Al centro della valle del Fino, circondato da declivi verdeggianti e colline che degradano dolcemente; al cospetto di un grandioso orizzonte. Piccoli fazzoletti di terra coltivati amorevolmente da contadini dal volto senza tempo, testimoni inconsapevoli di un passato ricco di avvenimenti.. Gelosi custodi di tradizioni e valori che, purtroppo, rischiano di scomparire
testo di Francesco Barillaro
Non è necessario esserci nato in questa terra per amarla, né avere i destini impastati con la sua storia. Forse bisogna aver stretto le callose mani di eterni contadini, o aver fermato lo sguardo sul loro volto solcato dalle rughe. Forse bisogna aver sentito i loro discorsi atterriti quando la grandine devasta il raccolto. Forse bisogna essere passante forestiero per capire questi luoghi, per discernere la realtà dalle leggende.O forse non basta tutto questo. Forse occorre rimanere estasiati ammirando, in lontananza, la sagoma indescrivibile del Gran Sasso che si staglia superba nel cielo azzurro, macchiato di rosso dal sole calato, nell’ora magica e mai uguale a se stessa dell’imbrunire. Questi e altri dubbi ti assaliranno quando sarai arrivato per la prima volta a Castiglione Messer Raimondo. Se saprai ascoltare, udirai leggende e verità, sentirai parlare della “fratta” innalzata lungo il muro del campanile della chiesa, per impedire agli amici dirimpettai di Montefino, di ascoltare le ore scandite dall’orologio di Castiglione. Ti racconteranno che quando il Padre Eterno passò da queste parti, si sedette a riprendere fiato dopo l’irta salita della “Pritire”, posò a terra il pesante sacco carico di matti che portava sulle spalle, un movimento errato e il sacco si slegò … ne fuoriuscirono un buon numero…
Le origini di Castiglione Messer Raimondo si perdono nei secoli bui, come testimoniano i siti archeologici esistenti nel territorio. Le testimonianze più remote fanno riferimento a Colle S. Giorgio, quota 562 m, a sud del paese dove è stata rinvenuta una necropoli. Successivamente, in età italico-romana, si segnalano tracce di un edificio templare databile al secondo secolo a.C. che ha restituito numerose terrecotte architettoniche che ornavano la struttura lignea di copertura del tempio e frammenti di figure che decoravano il frontone: attualmente il materiale è conservato nel museo di Chieti. Sul sito del Borgo S. Maria sono stati rinvenuti materiali lapidei, capitelli e rocchi di colonne, mentre all’interno della chiesetta sono presenti un capitello corinzio in marmo bianco e lastre di pietra riutilizzati come altari. Interessante l’acquasantiera che reca sul fondo un vitellino a rilievo, testimonianza indubbia dell’età romana. Il paese è situato in vetta a una magica altura (circa 270 m slm) fra il corso del fiume Fino e quello del torrente Petronico. Lo sguardo spazia lontano in una cornice di rara bellezza. Il centro storico, netta la divisione con l’agglomerato moderno sviluppatosi lungo la provinciale per Bisenti, si raggruppa attorno alla mole svettante della parrocchiale. Case di pietra scolpite dal vento arroccate spalla a spalla con finestre buie come tante occhiaie aperte sulla valle, vecchi muri diruti sconnessi ed incassati in stradine di pietra levigate dal tempo. Nei vicoletti, fatti sospettosi dal silenzio irreale, si avverte il vuoto e la solitudine determinati dalle fughe verso anonime periferie del nord.
In uno di questi vicoli sorge la modesta chiesetta dedicata a S. Lucia. Di particolare interesse il dipinto devozionale, nella parete centrale, che ritrae la Santa in un gesto insolito per l’iconografia sacra: difatti è ritratta in atteggiamento matroneo di fierezza, con la mano sinistra al fianco mentre con la destra sorregge una cordicella da cui pendono gli occhi. Di fine fattura anche i due uccellini presenti nella scena. Il dipinto, di autore ignoto, è databile al XVII secolo e purtroppo versa in precarie condizioni.
