genericamente col nome antico di Alba Fucens. In altri casi è possibile sentir parlare di Albe o Albe Vecchia oppure Albe medievale. Oggi per individuare la località è necessario cercare il comune di Massa d’Albe. Quest’intreccio di toponimi è il risultato di eventi secolari che hanno costretto nel tempo il centro abitato a cambiamenti di ubicazione e denominazione. Il paese, con le tracce delle varie trasformazioni, si trova nella remota valle del lago Fucino; un pianoro dalla forma vagamente ovale, marcato dalla geometrica scansione dei campi coltivati. Qui tra le pendici del gruppo Sirente-Velino vi sono molti altri centri che, come Massa d’Albe, custodiscono le vestigia dell’avvincente e tormentata storia della Marsica. In questi luoghi si trova un patrimonio culturale che, seppure cospicuo, svela notevoli lesioni provocate dall’inesorabile scorrere del tempo e dalle inarrestabili calamità naturali, prima fra tutte il terremoto. Gli abitanti del posto da sempre manifestano un profondo e sentito attaccamento all’area di appartenenza, alle più antiche tradizioni e a quel patrimonio che del passato è il segno tangibile. Grazie a questo atteggiamento gran parte delle testimonianze storiche sono state protette e, per quanto possibile, preservate dalla perdita definitiva. I resti romani dell’antica Alba Fucens si trovano nell’area più bassa del comune. Poco distante, sopra un colle appena rialzato, vi sono i ruderi della rocca medievale di Albe Vecchia, distrutta e abbandonata dopo il terremoto che il 13 gennaio 1915 devastò Avezzano ed i centri limitrofi. Più a nord sorge Massa d’Albe, il paese nuovo ricostruito nel corso del Novecento. Nota prigionia in epoca romana, nel Medioevo Alba Fucens divenne una prestigiosa contea e un importante sede religiosa del fiorente monachesimo. Tra il XII e il XIII secolo, durante la dominazione sveva fu uno dei principali feudi della Marsica. Nel Duecento, dopo la battaglia di Tagliacozzo, Carlo d’Angiò ne ordinò la distruzione perché accusata di tradimento. Nel Trecento era ancora un importante possedimento degli angioini, prima sotto re Roberto e poi sotto la nipote Giovanna I. Tra il Quattrocento ed il Settecento al controllo della contea si alternarono le due potenti famiglie dei Colonna e degli Orsini. Dopo la devastazione del sisma nel 1915 la rocca degli Orsini-Colonna, la parrocchiale di San Nicola e gli edifici agglomerati intorno furono definitivamente abbandonati. La violenta scossa provocò danni ingentissimi anche alla Chiesa di San Pietro, insigne edificio sacro di Alba Fucens ed un dei più noti monumenti dell’architettura romanica abruzzese. Situata nella zona sud dell’attuale centro abitato, la chiesa sorge sul sito anticamente occupato da un tempio dedicato ad Apollo, i cui resti sono in parte ancora visibili nei pressi dell’edificio cristiano ed in parte inglobati al suo interno. L’area venne convertita da luogo di culto pagano in luogo di fede cristiana fra il III ed il VI secolo d. C. Alcuni frammenti scultorei e varie incisioni rivelano l’esistenza di una chiesa prima del Mille. Convergenze cronologiche e stilistiche fanno supporre che la costruzione dell’edificio, così come oggi lo vediamo, ebbe luogo intorno alla prima metà del XII secolo. Nel Duecento il monumento subì delle integrazione e all’interno vennero sistemati l’ambone e l’iconostasi, due splendidi arredi in stile cosmatesco.
I PREZIOSI CUSTODITI
Alcuni degli oggetti più belli sono attualmente esposti nelle sale del Museo d’Arte Sacra della Marsica all’interno del Castello Piccolomini di Celano
Dopo il sisma del ’15, prima del definitivo abbandono del borgo, le poche persone rimaste ad Albe s’impegnarono nel recupero di alcuni preziosi custoditi dentro la distrutta parrocchiale di San Nicola. Si trattava di un antico tesoro che in origine era nella Chiesa di San Pietro. Le fonti riferiscono che parte di quel pregiato corredo venne donato dalla regina Giovanna I d’Angiò, durante una sua visita nella seconda metà del Trecento. Forse per ragioni di sicurezza, negli anni ‘70 del Cinquecento, il tesoro venne trasferito al borgo alto e riposto nella chiesetta di San Nicola dove rimase per secoli. Come si vede nelle foto scattate prima del terremoto del ‘15, la lussuosa suppellettile era esposta sull’altare e, una volta l’anno, il giorno del Lunedì dell’Angelo, veniva trasportata in solenne processione fino alla Chiesa di San Pietro. Nell’inventario redatto dopo il sisma dalla Soprintendenza agli oggetti d’arte del Lazio e dell’Abruzzo, allora guidata da Federico Hermanin, comparivano circa 60 pezzi di vario genere dalle stoffe, ai testi, agli arredi. Tra questi risaltano, per il loro straordinario valore storico ed artistico, un trittico con dipinti, pietre preziose e miniature sotto cristallo di rocca (vedi “Celano. Gioiello sacro”, nel n. 19 di Tesori d’Abruzzo, gennaio-marzo 2011, pp. 4-12); un’antichissima stauroteca bizantina; un piccolo trittico eburneo con Vergine e due Angeli; tre splendide croci processionali in argento lavorato a sbalzo e cesellato, databili tra il XV ed il XVI secolo; infine un gruppo di pregevoli reliquiari riferibili al XVIII secolo. Recuperato dalle macerie, il tesoro venne trasferito a Roma e fino agli anni ’90 del Novecento, nonostante le accorate richieste di restituzione da parte della popolazione, rimase esposto nel Museo di Palazzo Venezia. Solo nel 1992, quando venne definitivamente sistemato il Castello Piccolomini di Celano, la preziosa suppellettile tornò in Abruzzo.