Immersa nel verde, alle spalle il Gran Sasso, è da sempre la Regina della Val Fino. Oggi Bisenti richiama numerosi turisti soprattutto in occasione delle Festa dell’uva e, grazie ad un fitto passaparola, è conosciuta da molti come un vero e proprio paradiso dell’arte culinaria, curata nei minimi dettagli nei numerosi ristoranti e nelle tante aziende agrituristiche
testo di Filippo Lucci
Negli antichi testi arrivati fino a noi Bisenti viene descritta come una delle tante colonie greche. Al confine con Cermignano, sarebbe anche esistito un tempio pagano dedicato a Giove. Il nome deriva dalla trascrizione nei registri parrocchiali di due diverse voci latine: Bisemptum (ossia: castello venduto due volte) e Biseptum (ossia: castello tra due corsi d’acqua). In realtà questa denominazione nel corso del tempo ha subito variazioni piuttosto significative: nell’elenco feudale normanno la si trova con il nome di Bisanto, mentre in una bolla di Alessandro III del 1176 si legge addirittura Bifenum. È interessante notare come anche lo stemma comunale, nel tempo, sia mutato.
Attualmente esso è composto da un castello con tre torri, ma non è lo stesso utilizzato nei timbri degli antichi atti comunali. Verso la metà del 1700 le torri erano infatti separate e su quella al centro spiccava una stella a sei punte. Non è possibile stabilire l’epoca in cui la torre maestra fu realizzata, forse fu eretta sulle rovine di una vedetta vestina e posta in posizione strategica, da lì infatti era possibile osservare l’andamento del Fiume Fino e l’intersecarsi di numerose strade. Il paese, posto alla confluenza del fiume Fino con il torrente Fossato, viene anche identificato, in epoca romana, con la ricca Berethra. Dopo la caduta dell’Impero romano, fu conquistata dai Longobardi e nel 1160 circa diventò possedimento di Odorisio, un barone che annoverava tra i suoi feudi anche Bacucco, Trotta e Cupoli. Dal 1279 il feudo passò agli Acquaviva, per poi divenire proprietà di altre nobili famiglie, come gli Sforza e i Fallerio. Secondo alcuni storici, tra gli ultimi feudatari di Bisenti si possono citare anche gli avi del poeta Gabriele D’Annunzio, che, essendo un cultore delle antiche magnificenze delle nobili e fastose casate, non si è fatto sfuggire il vezzo di inserire qualche rifermato qua e là nelle sue opere. Ad esempio, nelle “Novelle della Pescara”, il poeta scrive:” A Bisenti molte giovinette, con in capo un canestre di grano, conducono per le vie un asino che porta su la groppa maggiore canestra; ed entrano nella chiesa della Madonna degli angeli, cantando…”. Nel XIII secolo i Celestini vi fondarono un monastero, di cui però restano solo alcuni ruderi. Diverse, invece, le meravigliose chiese che sono arrivate fino a noi, da quella di Santa Maria degli Angeli a quella quattrocentesca di Sant’Antonio Abate, dove si può ammirare la statua del Santo patrono degli animali e la chiesa di San Pietro, situata nell’omonima frazione. Molto caratteristiche sono le piccole vie e le piazze del centro storico, via del Supporto, via Rapigno, via Codacchio e le piazze Vittorio Emanuele, Dante, Regina Margherita. Da menzionare anche l’antica Torre Medievale, unica superstite delle tre torri che si erigevano sulle mura di cinta; la Fonte Vecchia, insieme ai resti dell’antica cisterna, si scorge sotto l’alto muraglione della Piazzetta della Legna, il Belvedere e la Casa badiale realizzata nel XV secolo dagli Acquaviva e appartenuta ai padri Celestini. Bisenti ha dato i natali ad alcuni personaggi illustri, come Bartolomeo da Bisenti, il pittore Quintino Catitti, il poeta e scrittore Lamberto De Carolis, l’artista Ennio Di Vincenzo. Secondo la leggenda anche Ponzio Pilato sarebbe bisentino di nascita, nella sua presunta abitazione si osserva oggi un pozzo cisterna collegato alla Fonte vecchia attraverso una serie di cunicoli. Originario di Bisenti è anche il servo di Dio Pasqualino Canzii, il giovane seminarista morto a Penne alla tenera età di 15 anni. Oggi Bisenti richiama numerosi turisti soprattutto in occasione delle Festa dell’uva e, grazie ad un fitto passaparola, è conosciuta da molti come un vero e proprio paradiso dell’arte culinaria, curata nei minimi dettagli nei numerosi ristoranti e nelle tante aziende agrituristiche.