Fuori dall’abitato, nell’omonimo piano adiacente il cimitero, sorge la chiesetta “rurale” di San Donato. Di rilievo sono i due altari settecenteschi di stile barocco databili al XVII secolo. Particolarmente interessante il tetto dove si evince l’originalità del gusto popolare, che si estrinseca attraverso una singolare decorazione delle pianelle di terracotta disposte a mo’ di assito sopra gli arcarecci, tutte dipinte con vari motivi, probabilmente affini agli ex voto, e su una della quali si legge chiaramente la data del 1696; secondo l’Arch. Enrico Santangelo si tratta di una sorta di risposta “povera” al caso della parrocchiale di Castelli, dove le pianelle sono invece maiolicate. È stata recentemente restaurata dall’attuale Amministrazione Comunale Di Michele. “Terra Regia in Abruzzo Ultra, in provincia di Teramo, e in diocesi di Penne”, scriveva il Giustiniani nel 1797. Il borgo di Castiglione fu teatro e terra di conquista di molti popoli che hanno calpestato il suo territorio senza riuscire ad intaccare l’animo nobile e l’ideale di libertà dei suoi abitanti.
Il nome deriva dal diminutivo “Castellio,- onis = piccolo castello, dal latino “Castellum”; la dizione Messer Raimondo, compare a partire dal 1532 e fa riferimento a Raimondo Caldora del quale il paese fu feudo. Nel 1150, dal “quaternus magne expediziones”, si rileva che Galgano di Collepietro, figlio di Gualtiero, tenne in dominio diretto “Castellionem”. Poco più tardi, nel 1273, Carlo I d’Angiò costituisce il giustizierato di Abruzzo oltre il Pescara e vi include “Castellione”. Nel 1532 “Castiglione di Messer Raimondo” conta 91 fuochi, nel 1595 106, nel 1732 192. L’alba del XVIII secolo vide Castiglione protagonista nell’insurrezione dei “carbonari Abruzzesi” (1814), allorché il paese si ribellò all’oppressione degli invasori francesi. Capeggiati dall’agrimensore Domenicantonio Toro, i Castiglionesi tennero alti gli ideali di libertà e giustizia. Tra le altre famiglie che diedero lustro al paese si ricordano: Luciani, De Dominicis, Moschetta, De Filippis, Candelori, De Leone, De Luca Pensieri. Da borgo dedito esclusivamente all’agricoltura, col processo industriale degli anni 80-90 del secolo scorso anche nel territorio di Castiglione piccole e medie imprese hanno determinato un certo sviluppo economico. Si è finalmente arrestata quella incontenibile “emorragia” che negli anni 60-70 del 1900 ha fatto scendere il numero degli abitanti da 4.213 del 1951 a 2.500 dei nostri giorni. I cinque comuni della Valle del Fino nel 1951 contavano 16.244 abitanti nel 2003 solo 8.463. Una realtà importante per Castiglione è rappresentata dalla sede della Banca di Credito Cooperativo Castiglione M.R.-Pianella, fondata nel 1956 come Cassa Rurale e artigiana e oggi presente con propri sportelli anche in altre province. Per quanto sconosciute a molti abruzzesi, le bellezze di Castiglione sono riuscite a toccare la sensibilità e il gusto dei turisti inglesi, che numerosi stanno acquistando e ristrutturando le suggestive cascine in pietra sparse nel territorio.
Ho divagato. Ti ho parlato troppo di leggende, molto di passato poco del presente. Non volevo guidarti da nessuna parte, né indicarti itinerari. Non volevo suggerirti direzioni. Volevo disorientarti, spaesati. Farti sentire un desiderio. Volevo che tu guardassi questi luoghi ad occhi chiusi. Solo ad occhi chiusi puoi vedere la luce che sprigiona il belvedere di Castiglione. Solo ad occhi chiusi puoi sentirne la nostalgia che ti assale, come un nodo alle gola, quando lasci Castiglione.